3 Maggio 2021

L’inquadramento delle prestazioni sportive alla luce della riforma dello sport – I° parte

di Giusi CenedeseGuido Martinelli
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La prossima apertura dei centri sportivi e l’ormai avviata programmazione della stagione 2021/2022 per le società sportive che partecipano agli sports di squadra impone di verificare quali siano le soluzioni per l’inquadramento dei collaboratori sportivi, in questa stagione che ci “dovrebbe” portare alla definitiva entrata in vigore della nuova disciplina sui rapporti di lavoro nello sport.

Il primo aspetto da verificare è la disciplina da applicare e i contenuti dei contratti pluriennali che i club dovranno sottoscrivere con gli atleti.

Si ricorda che aver unificato in un’unica fattispecie di lavoro sportivo quello degli atleti, sia dilettanti che professionisti e l’inserimento per questi ultimi della presunzione relativa di rapporto di lavoro subordinato, comporta il fumus che il medesimo inquadramento possa essere posto in capo ai dilettanti.

Per evitare questa ipotesi l’unica strada percorribile appare essere quella di considerarli degli “amatori” (si ricordi che l’unica categoria di dilettanti non inseriti tra i lavoratori da iscrivere all’Enpals dal D.M. 15.03.2005 è proprio quella degli atleti dilettanti) anche per avallare l’applicazione della disciplina di cui all’articolo 67, comma 1, lettera m), Tuir nella stagione 2021/22.

Pertanto, nella consapevolezza che non abbiamo nessuna certezza sulla decorrenza della riforma (si parla già con insistenza di un ulteriore slittamento rispetto alla data prevista del 1° luglio 2022) sia sui contenuti della stessa (nel senso che i testi sono “abbastanza” chiari, ma il motivo del differimento è diretto ad avere i tempi per introdurre modifiche al testo apparso in Gazzetta Ufficiale) appare comunque opportuno l’inserimento, nel contratto, di clausole che possano cercare di evitare che l’eventuale maggior costo, derivante dalla novella legislativa sul lavoro, ricada solo sui sodalizi sportivi e non anche sugli atleti, beneficiari finali della riforma.

Ciò premesso la clausola che si suggerisce di introdurre in contratto per contemperare gli interessi sia  dell’atleta che del tecnico interessato (ricordiamo che qui solo per i tesserati provenienti da Federazione straniera la nuova disciplina appare essere solo un maggior costo, in quanto per gli italiani questi contributi previdenziali che dovranno essere versati diventano compatibili con qualsiasi altra forma previdenziale obbligatoria a cui l’atleta o il tecnico acceda successivamente al termine della attività sportiva) appare essere la seguente dopo aver indicato l’importo e le modalità di pagamento: “Detto importo sarà disciplinato ai sensi di quanto previsto dall’articolo 67 primo comma lett. m del Tuir. L’atleta/il tecnico dichiara di non svolgere detta attività con finalità lavorative. Nel caso in cui nel corso della durata di questo accordo entrassero in vigore gli effetti di cui al decreto legislativo 28.02.2021 n. 36, le parti riconoscono che le prestazioni oggetto del presente accordo rientrano tra quelle classificate come amatoriali dall’articolo 29 del citato decreto legislativo e pertanto, in presenza di compensi eccedenti la fascia esente di cui all’articolo 69, comma 2 Tuir, il rimborso spese forfettario indicato nel presente contratto si intenderà per l’intero importo al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali di competenza del prestatore”

Nel momento in cui la riforma sarà a regime per quello che riguarda gli inquadramenti degli atleti appaiono solo due possibilità: la prestazione amatoriale o la qualificazione come subordinati (salvo i casi specificatamente elencati all’articolo 27, comma 3, D.Lgs. 36/2021 o che la stessa sia così rarefatta da potersi considerare di carattere occasionale).

Infatti la co.co.co. non diventa praticabile stante l’abrogazione della lettera d) dell’articolo 2, comma 2, D.Lgs. 81/2015.

La prestazione subordinata nel testo attuale è ad aliquota previdenziale piena e, pertanto, non gode di nessun trattamento di favore.

In più, se fosse considerata tale, potrebbe essere così ritenuta anche per il periodo pregresso in quanto il legislatore ha fatto una scelta precisa: non esiste alcuna atipicità o specialità nel rapporto di lavoro sportivo e pertanto se fosse subordinato dal 1° luglio 2022 chi potrà escludere che non lo fosse anche prima?

Ecco che per poter “difendere” la situazione attuale e ridurre l’impatto in quella successiva l’unica strada appare essere quella di insistere sulla amatorialità che fino a luglio 2022 è tale a prescindere dall’ammontare del compenso e che dal 1° luglio lo diventa solo fino ai diecimila euro di compenso (fascia all’interno della quale comunque potrebbero trovare sistemazione alcuni atleti della rosa della prima squadra).

Per i compensi eccedenti, questa si considera “professionale” per l’intero importo.

L’utilizzo di tale termine porta a ritenere che la prestazione amatoriale che ecceda il compenso da 10.000 euro diventi ope legis collaborazione coordinata e continuativa. Ciò ci consentirebbe di “salvare” anche il rimborso spese vive, compatibile sia con la prestazione amatoriale che con la co.co.co..

Pertanto il carico previdenziale sarebbe così suddiviso: per due terzi a carico del club e un terzo a carico dell’atleta.