2 Dicembre 2021

La responsabilità civile dei membri del collegio sindacale

di Emanuel Monzeglio
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La scheda di FISCOPRATICO

La responsabilità dei sindaci è un tema alquanto delicato considerato l’importante ruolo che essi svolgono in qualità di “controllori”. È bene ricordare come questi ultimi possano essere chiamati in causa per l’accertamento della loro responsabilità sia dal punto di vista civile che da quello penale.

La responsabilità civile del collegio sindacale, come ben noto, è disciplinata dall’articolo 2407 cod. civ. in rapporto al contenuto effettivo dell’incarico, ovvero l’articolo 2403 cod. civ., il quale prevede che i sindaci hanno il dovere di vigilare “sull’ osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e dal suo concreto funzionamento”. La conseguenza diretta è che il collegio sindacale nell’espletamento dei suoi doveri, dovrà porre un’attenzione particolare anche alla “protezione” del patrimonio sociale da eventuali comportamenti distrattivi commessi dall’organo amministrativo.

La conferma di ciò si trova nell’articolo 2406 cod. civ., che assegna al collegio sindacale la possibilità di convocare l’assemblea – previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione – qualora “nell’espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere”. È possibile, altresì, far ricorso alla denunzia al Tribunale, ai sensi dell’articolo 2409 cod. civ..

Entrando nel merito dell’articolo 2407 cod. civ., si evince come i membri del collegio sindacale “devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio” e, inoltre “sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”.

L’ultima frase del secondo comma del citato articolo riveste un’importanza fondamentale per la giurisprudenza ai fini dell’imputazione dell’eventuale responsabilità dei sindaci. Infatti, secondo la giurisprudenza di merito, in particolare secondo la Corte di Cassazione, sentenza n. 21566/2017, è sufficiente “che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non adempiere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all’assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunziando i fatti al Pubblico Ministero, in quanto può ragionevolmente presumersi che il ricorso a siffatti rimedi avrebbe potuto essere idoneo ad evitare (o, quanto meno, a ridurre) le conseguenze dannose della condotta gestoria”.

Concetto ribadito, in ultimo, anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 21662/2018. In questo caso, i sindaci nel proporre ricorso ribadivano come essi non hanno nessun poter sanzionatorio e repressivo, ma possono solamente rilevare “i fatti gestori riscontrati nella relazione al bilancio”, facendo leva sul fatto che, all’epoca dei fatti, non sussisteva ancora il potere di denunzia al Tribunale.

I giudici di legittimità hanno ribadito per l’ennesima volta, richiamando anche giurisprudenza datata, i doveri di controllo a cui sono “obbligati” i membri del collegio sindacale, ai sensi dell’articolo 2403 e ss. cod. civ.. Nello specifico la segnalazione all’assemblea delle irregolarità di gestione riscontrate e, ove ne ricorrano gli estremi, la segnalazione al pubblico ministero per consentigli di formulare la richiesta ai sensi dell’articolo 2409 codice civile.

Invero, l’attività di controllo da parte dei sindaci deve essere estesa a tutta l’attività sociale con funzione di tutela per l’interesse sia dei soci sia dei creditori sociali, non solo con il mero controllo formale e documentale ma con il potere-dovere di “chiedere notizie sull’andamento generale e su specifiche operazioni, operando attivamente per mutare condotte reputate non conformi alla legge” (cfr. Cassazione, n. 5287/1998).

Si può affermare, quindi, che esiste una doppia responsabilità dei membri del collegio sindacale, che rispondono per fatto proprio o per concorso omissivo al dovere di controllo sugli amministratori. Infatti, l’inosservanza del dovere di vigilanza comporta la responsabilità dei sindaci, laddove non abbiano rilevato una rilevante violazione altrui o non abbiano adeguatamente e tempestivamente reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità (cfr. Cassazione, n. 31204/2017). Per la configurazione della responsabilità, deve altresì sussistere il nesso di causalità tra la condotta omissiva dei sindaci ed il danno.

Ne consegue che, a fronte di iniziative contrarie alla legge da parte degli amministratori, i sindaci che non pongono con tempestività tutti gli atti possibili – a loro attribuitagli dalla legge – per pretendere da quest’ultimi le azioni correttive necessarie, concorrono con l’illecito civile commesso dall’organo amministrativo per omesso esercizio dei loro poteri-doveri.