21 Marzo 2015

Illegittima la rettifica basata sui soli valori OMI

di Luigi Ferrajoli
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Con la sentenza n. 7294 del 03.12.2014 la Commissione Tributaria Regionale di Roma, Sez. XXIX, si è pronunciata in materia di accertamento della plusvalenza da cessione di immobile, tassabile ai fini delle imposte dirette, basata sul diverso accertamento effettuato dall’Agenzia delle Entrate con riguardo all’imposta di registro, utilizzando, nel caso di specie, i valori medi di mercato (stima OMI). 

L’Amministrazione finanziaria è solita utilizzare i maggiori valori scaturiti dagli accertamenti effettuati ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro e conseguenti a cessioni di immobili, terreni, aziende, per muovere contestazioni al contribuente nel diverso campo dell’Irpef o dell’Ires.

Tuttavia alla base delle due imposte vi sono criteri di determinazione diversi che possono anche condurre a valori dissimili: nell’ambito dell’imposta di registro le norme parlano di “valore venale in comune commercio” mentre ai fini della determinazione della plusvalenza Irpef o Ires per il Tuir il valore rilevante è quello derivante dalla differenza tra il corrispettivo percepito in sede di vendita e il costo di acquisto o di costruzione del bene ceduto.

La giurisprudenza di legittimità è unanime nel ritenere che i maggiori valori emersi in sede di imposta di registro, essendo appunto basati su criteri differenti, costituiscono solo presunzioni per procedere all’accertamento induttivo delle imposte dirette, mentre spetta al contribuente che deduca l’inesattezza della contestazione superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato rispetto al valore di mercato, dimostrando di aver in concreto venduto ad un prezzo inferiore.

Nel caso affrontato dalla citata sentenza della CTR di Roma il ricorrente, in qualità di cedente, impugnava un avviso di accertamento con il quale veniva accertata, ai sensi dell’art. 41-bis del D.P.R. n.600/1973, la plusvalenza derivante dalla cessione di un immobile, inquadrabile tra i redditi diversi ex art. 67, co.1, lett. b) del Tuir e le relative addizionali Regionale e Comunale, oltre sanzioni ed interessi.

La pretesa contestata dal ricorrente era appunto basata sull’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro utilizzato dall’Agenzia delle entrate per contestare in via induttiva la mancata dichiarazione della plusvalenza ai fini Irpef.

La CTP di Roma aveva accolto il ricorso censurando in particolare che l’Ufficio non avrebbe potuto utilizzare, ai fini della contestazione, le risultanze del diverso accertamento con adesione concluso con l’acquirente ed al quale il ricorrente-cedente era rimasto estraneo e nel merito che l’Amministrazione non aveva fornito ulteriori elementi a sostegno della pretesa impositiva come ad esempio una perizia dell’Agenzia del Territorio.

La pronuncia di primo grado è stata confermata dalla Commissione Regionale, la quale, rigettando l’appello proposto dall’Ufficio, ha riconosciuto la correttezza della pronuncia dei giudici di prime cure.

In particolare secondo i giudici di appello la Commissione Provinciale ha correttamente ritenuto che non fosse opponibile al ricorrente il valore definito in adesione solo dal compratore. Infatti, il relativo procedimento, a cui il cedente è rimasto estraneo, è stato definito per cessata materia del contendere, precludendo all’appellata, ignara del procedimento e della sua conclusione, l’esercizio del suo diritto ad impugnare: “l’omissione della doverosa notifica da parte dell’Ufficio della conclusione del procedimento di accertamento con adesione del solo acquirente, determina l’inopponibilità degli esiti dello stesso all’altra parte. In ogni caso, gli avvisi di accertamento devono indicare chiaramente i presupposti di diritto e di fatto che hanno condotto l’Ufficio a determinare il maggiore valore dell’immobile, attraverso un percorso logico in grado di porre il contribuente nella condizione di esercitare il proprio diritto di difesa”.

Nel merito la Commissione Regionale romana ha contestato il metodo di determinazione del valore venale, fondato esclusivamente sulla media dei valori minimi e massimi delle quotazioni immobiliari dell’OMI, in quanto le valutazioni predette, essendo un’indicazione di valori di larga massima, riferibili all’ordinarietà degli immobili ed, in particolare, allo stato conservativo prevalente nella zona omogenea, non sono sostitutive delle stime, ma servono solo di ausilio alle stime stesse.

I Giudici hanno ritenuto che il valore medio di mercato (stima OMI) deve essere adeguato alla fattispecie concreta con riferimento agli aspetti “peggiorativi e/o migliorativi” propri dell’immobile.

La CTR ha rigettato quindi l’appello confermando la pronuncia di primo grado di illegittimità dell’atto di accertamento poiché, nel caso di specie, l’Amministrazione nella determinazione della plusvalenza ha calcolato e motivato il valore venale presunto dell’immobile trasferito sulla base dei valori OMI, senza indicare ulteriori elementi a sostegno della pretesa tributaria.

 

 

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