29 Marzo 2014

Il comodato e la questione del “sub-affitto”

di Fabio Pauselli
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A volte si assiste al caso in cui il comodatario di un immobile ha la possibilità di locarlo, solitamente per finalità turistiche e per periodi che, la maggior parte delle volte, non superano i 30 giorni. Inevitabilmente si pone il problema di come debbano essere qualificati fiscalmente gli introiti percepiti e quale soggetto, tra comodante e comodatario, sia tenuto ad adempiere a tutti gli obblighi dichiarativi.

La domanda che solitamente ci si pone è se i canoni di locazione debbano essere imputati in capo al comodatario quali redditi diversi da sub-locazione di cui all’art 67, comma 1, lettera h) del TUIR e la risposta, in questi casi, non può che essere negativa. Vediamo nel dettaglio il motivo.

L’art. 26, comma 1, del TUIR sancisce che “i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale.”

La conseguenza giuridica del contratto di comodato, disciplinato dall’art. 1803 c.c., è essenzialmente quella di far nascere diritti e obblighi senza, tuttavia, produrre effetti reali e traslativi. Infatti il comodatario che riceve il bene ad uso gratuito acquisisce il solo diritto personale di godimento, non producendosi alcun effetto in termini di trasferimento di diritti reali sul bene stesso né, tantomeno, il trasferimento della proprietà.

Il Ministero delle Finanze nella risoluzione 7/441 del 1980, ha precisato che il fabbricato che il proprietario dell’immobile concede in comodato d’uso deve essere equiparato all’immobile tenuto a disposizione.

Riguardo, poi, al caso in cui il comodatario stipuli sull’immobile ricevuto in uso gratuito un contratto di locazione, dal punto di vista fiscale non si ha nessun mutamento nella titolarità del reddito fondiario dal “proprietario – comodante” al “comodatario – locatore”. Infatti, come ha avuto modo di precisare l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n.381 del 14 ottobre 2008, sotto il profilo fiscale il contratto di comodato è un mero atto di cortesia, un contratto ad effetti “obbligatori” e non “reali” che fa nascere, a favore del comodatario, cioè di colui che riceve in comodato il bene, un diritto “personale” di godimento sulla cosa concessa in comodato e non un diritto reale.

D’altronde non potrebbe essere diversamente, considerato anche il disposto normativo del suddetto art. 26 del TUIR; si desume, quindi, che il reddito derivante dalla locazione di un immobile ricevuto in comodato d’uso, ridotto forfettariamente del 15% (se superiore alla rendita catastale rivalutata del 5%), va imputato al “comodante – proprietario” il quale provvederà a dichiararlo nel quadro RB del modello Unico o nel quadro B del modello 730.