12 Giugno 2023

Possibili evoluzioni dell’accertamento sulle assegnazioni agevolate

di Angelo Ginex
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Come noto, la Legge di Bilancio 2023 (articolo 1, commi 100-105, L. 197/2022) ha riproposto la possibilità di procedere all’assegnazione agevolata dei beni ai soci.

Verosimilmente tale misura troverà ampia applicazione in quanto appare molto favorevole dal punto di vista fiscale.

Tuttavia occorre tenere sin da subito presente che non sarà sufficiente prestare attenzione solo all’ambito fiscale, perché in questo tipo di operazione sono interessanti e non semplici anche i profili civilistici e quelli contabili.

La normativa di riferimento, infatti, prevede il rispetto di una serie di requisiti, opinabili valutazioni concernenti il valore dei beni in considerazione del quale deve essere poi determinata la plusvalenza e taluni adempimenti successivi al perfezionamento dell’operazione.

Riuscire ad immaginare come verranno esercitati i poteri di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate non è semplice, ma evidentemente la contestazione di eventuali errori potrà condurre, a seconda dei casi, ad una rettifica con applicazione di sanzione oppure alla decadenza dall’agevolazione.

Come desumibile da quanto poc’anzi accennato, un primo ambito di intervento potrebbe essere quello dei requisiti prescritti dalla disciplina in materia.

È facile immaginare quali sarebbero le conseguenze di un eventuale errore. Ad esempio, se, contrariamente a quanto previsto, beneficiario dell’assegnazione agevolata fosse un socio divenuto tale dopo il 30 settembre 2023, è agevole dedurre che l’ufficio accertatore applicherebbe la disciplina ordinaria, con conseguente recupero di maggiori imposte, interessi e sanzioni.

La medesima conseguenza si avrebbe anche nel caso in cui la disciplina in esame venisse applicata all’assegnazione di un bene strumentale (nel caso di specie, comunque, l’imposta di registro e le imposte ipotecaria e catastale già versate rappresenterebbero un acconto di quanto ordinariamente dovuto, per cui dovrebbe essere versata soltanto la differenza).

Più complessi da gestire (per la mancanza di parametri normativi cui fare riferimento) sarebbero eventuali accertamenti aventi ad oggetto il valore dei beni assegnati, atteso che tale valutazione risulterebbe da una perizia di stima e non da un parametro oggettivo.

In tale contesto merita una particolare attenzione l’ipotesi in cui il contribuente opti, limitatamente ai beni immobili, per la sostituzione del valore normale ex articolo 9 Tuir con quello catastale risultante dal prodotto della rendita catastale per i moltiplicatori ex articolo 52 D.P.R. 131/1986.

Sostituendo il valore catastale a quello normale, e quindi utilizzando un qualsiasi valore ricompreso in questo intervallo, il contribuente potrebbe essere relativamente tranquillo perché, pur restando assoggettato al potere di accertamento dell’Amministrazione, quest’ultima, nella maggior parte dei casi, non avrebbe facoltà di operare una rettifica diretta ad incrementare il valore scelto.

Viceversa, laddove si utilizzasse un valore normale inferiore a quello catastale, sarebbe concreta la possibilità di un accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Appare poi evidente come il potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria potrà riguardare anche la corretta indicazione dell’assegnazione in dichiarazione dei redditi e l’esatto versamento dell’imposta sostitutiva dovuta.

Sulla prima ipotesi non è ben chiara la posizione dell’Amministrazione finanziaria. Invece, nel caso di omesso versamento dell’imposta sostitutiva, anche se dovesse trattarsi della prima rata, l’assegnazione agevolata sarà considerata ugualmente perfezionata, essendo sufficiente l’indicazione in dichiarazione, ma le somme non versate saranno riscosse secondo le modalità ordinarie.

In mancanza di un dato normativo puntuale, sembrerebbe corretto ritenere che l’omessa indicazione in dichiarazione non rappresenti di per sé una causa ostativa al perfezionamento della misura in esame, trattandosi comunque di una irregolarità formale, mancando la previsione di una specifica causa di decadenza per tale fattispecie e dovendo dare rilievo al comportamento concludente del contribuente.

In definitiva si ritiene che le conseguenze più gravi per il contribuente dovrebbero realizzarsi soltanto nella ipotesi in cui non vengano rispettati i requisiti applicativi previsti dalla disciplina in esame. Diversamente, nelle altre ipotesi prese in considerazione, il contribuente dovrebbe restare relativamente tranquillo.

Si è evidenziato infatti che nei casi di accertamento di un maggior valore dei beni assegnati, laddove il contribuente abbia optato per il valore catastale, salvo un improbabile errore di calcolo, l’Amministrazione non sarebbe legittimata ad operare una rettifica incrementativa del valore scelto.

Da ultimo appare evidente come il legislatore tributario abbia inteso favorire l’accesso alla misura agevolativa in esame, non prevedendo alcuna causa di decadenza, per cui si ritiene che la stessa Amministrazione finanziaria, fatta eccezione per i motivi di ordine sostanziale, non adotterà un approccio formalistico valorizzando sempre il comportamento concludente del contribuente.