31 Marzo 2014

Assonime spiega l’iscrizione in bilancio del conferimento d’azienda

di Fabio Landuzzi
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Nel Caso n. 4/2014 Assonime affronta il tema dei criteri in base ai quali è possibile rilevare un conferimento di azienda nel bilancio della società conferitaria che applica i principi contabili nazionali; l’argomento, infatti, non è trattato da alcun principio contabile o documento OIC, per cui si riscontrano nella prassi comportamenti diversificati che sono spesso guidati, più che da considerazioni improntate alla corretta rappresentazione contabile dell’operazione, da esigenze di tipo fiscale.

Occorre in via preliminare distinguere due profili: il primo, è riferito al valore complessivo del compendio conferito che serve, in termini di capitale e sovrapprezzo, a misurare la partecipante spettante al conferente; il secondo, invece, riguarda il valore a cui i singoli elementi che compongono il ramo di azienda conferito devono essere iscritti nella contabilità della conferitaria.

Con riguardo a questo secondo profilo, si possono idealmente configurare tre approcci contabili:

  1. Iscrizione del ramo di azienda a valori storici, ossia agli stessi valori iscritti nella società conferente;
  2. Iscrizione del ramo di azienda al valore ad esso attribuito dai soci in sede di conferimento, ovviamente entro il limite massimo indicato nella relazione di stima;
  3. Iscrizione del ramo di azienda al valore indicato nella relazione di stima.

La prima soluzione (Sub 1 – iscrizione a valori storici in continuità con il conferente) viene giudicata non corretta in quanto estranea al principio di imputazione dei beni al loro costo storico; secondo Assonime, non sarebbe applicabile neppure nelle operazioni infragruppo in cui la conferente conserva il controllo totalitario della conferitaria. Tale posizione non collima con le indicazioni del Documento OPI1 di Assirevi, ma per Assonime ciò non ha rilevanza in quanto i documenti Assirevi si rivolgono ai soggetti che redigono il bilancio secondo i principi contabili internazionali.

Anche la terza soluzione (Sub 3 – iscrizione ai valori di perizia) non è ritenuta condivisibile in quanto obbligherebbe la conferitaria a fare emergere in ogni caso l’intero valore economico del compendio aziendale apportato, quand’anche ciò non fosse in linea con quanto negoziato fra le parti. Anche questa soluzione, ogni volta in cui non si allineasse al valore convenuto fra le parti, si allontanerebbe dal principio del costo storico.

Di conseguenza, Assonime giunge alla conclusione che la soluzione più corretta è la seconda (Sub 2), ossia quella in base alla quale il compendio conferito viene iscritto dalla conferitaria al valore negoziale ad esso attribuito dai soci ai fini della determinazione del concambio, ossia dell’aumento del capitale sociale ed eventuale sovrapprezzo. Per questa ragione, secondo Assonime, questo criterio è quello che più di ogni altro si avvicina alla nozione di costo sostenuto per l’acquisizione dei beni facenti pari del ramo di azienda conferito.

Con l’accoglimento di questa tesi non si determina in assoluto l’impossibilità di legittimare, per via indiretta, il criterio della continuità dei valori contabili (precedente Sub i); infatti, ogni qualvolta le parti convengano di attribuire al compendio conferito, ai fini del computo dell’aumento di patrimonio netto della conferitaria, lo stesso valore contabile presente nelle scritture della conferente, di riflesso si ottiene il risultato di trasferire all’avente causa i medesimi valori contabili presenti nella società dante causa.

In conclusione, nel ragionamento condotto da Assonime la conferitaria dovrebbe avere riguardo, dapprima, al valore dei beni iscritto nelle scritture della conferente; se poi il valore convenzionalmente concordato dai soci ai fini dell’aumento del patrimonio netto fosse maggiore, la differenza dovrebbe essere attribuita ai singoli beni o categorie dei beni. L’eventuale ulteriore residua differenza non imputabile ad altri elementi attivi, dovrebbe infine essere iscritta a titolo di avviamento, mutuando lo stesso criterio previsti per l’allocazione del disavanzo di fusione.