31 Ottobre 2014

Regime IVA del riaddebito del trasporto dei beni ceduti al cliente extra-UE

di Marco Peirolo
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Nel commercio internazionale, è prassi utilizzare la
clausola DAP (Delivered At Place of Destination / Reso al Luogo di Destinazione) – corrispondente alla clausola DDU (Delivered Duty Unpaid / Reso Non Sdoganato) della previgente edizione degli Incoterms – quando il venditore, nel rapporto con l’acquirente, si occupa del
trasporto della merce, a suo rischio e a suo carico, fino al luogo di destinazione convenuto. Se i beni sono trasportati al di fuori dell’Unione europea, il venditore provvede ad effettuare l’operazione doganale di esportazione.
Affinché l’operazione di
sdoganamento, con il
pagamento dei dazi e dell’eventuale IVA all’importazione, sia a carico del venditore, occorre adottare la
clausola DDP (Delivered Duty Paid / Reso Sdoganato).
Può accadere che l’impresa venda la merce ad un cliente extra-UE con termine di resa
DAP, ma il trasporto sia
pagato dallo stesso cliente, con successivo
riaddebito al fornitore italiano.
Sorge, pertanto, il problema di come trattare, ai fini IVA, la nota di addebito ricevuta.
Dal momento che quest’ultima si riferisce ad una
prestazione di trasporto di beni, “ribaltata” sull’impresa italiana senza alcun “
mark-up”, occorre verificare se la prestazione oggetto di riaddebito sia territorialmente rilevante in Italia.
Com’è noto, dal 1° gennaio 2010, a seguito della riforma operata dal D.Lgs. n.18/2010, i trasporti di beni:
  • nei rapporti “B2B”, costituiscono prestazioni “generiche”, alle quali cioè si applica la regola generale di cui all’art. 7-ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, per cui il luogo di effettuazione del trasporto coincide con il Paese del committente;
  • nei rapporti “B2C”, sono soggetti ad un diverso regime territoriale a seconda che il trasporto sia intracomunitario o meno. Infatti:
    • le prestazioni di trasporto di beni diverse dal trasporto intracomunitario si considerano effettuate in Italia “in proporzione alla distanza percorsa nel territorio dello Stato” (art. 7-sexies, comma 1, lett. b), del D.P.R. n. 633/1972);
    • le prestazioni di trasporto intracomunitario di beni si considerano effettuate in Italia “quando la relativa esecuzione ha inizio nel territorio dello Stato” (art. 7-sexies, comma 1, lett. c), del D.P.R. n. 633/1972).
Nel caso considerato, si desume pertanto che il riaddebito del costo di trasporto è territorialmente rilevante in Italia, sicché i relativi
obblighi IVA devono essere
adempiuti dall’impresa italiana in applicazione dell’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972. Nel caso, infatti, in cui un’operazione rilevante ai fini IVA in Italia sia effettuata da un soggetto passivo non stabilito nel territorio dello Stato nei confronti di un soggetto passivo ivi stabilito, tutti gli adempimenti relativi all’applicazione dell’imposta gravano sul cessionario/committente, il quale dovrà procedere all’assolvimento dell’IVA secondo il meccanismo del cd. “
reverse charge”.
Nella fattispecie in esame, il costo del trasporto riaddebitato all’operatore nazionale si riferisce a
beni esportati al di fuori dell’Unione europea, per cui il riaddebito è soggetto al
trattamento di non imponibilità di cui all’art. 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972, che considera tale “
i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea (…)”.
Il dubbio, a questo punto, è se l’impresa debba ugualmente emettere autofattura.
In assenza di un diverso orientamento dell’Amministrazione finanziaria, assumono tuttora validità le indicazioni rese dall’Agenzia delle Entrate nella
circolare n.12 del 12 marzo 2010 (risposta 3.1) e nella successiva
risoluzione n. 134 del 20 dicembre 2010.
In particolare, è stato precisato che, “
nell’ipotesi di operazioni non imponibili o esenti, effettuate in Italia da soggetti non residenti nei confronti di cessionari o committenti nazionali, questi ultimi provvedono all’autofatturazione indicando in fattura, anziché l’IVA dovuta, gli estremi normativi in base ai quali l’operazione risulta non imponibile o esente. Il suddetto documento deve essere annotato nel registro delle fatture emesse e in quello delle fatture di acquisto (articoli 23 e 25 del D.P.R. n. 633 del 1972), ma non deve essere riportato nel quadro VJ della dichiarazione annuale, trattandosi di fattura senza esposizione di IVA” (circolare n.12/E/2010,
cit.).
È dato osservare che, a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 228/2012, nell’autofattura occorre riportare la dicitura “
operazione non imponibile”, con l’eventuale indicazione della relativa norma (comunitaria o nazionale).