15 Dicembre 2018

La settimana finanziaria

di Mediobanca S.p.A.
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IL PUNTO DELLA SETTIMANA: BCE confident and cautious

  • La BCE ha annunciato in settimana la fine del QE e ha rivisto al ribasso le previsioni su crescita ed inflazione, che restano entrambe sopra il consensus
  • Le nuove capital key saranno applicate gradualmente e i reinvestimenti saranno effettuati nel paese di competenza
  • L’annuncio di una nuova LTRO è stato rimandato a T1 2019

 

Sono poche le novità annunciate dalla BCE nel meeting di questa settimana. Come ampiamente atteso, la BCE ha confermato che la politica monetaria resterà ampiamente accomodante anche dopo la fine del QE, grazie a una forward guidance rafforzata e alla politica di reinvestimento dei titoli in scadenza. Oggi il Consiglio Direttivo (CD) della BCE, all’unanimità, ha confermato per fine dicembre il termine dell’espansione del proprio bilancio – ossia gli acquisti netti di titoli nell’ambito del programma di acquisto di attività (APP) – e che i tassi di interesse saranno mantenuti al livello attuale “almeno per tutta l’estate 2019”, e in ogni caso per il tempo necessario a garantire che l’inflazione converga all’obiettivo corrispondente a un livello inferiore ma prossimo al 2%. L’APP rimane, comunque, a tutti gli effetti uno strumento di politica monetaria attivabile in futuro, in caso di rischio generalizzato di deflazione nell’Area Euro. Durante la sessione di Q&A, il Presidente Draghi ha ripetuto più volte che la BCE non ha discusso quando inizierà ad alzare i tassi di interesse. Inoltre, la BCE “continuerà a reinvestire, per intero, i titoli acquistati nell’ambito dell’APP e giunti a scadenza per un periodo di tempo prolungato oltre la prima data in cui inizierà ad aumentare i tassi di interesse, e in ogni caso finché sarà necessario a mantenere condizioni di liquidità favorevoli e un ampio margine di accomodamento. In questo modo al BCE ha mantenuto il più ampio margine possibile di flessibilità, visto il grado di incertezza delle prospettive macroeconomiche. Infine, riguardo alle modalità di reinvestimento dei titoli, la BCE ha dichiarato che i capitali rimborsati dai titoli in scadenza saranno reinvestiti nello stesso paese in cui questi sono maturati. Tuttavia, lo stock di asset sarà progressivamente adeguato per garantire che le partecipazioni obbligazionarie corrispondano più strettamente alle capital key. Questa frase potrebbe essere interpretata come un’indicazione che lo stock di titoli già acquisiti sarà ancora assegnato secondo le vecchie capital key e che, attraverso i reinvestimenti a medio termine, la BCE tenterà di avvicinare le partecipazioni obbligazionarie alle nuove capital key modificate e che quindi la BCE ridurrà gradualmente le sue percentuali di obbligazioni italiane, francesi e spagnole dal momento che è attualmente “sovra-pesata” in tutte e tre le obbligazioni.Relativamente alla valutazione della congiuntura economica, durante la conferenza stampa, il Presidente Draghi, ha dichiarato che la valutazione dell’economia “rimane fiduciosa ma sta aumentando la cautela“: la BCE rimane fiduciosa sulla convergenza dell’inflazione verso l’obiettivo a medio termine, nonostante “i nuovi dati in arrivo siano stati più deboli del previsto, riflettendo una domanda esterna più debole, ma anche alcuni fattori specifici per singolo paese e settore”. Invece, relativamente al ciclo economico la lettura è ancora positiva, ma più prudente, e giustificata dalla forza sottostante la domanda interna. La valutazione dei rischi per le prospettive di crescita resta bilanciata, ma i rischi si stanno spostando verso il basso a causa di “incertezze legate a fattori geopolitici, alla minaccia del protezionismo, alla vulnerabilità nei mercati emergenti e la volatilità dei mercati finanziari rimane preminente”. In questo contesto secondo il CD “è ancora necessario un significativo stimolo monetario”, che sarà concesso attraverso una reinfoced forward guidance sui tassi di interesse e la politica di reinvestimento.

Durante la conferenza stampa sono state pubblicate inoltre le nuove stime dello staff, estese al 2021: la BCE prevede un rallentamento per il 2018 e il 2019 – rispetto alle stime di settembre – a 1,7% nel 2019 e 2020 e una stabilizzazione a 1.5% nel 2021. L’inflazione dovrebbe rallentare nel 2019 (da1.8% del 2018 a 1.6% nel 2019), per poi tornare a crescere nei due anni successivi (1.7% nel 2020 e 1.8% nel 2021). Le previsioni su entrambi i parametri sono al di sopra delle aspettative di consenso.

Durante la sessione di Q&A il Presidente Draghi ha confermato che il CD è consapevole degli effetti sui vincoli di liquidità del ridursi della duration dei fondi in BCE e che è stato menzionato da alcuni membri del CD la possibilità di introdurre nuove aste di liquidità (più o meno condizionate al prestito all’economia), che dal 2008 sono condotte ad assegnazione piena, ma nessuna decisione è stata comunicata e, pertanto, l’annuncio è stato rimandato al primo trimestre 2019.

 

 

SETTIMANA TRASCORSA

EUROPA: indici PMI dell’Area Euro ancora deludenti a dicembre

La produzione industriale di ottobre è aumentata dello 0.2% m/m (consenso 0.1% m/m, valore precedente -0.3% m/m). L’aumento sarebbe stato maggiore se non fosse stato per il calo dell’1,7% della produzione di energia, che tende ad essere molto volatile da un mese all’altro. Inoltre, la produzione di beni capitali (che include le auto) è aumentata dell’1,0% m/m, indicando che le recenti interruzioni della produzione automobilistica hanno continuato ad attenuarsi e che i produttori di automobili stanno superando i colli di bottiglia causati dalle nuove normative sulle emissioni. Dopo questo aumento, anche se la produzione industriale totale rimarrà invariata a novembre e dicembre, assisteremo ad un aumento in T4 dopo la contrazione di T3. In calo a dicembre l’indice PMI nell’Area Euro, guidato principalmente dal brusco calo in Francia, suggerendo che le proteste dei “gilets jaunes” hanno avuto un effetto marcato. L’indice per l’intera Area è sceso a 51.3 a dicembre dal 52,7 di novembre e al di sotto del consenso pari a 52,8. Pur avendo a disposizione una scomposizione limitata dell’indice a livello nazionale, questa ha mostrato un indice poco variato in Germania, mentre l’indice francese è crollato da 54,2 di novembre al minimo di 34 mesi pari a 49,3. Gran parte del calo in Francia è dovuto alla riduzione dell’indice dei servizi, che è coerente con l’idea che sia stato in gran parte dovuto alle proteste che hanno sconvolto il commercio al dettaglio e il turismo.

USA: inflazione stabile a novembre

Il CPI a novembre è rimasto invariato su base mensile (2,2% a/a), sulla scia del calo di -2,2% m/m dell’energia (benzina -4,2% m/m), più che controbilancia dall’aumento del 0,2% m/m degli alimentari e dell’indice core. Il CPI core è aumentato di 0,2% m/m (2,2% a/a). L’aumento di 0,2% m/m dei beni core è il risultato di incrementi significativi in alcuni comparti (auto usate 2,4% m/m, prodotti sanitari 0,4% m/m, farmaci 0,5% m/m) e della debolezza in altri comparti (auto nuove stabili, abbigliamento -0,9% m/m, dopo due mesi positivi). I servizi ex-energia registrano un aumento moderato (0,2% m/m), con contributi misti dai diversi segmenti: rialzi per le abitazioni (0,3% m/m, con gli affitti in accelerazione a +0,4% m/m), sanità (+0,4% m/m), servizi ricreativi (+0,5% m/m), correzioni per le tariffe aeree (-2,4% m/m), assicurazione auto (-0,5% m/m), trasporti pubblici (-0,3% m/m), istruzione e comunicazione (-0,4% m/m, per via di un calo di -2,2% m/m delle tariffe della telefonia mobile). Il rallentamento dell’inflazione headline è da attribuire al calo del prezzo del petrolio. Per l’inflazione core si mantiene il trend di variazioni mensili vicine a 0,2% m/m, senza segnali di pressioni verso l’alto. A novembre i prezzi all’import sono stati più deboli delle attese, con un calo di -1,6% m/m (consenso: -1% m/m), dopo +0,5% m/m di ottobre. La contrazione è in larga parte dovuta al crollo del prezzo del petrolio. Tuttavia l’apprezzamento del cambio e la debolezza dei prezzi delle altre materie prime ha esercitato un freno anche sui prezzi al netto del petrolio, in calo di -0,3% m/m.

ASIA: La crescita delle esportazioni della Cina rallenta notevolmente La crescita delle esportazioni di novembre è rallentata sensibilmente al 5,4% a/a (consenso 10.0%, mese precedente 15,6% di ottobre). Questo rallentamento è in linea con la considerazione che la forte crescita delle esportazioni nei mesi precedenti ha rispecchiato il fatto che le imprese hanno cercato di anticipare l’aumento tariffario che era programmato per il 1° gennaio (che è stato successivamente ritardato al 1° marzo). La crescita delle importazioni è rallentata a 3,0% m/m (consenso 14.5% m/m, valore mese precedente 21,4% di ottobre) coerentemente con le letture ufficiali del PMI manifatturiero, che hanno mostrato i nuovi ordini di importazione in contrazione negli ultimi mesi. La crescita della produzione industriale è rallentata al 5,4% a/a in novembre (consenso e valore del mese precedente 5,9%). La maggior parte delle principali categorie di prodotti ha contribuito negativamente, con le auto in particolare che hanno registrato un calo marcato, pari a 16,7%. Anche le vendite al dettaglio sono rallentate ulteriormente in novembre in termini nominali, aumentando dell’8,1% a/a (consenso: 9,0%, valore precedente l’8,6% a ottobre) il minimo tasso di crescita dal 2003, accelerando lievemente in termini reali (5,8% a/a vs 5,6% in ottobre) grazie al calo dell’inflazione, ma rimanendo comunque sui minimi della serie. Gli investimenti fissi nominali hanno registrato invece una marginale accelerazione, salendo del 5,9% cum. a/a in novembre rispetto al 5,7% a/a in ottobre, grazie alla stabilità degli investimenti del settore immobiliare (9,7% a/a) e delle infrastrutture (3,7% a/a) e all’accelerazione degli investimenti nel settore minerario e del manifatturiero (+9,5 % cum. a/a) che prosegue ininterrotta da inizio anno. In Giappone, il PIL di T3 è stato rivisto al ribasso con una contrazione annualizzata del 2,5% t/t, moderatamente inferiore all’1,9% di consenso e si confronta con la prima stima preliminare dell’1,2%. I dati di dettaglio hanno confermato una drastica revisione al ribasso degli investimenti fissi non residenziali privati. Indicazioni positive sono arrivate dalla survey BOJ Tankan, che ha riportato una fiducia delle imprese migliore del previsto, ma che fornisce indicazioni deboli per T4: L’indice delle grandi imprese manifatturiere è stabile a 19 (consenso: 18), ma le aspettative registrano una correzione a 15. Questo è il primo segnale di stabilizzazione dell’indice coincidente, che è calato ininterrottamente dal picco di 25 a dicembre 2017. I fattori temporanei di freno dell’economia di quest’estate (terremoto e alluvioni) sono rientrati, ma, come evidente dal calo dell’indice aspettative, sulle imprese pesano i timori per i temi più duraturi, cioè l’indebolimento della domanda estera e le tensioni sui dazi fra USA e Cina. Per le grandi imprese non manifatturiere, l’indice corrente aumenta a 24 da 22, contro attese di un calo a 21, mentre le aspettative correggono a 20, con indicazioni più positive rispetto al manifatturiero sulla scia di un periodo di stabilità nel non manifatturiero in vigore da inizio 2017.

PERFORMANCE DEI MERCATI
MERCATI AZIONARI

Settimana altalenante per gli indici azionari. I listini europei si sono rivelati i migliori della settimana, sulla scia della revisione del target di deficit da parte del governo italiano (il rapporto deficit/pil è stato rivisto a ribasso da 2.4% al 2.04%) e del voto di fiducia al Premier Theresa May. Duecento parlamentari britannici hanno confermato la fiducia al Premier (contro 117 contrari), riconfermando, così, il suo ruolo come negoziatrice sui contenuti dell’accordo di divorzio con l’EU. UK chiede al Consiglio Europeo garanzie su fatto che il back-stop non abbia una illimitata, in modo da rassicurare i Brexiters e gli unionisti nord-irlandesi. L’UE dal canto suo ha fatto sapere tramite il primo ministro olandese che non verranno inserite clausole di tempo e soprattutto che non saranno poste ulteriore garanzie formali sull’attuale proposta. Si sono allentate anche le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina: l’amministrazione Trump sta ufficializzando la sua decisione di ritardare fino al 1 marzo un aumento delle tariffe sui beni cinesi pari a $ 200 miliardi al 25% dal 10%. Tuttavia, l’ultima retorica degli Stati Uniti ha sottolineato che il progresso raggiunto rimane ancora insufficiente ed alcuni funzionari dell’amministrazione Trump hanno segnalato che Pechino dovrà fare di più per porre fine alla guerra tariffaria. Deboli i mercati asiatici, con il sell-off odierno originatosi dopo che il dato sulla produzione industriale e le vendite al dettaglio cinesi di novembre, che hanno rafforzato le preoccupazioni per il rallentamento dell’economia cinese.

 VIEW STRATEGICA   

I fondamentali macroeconomici sono solidi, la crescita rallenterà nel 2019 matenendosi però sopra il potenziale nelle principalia aree geografiche. Restiamo positivi sul comporta azionario, anche se tatticamente, alla luce dell’accentuarsi di fattori di rischio, legati alle minacce di protezionismo US e all’aumento dell’incertezza politica in Europa, riteniamo opportuno ridurre marginalmente l’esposizione azionaria a favore di attivi denominati in USD.

 

MERCATI DEI TITOLI DI STATO

Il mercato obbligazionario statunitense resta guidato dall’evoluzione dello scenario macroeconomico ora che la Federal Reserve si prepara ad alleggerire/abbandonare la forward-guidance e diventare maggiormente data-dependent. La conseguente rimodulazione delle aspettative di mercato sul ritmo di rialzi che la Federal Reserve deciderà di tenere il prossimo anno si riflette sui tassi a lungo termine con il rendimento dei titoli decennali, che dopo aver toccato un massimo sopra il 3,20% a metà novembre, scambia sotto il 2.9%. In attesa del meeting della settimana prossima del FOMC, che dovrebbe alzare il costo del denaro di altri 25 punti base (rimodulare il dot-plot), il mercato prezza una probabilità del 70% questo rialzo dei tassi. Ulteriore input al risk-off, poi, è arrivato questa settimana dalla conferenza stampa dovish della BCE, che ha riconosciuto come i rischi per la crescita si stiano spostando verso il basso ma ha contestualmente ribadito che la BCE manterrà una politica estremamente accomodante anche dando maggiori indicazioni sulla politica dei reinvestimenti, con il bilancio che resterà sui livelli attuali per un lungo periodo di tempo anche dopo il primo rialzo dei tassi (cfr. il punto della settimana) e dai dati deludenti nell’Area Euro e in Cina, che alimentano a loro volta i timori di un rallentamento più marcato del ciclo economico.

VIEW STRATEGICA

Ci aspettiamo una maggior pressione al rialzo sui tassi di interesse globali ed esprimiamomuna view neutrale sul comparto governativo statunitense e negativa su quello dell’Area Euro 

 

TASSI DI CAMBIO

Il dollaro scambia attorno al massimo di un mese e mezzo, sostenuto da un rimbalzo dei rendimenti governativi statunitensi e dalla debolezza della sterlina a sua volta appesantita dalle incertezze legate alla Brexit. L’euro rispetto al dollaro si è indebolito sulla scia del tono dovish della conferenza stampa di Mario Draghi (i maggiori rischi per la crescita economica sottolineati dalla BCE rendono lo scenario di rialzo dei tassi meno probabile o perlomeno più lontano) e dei dati deboli del PMI di dicembre. Analogo movimento per l’euro/yen che si porta di nuovo sotto quota 129.

 VIEW STRATEGICA

Riteniamo che le dinamiche commerciali e la rimodulazione delle attese future da parte della Fed guideranno il rafforzamento del dollaro fino alla fine dell’anno. La normalizzazione della politica monetaria si sta muovendo a ritmi diversi tra le banche centrali e i mercati hanno rimodulato le aspettative di politica monetaria. La Fed procede il suo percorso di rialzo del costo del denaro muovendosi verso la neutralità, mentre la BCE manterrà i tassi invariati fino all’estate 2019, terminando gli acquisti netti da dicembre dell’anno in corso e la Banca del Giappone ha lasciato la sua politica invariata ma ha rivisto al ribasso le stime sull’inflazione. Si è, dunque, ampliata la divergenza delle politiche monetarie. 

MATERIE PRIME

Ancora debole il prezzo del petrolio a causa dell’incertezza circa l’effettiva efficacia dei tagli alla produzione sul livello di surplus presente nel mercato. I dati del DEO hanno mostrato un’estrazione di greggio settimanale superiore al consenso e ai dati riportati da API, alimentando i timori di un eccesso di offerta. Gli stock sono diminuiti per la seconda settimana consecutiva, ma il dato complessivo si mantiene al di sopra della media degli ultimi 5 anni.

Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da una maggiore volatilità sui mercati azionari, in cui fasi di sell-off e di rimbalzo si sono alternate con maggiore rapidità. Il fatto che i rischi geo-politici e la minaccia sulla crescita rimangano sullo sfondo è prezzato nelle opzioni sui principali mercati azionari.

 VIEW STRATEGICA

Ciclo economico solido e tensioni politiche nei paesi produttori suggeriscono un consolidamento del prezzo del petrolio da questi livelli.         

 

LA PROSSIMA SETTIMANA: quali dati?

  • Europa: il focus sarà sulle indagini nazionali di dicembre (IFO, tedesco, indice INSEE francese e indice di fiducia per famiglie ed imprese in Italia).
  • Stati Uniti: la settimana ha diversi dati in uscita (vendite di case esistenti, nuovi cantieri, PCE e reddito personale), ma il focus sarà sulla riunione del FOMC.

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