10 Novembre 2023

La nuova residenza delle società abbandona l’oggetto dell’attività

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 73, comma 3, Tuir, disciplina la residenza delle società di capitali, degli enti commerciali e degli enti non commerciali. Invero, tale articolo disciplina, altresì, la residenza delle società di persone e delle associazioni professionali, visto il rimando contenuto nell’articolo 5, comma 3, lett. d), Tuir.

Ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.

I tre criteri devono considerarsi come alternativi e devono essere verificati per la maggior parte del periodo di imposta.

Il criterio della sede legale risulta generalmente legato ad un dato formale, mentre il criterio alternativo della sede dell’amministrazione risulta ancorato a criteri più sostanziali.

Un aspetto problematico della disciplina italiana, tuttavia, è rappresentato dall’ulteriore criterio dell’oggetto dell’attività, la cui declinazione concreta non appare sempre agevole, ma che, tuttavia, ha ottenuto un importante chiarimento nella circolare n. 48/E/2007 in tema di fiscalità del trust.

Si deve tener presente che i criteri di residenza del trust sono gli stessi delle società, essendo il trust stesso inserito tra gli enti commerciali o gli enti non commerciali, di cui all’articolo 73, Tuir.

Nel caso del trust, l’assenza della sede legale porta a ritenere che gli unici criteri applicabili siano quello della sede dell’amministrazione e dell’oggetto dell’attività.

Ebbene, la circolare n. 48/E/2007 precisa che “il secondo criterio (l’oggetto principale) è strettamente legato alla tipologia di trust. Se l’oggetto del trust (beni vincolati nel trust) è dato da un patrimonio immobiliare situato interamente in Italia, l’individuazione della residenza è agevole; se invece i beni immobili sono situati in Stati diversi occorre fare riferimento al criterio della prevalenza. Nel caso di patrimoni mobiliari o misti l’oggetto dovrà essere identificato con l’effettiva e concreta attività esercitata.”.

In ipotesi di patrimoni mobiliari l’indicazione non risulta del tutto chiara e di univoca interpretazione.

Tuttavia, in ipotesi di beni immobili, la precisazione non dà adito a dubbi: l’ubicazione dell’oggetto dell’attività coincide, in sostanza, con il luogo in cui sono ubicati gli immobili.

Questo chiarimento può essere mutuato anche per le società e si può, quindi, affermare che una società estera, ancorché avente la sede legale e la sede dell’amministrazione all’estero, potrebbe risultare fiscalmente residente in Italia, se il suo patrimonio è interamente o prevalentemente costituito da beni immobili situati nel nostro Stato.

La questione potrebbe essere risolta agevolmente applicando le Convenzioni contro le doppie imposizioni che, generalmente, fanno prevalere il criterio del place of effective management.

Tuttavia, il punto 25 del Commentario Ocse, all’articolo 4, relativamente alle osservazioni sull’articolo, segnala che l’Italia mantiene l’opinione che il luogo, in cui la principale sostanziale attività della società è svolta, deve comunque essere presa in considerazione nel determinare il place of effective management.

Ragionevolmente l’osservazione portava a ritenere che l’Italia volesse comunque considerare l’ubicazione dell’oggetto dell’attività, quale criterio imprescindibile per valutare la residenza fiscale.

Al riguardo, dobbiamo tuttavia segnalare come questa osservazione sia stata espunta nel Commentario 2017. L’oggetto dell’attività, inoltre, sparisce anche dal nuovo comma 3, dell’articolo 73, Tuir, così come proposto nella bozza di Decreto legislativo che sta circolando in questi giorni.

La nuova norma, infatti, stabilisce che: “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale.”.

Al criterio della sede legale o della sede di direzione effettiva si affianca, ora, quello della gestione ordinaria in via principale, che non collima perfettamente con il vecchio criterio dell’ubicazione dell’oggetto dell’attività. La norma, inoltre, prevede espressamente che per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso” mentre per gestione ordinaria si intende “il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso”.

Ebbene, potrà a questo punto accadere che una società estera con solo immobili in Italia possa essere considerata società non residente sul presupposto di avere ovviamente:

  • la sede legale all’estero;
  • la sede dell’amministrazione all’estero sia come luogo di assunzione delle decisioni strategiche, sia come luogo di gestione ordinaria.

È il caso, infine, di ricordare come nel caso di trust la sede legale sia priva di pregio per cui rimarrà la decisione strategica e corrente che, alla fine, saranno localizzate ragionevolmente nel paese di residenza del trustee.