27 Febbraio 2016

A corrente alterna il realizzo controllato per i conferimenti di partecipazioni

di Sergio Pellegrino
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L’articolo 177, comma 2, del Tuir, contiene, come è noto, una disposizione di favore, di matrice comunitaria, per gli scambi di partecipazioni attuati mediante conferimento.

La norma stabilisce che le azioni o quote ricevute a seguito dell’operazione, in virtù della quale la società conferitaria ha acquisito il controllo di diritto della società “scambiata”, sono valutate, per stabilire l’eventuale imposizione in capo al conferente, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formata dalla società conferitaria per effetto del conferimento.

Non siamo quindi in presenza di un regime di neutralità fiscale, assimilabile a quello che l’articolo 176 del Tuir prevede per i conferimenti aziendali, quanto piuttosto a quello che si definisce un regime a realizzo controllato, in quanto l’emersione di una plusvalenza per il conferente, e la sua misura, dipende unicamente dalle scelte contabili effettuate dalla conferitaria.

Se questa incrementa il patrimonio netto in misura pari a quello che era valore fiscale della partecipazione conferita, non ci sarà alcuna plusvalenza da tassare in capo al conferente; se invece la conferitaria realizza un aumento maggiore rispetto a tale importo, la differenza costituirà reddito per il soggetto che ha effettuato il conferimento.

È evidente quindi che quello del secondo comma dell’articolo 177 non è un regime di tassazione “alternativo” dei conferimenti di partecipazioni, quanto piuttosto una disposizione che deroga al criterio generale dell’articolo 9 del Tuir che “ancora” la determinazione del corrispettivo nei conferimenti al valore normale di ciò che è stato conferito.

Sin qui abbiamo basato il nostro ragionamento sulla situazione, statisticamente più probabile, che l’operazione di conferimento possa fare emergere un plusvalore, e cioè che il valore effettivo di quanto viene conferito sia superiore rispetto al suo valore contabile-fiscale.

Che cosa accade invece se il conferimento è potenzialmente minusvalente, ed in particolare risulta comunque applicabile l’articolo 177, comma 2?

Ci dobbiamo chiedere, in altre parole, se l’eventuale scelta da parte della società conferitaria di iscrivere un incremento del patrimonio netto inferiore al valore di partenza della partecipazione ricevutaa prescindere di quello che è il suo valore effettivo – possa generare una minusvalenza deducibile in capo al soggetto conferente.

La lettura della norma da questo punto di vista non ci aiuta molto: la disposizione non parla infatti di plusvalenze o minusvalenze, ma fa riferimento unicamente alla “determinazione del reddito” del conferente, concetto che, evidentemente, si presterebbe ad una lettura bidirezionale.

Sul punto l’Agenzia delle entrate si è espressa con una risoluzione di qualche anno fa – la n. 38/E del 20 aprile 2012 – ritenendo che la deroga al valore normale per quantificare il corrispettivo dell’operazione di conferimento funzioni soltanto quando la conferitaria iscrive un aumento del patrimonio netto almeno pari a quello della partecipazione conferita.

Qualora invece l’incremento fosse inferiore, il conferente non potrebbe dedursi la minusvalenza, se non attraverso l’applicazione del principio generale dell’articolo 9, ossia verificando che il valore normale della partecipazione conferita sia effettivamente inferiore rispetto al suo valore di iscrizione.

 


Le operazioni straordinarie caso per caso
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