5 Settembre 2022

Articolo 58: dalla giurisprudenza comunitaria sempre più dubbi sulla sua applicazione

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

Sulle pagine di questa rivista (si veda il contributo “Nuove norme sulle operazioni triangolari” del 07.12.2021) abbiamo illustrato come, con quasi due anni di ritardo, il legislatore abbia recepito la Direttiva 1910/2018 che disciplina, tra le altre cose, il funzionamento delle operazioni a catena.

In tale articolo è stato illustrato come lo scopo della Direttiva era quello di capire, in una operazione a catena, a quale operazione imputare il trasporto, qualora lo stesso sia effettuato da o per conto di un “operatore intermedio”, cioè di un soggetto che non è né il primo cedente, né il cessionario finale, in quanto questo era l’unico caso in cui sussistevano dei dubbi sull’applicazione della normativa.

Volendo fare un esempio di un soggetto italiano che cede ad un soggetto francese, il quale a sua volta cede ad un soggetto tedesco, con la merce che va quindi dall’Italia alla Germania, la Direttiva dice che se il soggetto francese cura il trasporto (e quindi siamo nella situazione risolta dalla direttiva, in quanto il transalpino è l’operatore intermedio), in linea generale la cessione comunitaria è quella effettuata dal soggetto italiano al francese, salvo che il francese non utilizzi nell’operazione triangolare un numero di identificazione italiano. In questo ultimo caso la cessione comunitaria è quella fatta dalla partita Iva italiana del francese al tedesco, e quindi il primo cedente italiano deve emettere fattura con Iva alla partita Iva italiana del francese.

Nell’articolo dello scorso 7 dicembre, avevamo evidenziato come la Direttiva è intervenuta per risolvere l’unico caso in cui si ritiene dubbio quale sia la cessione della catena a cui imputare il trasporto, in quanto risulta ad esempio evidente che se il trasporto è curato dal cessionario finale, il trasporto è imputabile alla seconda cessione.

In questo senso, sulla base dell’insegnamento della sentenza Toridas, causa C-386/16 della Corte di Giustizia Europea, nel caso esemplificato sopra in cui il tedesco viene a prendere la merce in Italia, la cessione comunitaria è quella effettuata dal francese (che quindi deve identificarsi in Italia) al tedesco, ed il soggetto italiano deve emettere al francese una fattura con Iva.

Chiaro appare anche che nel caso in cui il trasporto sia curato dal primo cedente, la cessione comunitaria è quella effettuata dal primo cedente all’operatore intermedio. Nel caso specifico, quindi, il soggetto italiano emette tranquillamente una fattura non imponibile, se le condizioni per l’esenzione di una cessione comunitaria sono soddisfatte.

Tuttavia, sulla base delle condizioni relative all’esenzione di una cessione comunitaria, ed al concetto di acquisto intracomunitario nascono i problemi, soprattutto quando ci sono due italiani cedenti e si ragiona sull’applicazione della non imponibilità dell’articolo 58.

Ricordiamo che l’articolo 58 è la norma che prevede di applicare un regime di non imponibilità in una cessione di beni da IT1 ad IT2, quando IT2 a sua volta cede tali beni ad un cliente soggetto passivo comunitario, e IT1 trasporta o spedisce il bene nell’altro Stato membro.

L’Amministrazione finanziaria, nel commentare tale norma probabilmente unica nel panorama comunitario, ha evidenziato che l’operazione tra IT1 ed IT2 è una cessione comunitaria, e come tale va esentata.

In effetti, anche guardando la disciplina comunitaria, nella cessione tra IT1 ed IT2 si hanno tutte le condizioni perché si verifichi una cessione comunitaria (trasferimento della proprietà, soggettività passiva delle controparti, onerosità dell’operazione, trasferimento fisico della merce tra due Paesi comunitari), ma dal 2020 manca un requisito sostanziale affinché tale cessione possa acquisire il requisito di esenzione: l’identificazione del cessionario (IT2) in un Paese diverso da quello di partenza della merce.

In sostanza, l’articolo 58 D.L. 331/1993, che concede il regime di non imponibilità nella cessione da IT1 ad IT2, non ha come norma di appoggio l’esenzione per le cessioni comunitarie previste dall’articolo 138 della Direttiva Iva.

Ciò premesso, la dottrina unanime, Assonime inclusa, ha evidenziato che la norma è sopravvissuta al D.Lgs. 192/2021, e quindi può continuare a trovare applicazione.

Il mio modesto avviso è che tale norma possa (e non deva) trovare applicazione, posto che nel caso di normativa nazionale non compatibile con quella comunitaria, il contribuente può disapplicare quella nazionale, ma l’Amministrazione non può pretendere dal contribuente tale comportamento.

Ma il rischio di porre in essere una triangolare di tale tipo è un altro.

Abbiamo detto che nella triangolare da articolo 58 D.L. 331/1993, si pone in essere una cessione comunitaria tra IT1 ed IT2 con trasporto curato da IT1.

Conseguentemente, indipendentemente dal fatto che nella fattura di IT1 trovi o meno applicazione l’Iva italiana, IT2 si trova a dover fare un acquisto comunitario nel Paese di destinazione della merce, il quale pretenderà la identificazione di IT2 nel suo Paese, l’assolvimento con reverse charge dell’imposta su tale acquisto, e potenzialmente l’addebito di Iva locale al cliente finale stabilito in tale Paese.

Che ciò sia un rischio concreto, lo si capisce anche dalla Causa C-696/20, dalla cui sentenza della Corte di Giustizia, pubblicata il 7 luglio scorso, emerge come lo Stato polacco, in una triangolare che vede coinvolti due soggetti cedenti identificati in Polonia, ed un cessionario finale di altro Stato membro, considera la prima cessione come comunitaria per il fatto che il trasporto all’estero è stato eseguito dal primo cedente, e quindi considera che il soggetto intermediario (identificato in Polonia) ha effettuato un acquisto comunitario nel Paese in cui sono state spedite le merci.

Indipendentemente dalle conclusioni a cui giunge la Corte, visto l’atteggiamento vessatorio dell’Amministrazione polacca su casi di forma, assicuro che non vorrei essere nella posizione di IT2 in una triangolare IT1-IT2-PL con trasporto della merce dall’Italia in Polonia effettuato da IT1.