18 Settembre 2023

Aspetti Iva della mobilità elettrica

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

Dopo anni che circolano nel nostro Paese le auto elettriche, è arrivato un primo tassello della disciplina fiscale che è ad esse connesse. Con sentenza n. C-288/22, la Corte di Giustizia Europea ha messo la parola fine alla diatriba che si era creata a livello comunitario, nel considerare la ricarica di una auto elettrica al pari di una cessione di beni o di una prestazione di servizi. Nello specifico, la giurisprudenza comunitaria ha statuito che l’operazione composita comprendente la ricarica del veicolo (ed alcuni servizi ad essi funzionali) deve essere considerata una cessione di beni, nella quale i servizi aggiuntivi assumono natura accessoria. Questa qualificazione ha un impatto per quanto riguarda il luogo di imposizione (che coincide con quello in cui è messo a disposizione il bene) e con il momento di effettuazione (che coincide proprio con la messa a disposizione del bene energia); ovviamente, in caso di anticipata fatturazione o di incasso anticipato del corrispettivo, l’operazione si considera effettuata al momento di fatturazione o al momento dell’incasso, limitatamente all’importo fatturato o pagato.

La mobilità elettrica, tuttavia, presenta anche altre problematiche Iva. Ad esempio, questa corrente elettrica, con che percentuale deve essere portata in detrazione?

L’articolo 19-bis1, D.P.R. 633/1972, limita la detrazione al 40% nel caso di acquisto di “carburanti”, ma anche alle prestazioni di “impiego” del veicolo non utilizzato esclusivamente nell’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione. Tale norma, peraltro, dovrebbe essere l’attuazione della Decisione del Consiglio Europeo del 18.6.2007, con la quale il Governo italiano è stato autorizzato a limitare forfettariamente la detrazione dell’Iva sui veicoli anche per le spese relative “al loro uso, compresi lubrificanti e carburante”. In sostanza, il carburante è un “di cui” delle spese di uso del veicolo che subiscono la limitazione della detrazione del 40%; da ciò ricaverei che anche la corrente è una spesa per l’uso del veicolo sulla quale potrebbe trovare applicazione la limitazione della detrazione al 40%.

La detrazione dell’Iva però non è limitata per una serie di “veicoli speciali” (tra i quali sono compresi quelli di massa superiore ai 3500 kg) e – per interpretazione dell’Agenzia delle entrate – quelli concessi in uso promiscuo ai dipendenti, per i quali il datore di lavoro fattura al dipendente la quota di utilizzo privata. Ai sensi dell’articolo 14, D.P.R. 633/1972, la base imponibile di questa quota privata deve essere determinata secondo criteri stabiliti con un decreto che è dal 2008 che si sta attendendo. Nel frattempo, si prendono a riferimento i valori del fringe benefit previsti ai fini delle imposte dirette, considerato che, dal 2008 ad oggi, una modifica di follia ecologista ha ritenuto di tassare maggiormente i dipendenti ai quali il datore di lavoro concede in uso promiscuo auto inquinanti (magari datate e di poco valore), rispetto alle costosissime nuove auto elettriche. Fatto sta che se il legislatore non rimuove questa follia incostituzionale, per un’auto elettrica basta fatturare il 25% del valore della tariffa ACI sui 15.000 km, per poter detrarre il 100% dell’imposta.

Una volta acquistata l’auto che (non inquinando) consuma elettricità, è necessario ricaricarla di elettricità (prodotta inquinando), installando delle colonnine di ricarica.

Circa l’aliquota Iva da applicare per l’installazione delle colonnine di ricarica, l’Agenzia delle entrate (risposta interpello n. 218/2020) ha precisato che l’installazione delle sole colonnine di ricarica deve essere assoggettata ad Iva ordinaria. Vien poi espresso il parere secondo cui se le colonnine di ricarica sono installate insieme ad un impianto fotovoltaico, tutto il corrispettivo viene assoggettato all’aliquota Iva prevista per gli impianti fotovoltaici, che è il 10% previsto per gli impianti di produzione e reti di distribuzione di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica.

Una volta individuata l’aliquota Iva, resta il nodo della detrazione. Con che percentuale si detrae la colonnina di ricarica installata per fornire auto con detrazione al 40%?

A rigore di logica dovrebbe sempre essere effettuata con la stessa percentuale, posto che potrebbe essere definita comunque come una spesa sostenuta per “l’uso” del veicolo. Ovviamente il problema si porrebbe se dalla stessa colonnina di ricarica si rifornissero sia auto ad uso promiscuo che veicoli con detraibilità totale. Ad oggi, la risposta alla questione non esiste, così come non esiste risposta se la colonnina di ricarica viene installata nelle abitazioni dei dipendenti ai quali è stata concessa l’auto ad uso promiscuo. Sulle ricariche delle auto ad uso promiscuo effettuate dai dipendenti nelle proprie abitazioni, si segnala la risposta a interpello n. 421/2023 (ancorché non avente ad oggetto l’Iva), secondo cui il rimborso della corrente elettrica privata, che il dipendente ha inserito nella batteria della macchina aziendale, deve essere tassato, nonostante già il dipendente sia tassato sullo stesso importo (in quanto il valore della corrente elettrica è incluso nel fringe benefit sul quale il dipendente già paga le tasse).

Ulteriore problema in ambito Iva individuato dallo scrivente, è quello degli omaggi di corrente elettrica, ad esempio per concedere agli ospiti la possibilità di ricaricare il proprio veicolo utilizzando, ad esempio, l’energia del proprio impianto fotovoltaico. Considerato che si stanno cedendo beni, e che gli stessi non formano in genere oggetto dell’attività propria dell’impresa, la disciplina è individuata dall’articolo 2, D.P.R. 633/1972, che esclude da Iva queste cessioni gratuite se il valore dei beni non è superiore a 50 euro. L’articolo 19-bis1, D.P.R. 633/1972, prevede, inoltre, che se il valore dei beni ceduti gratuitamente come spesa di rappresentanza non supera la predetta cifra, l’Iva relativa resta detraibile. Lanciamo anche qui una domanda: come calcolare il limite dei 50 euro? Vale per ogni ricarica?

Ricordiamo, poi, che mentre sono destinatari delle spese di rappresentanza clienti, fornitori, amministratori pubblici, sindacalisti, ecc…, non lo sono i lavoratori dipendenti, gli amministratori, i soci ed i relativi familiari. In questo secondo caso, oltre a porsi un problema di tassazione dei redditi in natura in capo a tali soggetti, vi è il problema che – secondo l’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria – le spese sostenute per erogazioni gratuite ai dipendenti generano una indetraibilità mirata delle spese sostenute per effettuare la gratuità. In sostanza, qualora non si addebiti al dipendente il costo della corrente regalata per ricaricare il proprio veicolo privato, si dovrebbe calcolare un costo della corrente regalata, e restituire l’Iva detratta. In ogni caso, che si fatturi la corrente elettrica regalata, o che si restituisca l’Iva detratta a monte, vi è il problema di individuare il costo di tale corrente. Fin che la stessa è stata acquistata, nessun problema, ma come individuare il costo di produzione della corrente generata da un impianto fotovoltaico? Tenendo ad esempio conto degli ammortamenti degli impianti fotovoltaici e delle colonnine di ricarica per kWh?

Si resta, al riguardo, in attesa di un intervento risolutore dell’Amministrazione finanziaria.