22 Marzo 2023

Le segnalazioni dell’organo di controllo nel Codice della crisi

di Valerio Sangiovanni
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Uno dei principi ispiratori del Codice della crisi è l’emersione precoce della situazione di squilibrio finanziario. Così facendo, si evita che i debiti dell’imprenditore aumentino troppo. A questo fine alcune disposizioni del Codice della crisi impongono a diversi soggetti degli obblighi di segnalazione finalizzati ad avviare procedure che consentono di mitigare le conseguenze negative della situazione di crisi.

 

L’obbligo di segnalazione dell’organo di controllo

Il Codice della crisi punta a far emergere il prima possibile la crisi dell’impresa. L’esperienza passata – sotto la vigenza della Legge Fallimentare – mostra che la crisi si scopre in una fase avanzata, quando il passivo ha raggiunto livelli alti. Se si creano meccanismi atti a intercettare precocemente i segnali di crisi, si può ridurre il numero dei creditori insoddisfatti.

In questa prospettiva alcuni articoli del Codice della crisi riguardano le “segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”: si tratta degli articoli da 25-octies a 25-undecies, D.Lgs. 14/2019 (c.d. Codice). Essi hanno a oggetto, più in dettaglio:

  • la segnalazione dell’organo di controllo (articolo 25-octies, Codice);
  • le segnalazioni dei creditori pubblici qualificati (articolo 25-novies, Codice);
  • gli obblighi di comunicazione per banche e intermediari finanziari (articolo 25-decies, Codice);
  • l’istituzione di un programma informatico di verifica della sostenibilità del debito (articolo 25-undecies, Codice).

Sono dei veri e propri sistemi di allerta, idonei a mettere sotto pressione gli amministratori della società, i quali non possono più ignorare la situazione di tensione finanziaria, pena l’affermazione della loro responsabilità. Sono chiamati alla segnalazione soggetti interni all’impresa (come l’organo di controllo), oppure, esterni all’impresa (come i creditori pubblici qualificati, oppure, le banche): si tratta di coloro che, per la funzione svolta, possono per primi avere il sentore che l’esposizione debitoria della società non è più gestibile.

In questo articolo ci si sofferma in particolare modo sui doveri di segnalazione dell’organo di controllo. A questo riguardo la legge prevede che: “l’organo di controllo societario segnala, per iscritto, all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di cui all’articolo 17” (articolo 25-octies, Codice).

La legge fa riferimento all’organo di controllo, e dunque al collegio sindacale. Il collegio sindacale si deve interfacciare con l’organo amministrativo e dunque con il CdA (oppure, con l’amministratore unico).

Si prevede un obbligo di comunicazione per iscritto. La disposizione non è più precisa con riferimento al mezzo scritto da usarsi: può dunque usarsi qualsiasi mezzo che renda tracciabile la comunicazione. In primo luogo, vengono in considerazione la lettera raccomandata e la pec. Questi 2 mezzi garantiscono la prova sia dell’invio sia della ricezione. Più sicura è la pec, quantomeno se il testo della comunicazione viene scritto nel testo della mail e non consiste di un mero allegato. Fra l’altro, la pec giunge in tempo reale, diversamente dalla raccomandata, e garantisce la data certa della comunicazione.

La legge fa riferimento all’“organo” di controllo. Questo significa che la segnalazione deve provenire dal collegio sindacale nel suo complesso, e non da un singolo componente. Nella Spa si prevede che “il collegio sindacale si compone di tre o cinque membri effettivi, soci o non soci” (articolo 2397, comma 1, cod. civ.). Il collegio sindacale è un organo composto di più persone e ciò implica che la sua volontà deve essere manifestata mediante l’assunzione di un’apposita delibera. Si pone allora il problema se anche un singolo componente del collegio sindacale possa procedere alla segnalazione all’organo amministrativo. Seguendo un’interpretazione più restrittiva, trattandosi di un organo composto di più persone, la segnalazione dovrebbe essere preceduta da una delibera del collegio sindacale. Seguendo un’interpretazione meno restrittiva, potrebbe bastare una segnalazione del presidente del collegio sindacale: in questo caso occorre tuttavia che sia specificato nella segnalazione che il presidente agisce nell’interesse del collegio sindacale oppure, almeno, che si possa comunque desumere che esprime la volontà dell’intero collegio. Più problematica è un’iniziativa assunta da un singolo componente del collegio: la segnalazione parrebbe non provenire dall’“organo”, come richiesto dalla legge.

Ma qual è il contenuto della comunicazione? L’organo di controllo deve far presente all’organo amministrativo che sussistono i presupposti per la presentazione dell’istanza di cui all’articolo 17, Codice, ossia per l’avvio della procedura di composizione negoziata.

 

La segnalazione che ci sono i presupposti per la composizione negoziata

Una delle maggiori novità del Codice, rispetto alle previsioni della Legge Fallimentare, è la procedura di composizione negoziata della crisi. Si tratta di una procedura consistente nella nomina di un esperto da parte della CCIAA, che avvia delle trattative fra debitore e creditori e cerca di trovare – in via stragiudiziale – delle soluzioni alla crisi d’impresa.

Più precisamente: “l’imprenditore commerciale o agricolo può chiedere la nomina di un esperto al segretario generale della camera di commercio … quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa” (articolo 12, comma 1, Codice).

L’articolo 25-octies, comma 1, Codice, prevede che l’organo di controllo segnala all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la composizione negoziata. Questi presupposti sono quelli appena indicati:

  1. la probabilità di crisi o insolvenza; e
  2. la ragionevole perseguibilità del risanamento dell’impresa.

Con riguardo alla nozione di “crisi” e di “insolvenza”, è di aiuto il medesimo Codice, che ne dà le definizioni.

Per crisi si intende: “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni dei successivi dodici mesi” (articolo 2, lettera a), Codice).

Si tratta dunque di valutare se i flussi di cassa siano sufficienti per far fronte ai debiti dell’impresa. In presenza di un alto indebitamento, la crisi non sussiste quando l’impresa ha ingenti flussi di cassa: se gli introiti si mantengono elevati, si riuscirà a rientrare dai debiti.

L’insolvenza viene definita dalla legge come: “lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni” (articolo 2, lettera b), Codice).

L’insolvenza è più grave della crisi: ormai il debitore non riesce più a far fronte con regolarità ai propri debiti.

Si noti che presupposto della composizione negoziale non è l’insolvenza (sarebbe troppo tardi) né – a ben vedere – la crisi. L’imprenditore si deve, invece, trovare in una situazione di squilibrio, che rende però probabile l’insolvenza.

La composizione negoziata può poi essere avviata se è ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.

Dati tutti questi presupposti (probabilità di crisi o insolvenza + ragionevole possibilità di risanamento), l’organo di controllo deve comunicare per iscritto all’organo amministrativo che ci sono i presupposti per avviare la procedura di composizione negoziata.

 

La reazione dell’organo amministrativo alla diffida dell’organo di controllo

Ricevuta la comunicazione scritta da parte dell’organo di controllo, cosa può/deve fare l’organo amministrativo? In realtà non è di per sé obbligatorio avviare la procedura di composizione negoziata. Difatti la legge prevede che:

“la segnalazione … contiene la fissazione di un congruo termine, non superiore a trenta giorni, entro il quale l’organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative intraprese” (articolo 25-octies, comma 1, Codice).

L’organo di controllo deve assegnare un termine. Nella prassi il termine sarà quasi sempre assegnato nella misura massima prevista dalla legge di 30 giorni. Si consideri difatti che il termine serve all’organo amministrativo:

  1. a rispondere alla sollecitazione dell’organo di controllo;
  2. a “intraprendere” delle iniziative.

Dal testo della legge parrebbe insomma che non basti all’organo amministrativo rispondere, ma che si debba – nel termine – agire. Se così fosse, si comprenderebbe bene che il termine fissato dal Legislatore è troppo breve. Ipotizzare termini ancora più brevi – ad esempio, di 15 giorni – assegnati dall’organo di controllo all’organo amministrativo è irrealistico.

E poi, quali dovrebbero essere le iniziative assunte dall’organo amministrativo? Le alternative sono 2:

  1. o attività di dismissione di assets (o di affitto di rami d’azienda) o altre attività volte a contenere i costi dell’esercizio dell’impresa, per ridurre l’esposizione debitoria; oppure
  2. avviare la composizione negoziata.

La prima alternativa (attività di dismissione o di riduzione dei costi) non può essere intrapresa nel giro di poche settimane.

In altre parole, ciò che “stona” nel testo della legge è l’uso del participio passato (“intraprese”) al posto di un’espressione rivolta al futuro (“da intraprendersi”). A meno che il Legislatore intenda qui riferirsi a iniziative che l’organo amministrativo “intende” intraprendere.

Continuando l’esame analitico della disposizione, essa prevede che: “in pendenza delle trattative, rimane fermo il dovere di vigilanza di cui all’articolo 2403 del codice civile” (articolo 25-octies, comma 1, Codice).

Le trattative cui si riferisce il testo della disposizione sono quelle indicate nel comma 2, articolo 12, Codice: “l’esperto agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di cui al comma 1, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa”.

La composizione negoziata consiste proprio in questo: si riconosce la situazione di grave indebitamento, si evita il ricorso all’Autorità giudiziaria e si affida a un esperto l’incarico di negoziare fra debitore e creditori, per trovare – in tempi brevi – delle soluzioni alternative rispetto alla liquidazione giudiziale.

Cosa significa allora che il dovere di vigilanza del collegio sindacale permane durante le trattative? La disposizione vuole chiarire che il mero fatto che sia stata avviata la composizione negoziale non esclude la possibile responsabilità dell’organo di controllo, se questo non continua a vigilare sull’attività svolta dall’imprenditore.

 

La responsabilità del collegio sindacale

Il collegio sindacale è il primo organo, essendo interno alla società, che è in grado di “intercettare” la situazione di crisi. Ma che succede se l’organo di controllo non fa la segnalazione all’organo amministrativo, oppure, la fa troppo tardi? Si possono porre problemi di responsabilità civile del collegio sindacale.

La responsabilità del collegio sindacale è una fra quelle più ampie e più severe previste dall’ordinamento giuridico. La base normativa è costituita dall’articolo 2407, cod. civ., ai sensi del quale: “i sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico” (articolo 2407, comma 1, cod. civ.).

Il problema è l’ampiezza dei doveri dei sindaci, i quali sono indicati nell’articolo 2403, cod. civ.: “il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento” (articolo 2403, comma 1, cod. civ.).

I sindaci devono adempiere con “la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico”, stabilisce la legge. Come è noto, l’articolo 1176, cod. civ., distingue fra:

  1. diligenza ordinaria: “nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia” (comma 1);
  2. diligenza professionale: “nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata” (comma 2).

La diligenza che è richiesta al sindaco è certamente di tipo professionale, in quanto egli deve soddisfare requisiti di professionalità. Detta diligenza dipende, dice la legge, dalla natura dell’incarico. Si pensi, ad esempio, alle dimensioni e alla struttura della società, che possono essere molto diverse a seconda dei singoli casi. Per fare un esempio, il sindaco di una banca, di un’impresa di investimento o di un’impresa assicuratrice ha obblighi più ampi e più articolati di quelli di una comune Spa industriale o commerciale. Le banche, le imprese di investimento e le assicurazioni sono soggetti vigilati, con complesse normative tecniche di settore, che impongono al sindaco adempimenti e controlli maggiori.

Al fine di sottrarsi a responsabilità, il sindaco potrebbe provare ad addurre che i compiti che gli sono affidati sono talmente complessi che la sua responsabilità deve essere valutata con una certa bonarietà. In tema difatti di professioni intellettuali, la legge prevede che: “se la prestazione d’opera implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave” (articolo 2236, cod. civ.).

Bisogna tuttavia rilevare che la Corte di Cassazione ha escluso, proprio con riferimento ai sindaci, la possibilità di invocare l’articolo 2236, cod. civ., affermando che è configurabile ex articolo 2407, cod. civ., la responsabilità dei sindaci i quali abbiano omesso di rilevare l’illegittima formazione e iscrizione in bilancio di determinate poste, essendo irrilevante che il relativo controllo possa richiedere la soluzione di questioni di speciale difficoltà.

L’articolo 2407, cod. civ., non specifica espressamente verso chi i sindaci siano responsabili. Così come avviene per gli amministratori, sono ipotizzabili una responsabilità verso la società e una responsabilità verso i terzi. La responsabilità verso la società ha fondamento contrattuale, in quanto i sindaci – con l’accettazione della nomina – instaurano un rapporto contrattuale con la società che devono vigilare. La circostanza è confermata dal fatto che i componenti del collegio sindacale percepiscono un compenso per la loro attività. Per quanto riguarda, invece, la responsabilità verso i terzi, si tratta di una forma di responsabilità extra contrattuale, per l’assenza di un vincolo contrattuale fra i sindaci e i terzi. I terzi verso cui può tipicamente sussistere responsabilità sono i creditori sociali che non riescono a ottenere pagamenti dalla società.

Si è visto sopra come l’articolo 2403, cod. civ., preveda che i sindaci abbiano un dovere molto ampio di controllo, addirittura sull’intera legge (e sullo statuto). Per “legge” si intendono da un lato le disposizioni tipiche del diritto societario, ossia quelle che riguardano la gestione della società. Sotto un altro profilo però i sindaci potrebbero essere ritenuti responsabili per qualsiasi altra violazione di legge posta in essere dagli amministratori della società.

La posizione dei sindaci è aggravata dal fatto che, secondo la giurisprudenza, il controllo che devono esercitare è di tipo sostanziale, e non solo formale. Questo principio è stato affermato in una sentenza della Corte di Cassazione. Si trattava del caso di una persona che aveva svolto il ruolo di sindaco di una banca. La Banca d’Italia aveva inflitto al sindaco la sanzione amministrativa pecuniaria di 40.000 euro per la sua attività come componente del collegio sindacale di una banca. Le violazioni contestate erano gli illeciti di inesatte segnalazioni all’organo di vigilanza (articolo 106, Tub) e di omesse segnalazioni alle competenti Autorità (articolo 112, Tub).

Anzitutto, come si può notare, le contestazioni che determinano responsabilità (in questo caso amministrativa, ma il ragionamento non cambia in termini di responsabilità civile) possono essere tipiche del settore in cui opera la società. Fare il sindaco di una banca è molto più complesso che fare il sindaco di una piccola società industriale. Ma la questione centrale è che la Corte di Cassazione conferma le sanzioni amministrative applicate al sindaco affermando che il compito affidato al collegio sindacale consiste in un controllo non meramente formale, bensì sostanziale, destinato a estrinsecarsi anche con l’adozione di iniziative idonee a realizzare la funzionalità del complessivo sistema di controlli interni. La Cassazione specifica che il collegio sindacale, pur non dotato di un potere di surroga nei confronti del CdA (che si mostri impermeabile ai rilievi dell’organo di controllo), non si deve limitare a formulare tali rilievi, ma deve costantemente vigilare per verificare se le criticità riscontrate siano state rimosse.

La Corte di Cassazione evidenzia, sempre nella sentenza del 2020, che la complessa articolazione della struttura organizzativa della banca non può comportare l’esclusione o anche il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale, i quali – in caso di accertate carenze nelle procedure aziendali – sono sanzionabili a titolo di concorso omissivo, gravando sui sindaci, da un lato, l’obbligo di vigilanza (in funzione non soltanto della salvaguardia degli interessi degli azionisti nei confronti di atti di abuso di gestione da parte degli amministratori, ma anche del controllo del corretto operato della banca, secondo parametri procedimentali dettati dalla normativa regolamentare Consob e a garanzia degli investitori) e, dall’altro, l’obbligo legale di denuncia immediata alla Banca d’Italia e alla Consob, ai sensi dell’articolo 8, Tuf, delle violazioni delle norme dettate in tema di intermediazione mobiliare.

 

L’omesso controllo sugli amministratori

Nella prassi i sindaci vengono generalmente chiamati in causa unitamente agli amministratori, per il mancato controllo delle condotte di questi ultimi. La disposizione di riferimento è il comma 2, articolo 2407, cod. civ., secondo cui i sindaci: “sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”.

La responsabilità di amministratori e sindaci è solidale. Ciò significa che il soggetto danneggiato (ovvero, la società o il creditore) può chiedere l’intero danno a tutti, oppure, ad alcuni soltanto degli amministratori e/o dei sindaci. Per fare un esempio, si immagini che il danno prodotto ammonti a 1.000.000 di euro e che vi siano 2 amministratori e 3 sindaci. Il soggetto danneggiato chiederà all’Autorità giudiziaria che ciascuno dei 5 soggetti coinvolti venga condannato a pagare l’intero danno. Chi avrà poi pagato il danno, avrà azione di regresso nei confronti degli altri coobbligati in solido. Se dunque Tizio paga 1.000.000 di euro alla società danneggiata, e il danno è stato cagionato in misura uguale da tutti gli amministratori e i sindaci, Tizio potrà chiedere che ciascuno degli altri gli rimborsi la sua quota (nell’esempio fatto: 200.000 euro).

A questo riguardo la Corte di Cassazione ha specificato che il diverso rilievo causale di quanti (sindaci e amministratori) abbiano concorso alla causazione del danno assume rilievo nei soli rapporti interni fra coobbligati (ai fini dell’eventuale azione di regresso), e non anche nei rapporti esterni che legano gli autori dell’illecito al danneggiato, giusto il principio generale di solidarietà fra coobbligati.

Con riferimento all’obbligo di vigilanza dei sindaci, la Corte di Cassazione ha affermato come l’esercizio senza autorizzazione dell’attività assicurativa in un certo ramo fosse idonea a palesare una così macroscopica esorbitanza dell’attività sociale dall’ambito consentito che non sarebbe potuta sfuggire alla vigilanza diligente dei sindaci. Questa decisione della Cassazione ribadisce le particolari difficoltà di controllo dei sindaci nelle società vigilate da Autorità amministrative, come quelle bancarie, finanziarie e assicuratrici. Inoltre, il provvedimento evidenzia come il controllo dei sindaci riguardi anche i profili del diritto societario. Nel caso di specie, l’impresa assicuratrice aveva un determinato oggetto sociale e si accertò che aveva operato al di fuori del suo oggetto sociale, senza che i sindaci se ne accorgessero e sollevassero le dovute contestazioni.

Sempre con riferimento all’ampiezza dell’obbligo di vigilanza dei sindaci, la Corte di Cassazione ha deciso che integra violazione dei doveri di controllo imposti dall’articolo 2407, cod. civ., l’omessa vigilanza circa il compimento da parte dell’organo amministrativo di irregolarità di gestione per operazioni non riportate nella contabilità. E in un altro caso deciso sempre dalla Cassazione, si è stabilito che – laddove venga accertato che gli amministratori di una Srl abbiano compiuto false fatturazioni – i sindaci della società rispondono per omesso controllo degli amministratori.

Si è appena analizzata la normativa generale (contenuta nel codice civile) in tema di responsabilità dei sindaci. Va detto che le azioni di responsabilità contro i sindaci vengono generalmente esercitate dal curatore nell’ambito delle procedure concorsuali. Se viene difatti aperto il fallimento (ora, liquidazione giudiziale), il passivo non è in grado di soddisfare integralmente tutti i creditori, cosicché il curatore cerca di incrementare l’attivo anche mediante azioni in giudizio.

Il Codice statuisce che: “il curatore, autorizzato ai sensi dell’articolo 128, comma 2, può promuovere o proseguire: … tutte le altre azioni di responsabilità che gli sono attribuite da singole disposizioni di legge” (articolo 255, Codice).

Le azioni più frequenti sono quelle contro gli amministratori. E, tuttavia, rispondendo i sindaci per omesso controllo degli amministratori, l’azione di responsabilità viene generalmente estesa anche ai componenti del collegio sindacale.

Tornando all’esame dei doveri di segnalazione dell’organo di controllo, l’articolo 25-octies, Codice, specifica che “in pendenza delle trattative, rimane fermo il dovere di vigilanza di cui all’articolo 2403 del codice civile”.

Si è visto che la composizione negoziata è caratterizzata da trattative fra debitore e creditori gestite e mediate dall’esperto nominato dalla CCIAA. Il rischio paventato dal Legislatore è che il collegio sindacale, nella fase delle trattative, smetta di vigilare sulla società. La disposizione appena riportata evita che ciò avvenga: il sindaco deve continuare a vigilare. Corollario della regola è che il sindaco potrebbe essere chiamato in responsabilità con gli amministratori in caso di omessa vigilanza.

La legge prevede poi che: “la tempestiva segnalazione all’organo amministrativo ai sensi del comma 1 e la vigilanza sull’andamento delle trattative sono valutate ai fini della responsabilità prevista dall’articolo 2407 del codice civile” (articolo 25-octies, comma 2, Codice).

La disposizione stabilisce che i sindaci hanno, in questo contesto, 2 doveri:

  1. segnalare tempestivamente all’organo amministratori la sussistenza dei presupposti per l’avvio della composizione negoziata;
  2. vigilare sull’andamento delle trattative.

Nel corso delle trattative, gli amministratori della società rimangono in carica; la legge prevede che: “nel corso delle trattative l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa” (articolo 21, comma 1, Codice).

Poiché gli amministratori gestiscono, il collegio sindacale deve continuare a vigilare anche durante le trattative.

L’amministratore che prima segnala tempestivamente e poi vigila anche durante le trattative è esentato da responsabilità? La disposizione non statuisce questa conseguenza, limitandosi a dire che dette condotte “sono valutate ai fini della responsabilità”. Il pericolo è che il collegio sindacale non abbia per nulla vigilato nei mesi e anni precedenti l’apertura della composizione negoziata, salvo poi cercare di andare esente da responsabilità, avviando la procedura di composizione negoziata e addebitando ogni conseguenza negativa agli amministratori (e all’esperto). La diligenza dei sindaci nell’effettuazione della segnalazione deve essere considerata dal giudice, ma non può implicare automaticamente esenzione da responsabilità. I giudici sono chiamati a valutare tutte le circostanze del singolo caso, per vedere se e in che misura residui una responsabilità dei componenti dell’organo di controllo.

Si segnala che l’articolo è tratto da “Bilancio, vigilanza e controlli.