9 Giugno 2017

Comodato e sublocazione breve: tanti dubbi e poche certezze

di Leonardo Pietrobon
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Come già messo in evidenza in precedenti interventi, con l’articolo 4 D.L. 50/2017 il Legislatore ha introdotto nuovi obblighi per i soggetti, persone fisiche non titolari di partita Iva, che locano a breve termine.

L’attenzione sino a questo momento si è focalizzata sempre sulle locazioni brevi, “trascurando” involontariamente quanto, invece, stabilito al comma 3 del medesimo articolo 4, che riguarda, invece, la tematica della sublocazione e del comodato.

In particolare, la citata disposizione normativa prevede che “Le disposizioni del comma 2 si applicano anche ai corrispettivi lordi derivanti dai contratti di sublocazione e dai contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi ad oggetto il godimento dell’immobile a favore di terzi, stipulati alle condizioni di cui al comma 1”.

Al fine di cogliere la portata applicativa del comma 3 pare doveroso riportare anche il contenuto del comma 2, secondo cui “A decorrere dal 1° giugno 2017, ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve stipulati a partire da tale data si applicano le disposizioni relative alla cedolare secca di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con l’aliquota del 21 per cento in caso di opzione”.

Coordinando quanto stabilito dal comma 3 con il contenuto del comma 2, sembra si possa affermare che in caso di opzione per la cedolare secca, si applica l’aliquota del 21% anche ai corrispettivi derivanti dalla sublocazione di immobili a breve e ai corrispettivi derivanti dai contratti a breve conclusi dal comodatario per il godimento degli immobili.

La stessa conclusione, prendendo a riferimento il comma 5, si realizza anche nel caso di “non opzione” per la cedolare secca, con la differenza che, al sussistere delle condizioni di cui al comma 1 (intervento di un intermediario immobiliare che incassa in nome e per conto), viene applicata una ritenuta a titolo d’acconto e non d’imposta da parte dell’intermediario.

Le questioni sulle quali, ad oggi non sussiste piena certezza e dovrebbero essere meritevoli di chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate sono almeno due:

  • chi subisce il regime impositivo, posto che dal tenore letterale della norma sembra sia il soggetto percettore delle somme e quindi rispettivamente il sublocatore e il comodatario;
  • se cambia la qualifica del reddito.

Le questioni sollevate partono dalla considerazione che nel passato l’Agenzia, in aderenza alle disposizioni del Tuir, ha dato delle indicazioni inerenti ai corrispettivi incassati dal comodatario che, oggi, potrebbero essere superate alla luce di quanto stabilito dal comma 3 dell’articolo 4 D.L. 50/2017. In particolare, l’Agenzia, con la risoluzione 381/E/2008, ha risposto a un interpello proposto da un contribuente che ha donato un villino alla figlia, riservandosene l’usufrutto; successivamente l’immobile è stato frazionato, ritraendone tre unità abitative autonome, delle quali una destinata ad abitazione della figlia stessa, e le altre due invece destinate ad essere locate.

L’Agenzia con il citato documento di prassi afferma che a seguito della donazione dell’immobile, in via generale, è fiscalmente obbligato a dichiarare il reddito fondiario il donatario in applicazione dell’articolo 26 del Tuir che espressamente dispone: “I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall’articolo 33, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso”.

Oggi, con riferimento, quindi, al comodato e alla locazione a breve, come regolamentata dal comma 3 dell’articolo 4 D.L. 50/2017, si potrebbe giungere ad una conclusione “storicamente” differente e inaspettata, ma è comunque necessario un chiarimento ufficiale da parte dell’Agenzia.

La medesima questione, seppur, meno impattante rispetto al contratto di comodato, riguarda la sublocazione. Sino a prima dell’entrata in vigore del comma 3 dell’articolo 4 D.L. 50/2017, la sublocazione dell’immobile, detenuto in forza di un contratto di locazione, genera(va) invece i cd. “redditi diversi” in capo al sublocatore, di cui all’articolo 67, comma 1, lettera h,) Tuir.

Post D.L. 50/2017, sempre secondo un’interpretazione letterale innovativa, sembrerebbe che la sublocazione perda la qualifica di reddito diverso e approdi tra i redditi di natura fondiaria.

Tali conclusioni trovano riscontro per il fatto che:

  1. se fosse valida la “precedente” impostazione non ci sarebbe stato motivo di far riferimento, in caso di comodato/comodatario alla cedolare secca, posto che, difronte ad un contratto di comodato, il comodante non percepisce alcun provento dal comodatario, a meno che il Legislatore non voglia intendere, mantenendo valida la precedente impostazione, che anche il comodante può applicare la cedolare secca su quanto percepito dal comodatario;
  2. se fosse valida la “precedente” impostazione non ci sarebbe stato motivo di far riferimento, in caso di sublocazione, alla cedolare secca, posto che nel caso di sublocazione, come sopra argomentato, per il sublocatore si è in presenza di un reddito di natura diversa e non di natura fondiaria.

In conclusione, pare lecito, stante la delicatezza della questione, attendersi un chiarimento ufficiale su tali questioni: chi dichiara (comodante o comodatario) e cosa deve essere dichiarato (reddito fondiario o diverso nel caso della sub locazione).

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