10 Ottobre 2016

Le associazioni e l’organizzazione di gite e viaggi

di Guido Martinelli
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L’avvento dell’autunno riduce il numero delle gite e viaggi organizzati dalle associazioni culturali e ricreative ma incentiva, ad esempio, le settimane bianche indette dagli sci club.

Ma quali sono le problematiche, di carattere giuridico – amministrativo, collegate all’organizzazione di una gita o di un viaggio.

Il primo aspetto è di diritto amministrativo puro. Infatti la disciplina a cui occorre fare riferimento è ancora quella prevista dalla L. 29 marzo 2001 recante la riforma della legislazione nazionale sul turismo (in Gazzetta Ufficiale n. 92 del 20 aprile 2001) ove, al suo articolo 7, prevede che la commercializzazione, l’intermediazione e la gestione di prodotti e di servizi concorrenti alla formazione dell’offerta turistica possono essere poste in essere da associazioni senza scopo di lucro che operano per finalità ricreative, culturali, religiose o sociali (comma nove – si rileva che manca l’indicazione delle sportive ma è opinione consolidata che vi siano ricomprese -) “esclusivamente per i propri aderenti ed associati”. Il primo limite, pertanto, è legato alle modalità di “reclutamento” dei partecipanti e al numero e alla tipologia di gite che possono essere organizzate. Non appare, infatti, possibile fare offerte al pubblico di partecipazione all’iniziativa, altrimenti si creerebbe una spiacevole (e vietata) concorrenza con le agenzie di viaggio e i tour operator a tal fine autorizzati. Pertanto, sono vietati annunci su giornali, siti internet, bacheche dove si invita ad iscriversi alla gita.

Tale disciplina, di carattere generale e valevole su tutto il territorio nazionale, viene, poi, “adattata” da leggi regionali di recepimento che ne limitano ulteriormente, anche in termini numerici (ossia di gite annuali che possono essere organizzate), lo svolgimento. Pertanto ogni associazione interessata dovrà, poi, verificare se a livello territoriale, la propria legge regionale sul turismo ponga limitazioni aggiuntive a quelle della legge nazionale.

Ma, risolto il problema di carattere amministrativo, si pone quello di carattere fiscale. Infatti l’articolo 148 del testo unico delle imposte sul reddito e l’articolo 4 del decreto istitutivo dell’Iva stabiliscono che i proventi derivanti dall’organizzazione di gite e viaggi sono da considerarsi sempre rilevanti, sia ai fini delle imposte sui redditi che dell’imposta sul valore aggiunto, anche se riscossi da associati all’associazione che indice la gita.

Pertanto, per poter svolgere tale attività, si dovrà sempre assoggettare ad Iva i compensi introitati mentre, ovviamente, saranno deducibili i costi sostenuti anche nel caso in cui i partecipanti alla gita o al viaggio siano tutti associati all’associazione.

Si chiarisce che il medesimo trattamento ora in esame, per precisa volontà legislativa, è praticato anche verso la somministrazione di pasti e le prestazioni alberghiere.

Si evidenzia come l’assoggettamento a Iva rimanga sempre in essere anche nel caso in cui l’associazione sia iscritta ai registri delle associazioni di promozione sociale riconosciuti dal Ministero dell’interno. In tale ultimo caso, però, il corrispettivo non sarà componente positivo di reddito.

È possibile ovviare a tale problematica? La prima scelta è quella di operare attraverso l’intermediazione di una agenzia di viaggio (tour operator) che rediga il programma del soggiorno e del viaggio e introiti le quote singole. Queste potranno anche essere “raccolte” dal club ma l’agenzia di viaggio dovrà operare tante ricevute per quante sono le persone partecipanti. Ovviamente, in questo caso, si dovranno evitare le “gratuità” che spesso vengono riconosciute dalle agenzie ai gruppi organizzati in quanto il viaggio dovrà risultare come la somma di tante individualità partecipanti.

Altra faccia della medesima medaglia, in alternativa, potrà essere che, di volta, in volta, ogni partecipante provveda direttamente al pagamento all’erogatore del servizio (ristoratore o albergatore che sia).

Tali soluzioni portano anche ad altra conseguenza interessante. Non risultando l’associazione l’organizzatore della gita o del viaggio, la medesima non risponderà di eventuali richieste di risarcimento per danni derivanti dall’effettuazione della gita.

Probabilmente, alla fine, diventa più semplice e più corretto “fiscalizzare” il tutto da parte della associazione in quanto, potendo utilizzare, comunque, anche in questo caso, gli adempimenti semplificati della L. 398/1991, ci si limiterà all’autodenuncia mensile dei corrispettivi introitati, senza bisogno, comunque, dell’emissione di fatture o ricevute fiscali e con l’abbattimento del 50% dell’Iva introitata.

L’aspetto della responsabilità potrà, comunque, essere tutelato mediante una opportuna polizza di responsabilità civile che resta una copertura comunque opportuna per ogni associazione.

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