22 Maggio 2023

La decadenza dall’accertamento dei componenti reddituali pluriennali

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

Le SS.UU. della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8500/2021, hanno stabilito che in caso di contestazione di un componente di reddito “ad efficacia pluriennale per ragioni concernenti “il fatto generatore ed il presupposto costitutivo di esso”, la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dalla potestà di accertamento deve essere verificata facendo riferimento al termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato e non a quello concernente il periodo di imposta nel quale il detto componente è maturato o è stato iscritto per la prima volta in bilancio.

In particolare, nella suddetta sentenza è stato rilevato che la questione in esame “investe una casistica ampia e di notevole riscontro pratico, caratterizzata dalla rilevanza pluriennale di determinati componenti reddituali; cioè di elementi economici e patrimoniali che, per quanto emersi e consolidatisi nella loro genesi causale sostanziale in una determinata annualità d’imposta, sono tuttavia dalla legge fiscale ammessi a produrre effetti sulla formazione della base imponibile di annualità successive, eventualmente anche molto lontane da quella di origine”.

Le stesse SS.UU. della Cassazione hanno evidenziato l’ampiezza delle ricadute pratiche del principio di diritto sopra ricordato, che può riguardare, ad esempio, i casi:

  • del riporto in avanti delle perdite di esercizi pregressi;
  • delle quote di ammortamento di beni materiali e immateriali;
  • delle sopravvenienze attive rateizzabili;
  • dei c.d. bonus riconosciuti, ad esempio, mediante: le detrazioni decennali per rate costanti di quota delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio; la detrazione quinquennale in rate costanti delle spese affrontate per l’efficientamento energetico degli edifici (c.d. Superbonus 110%); il riconoscimento pluriennale di crediti d’imposta, come quelli per attività di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica e digitale, suscettibili di essere fatti valere in compensazione in quote annuali di pari importo a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello di maturazione.

La Corte ha, quindi, sancito il seguente principio di diritto: “nel caso di contestazione di un componente di reddito ad efficacia pluriennale per ragioni diverse dall’errato computo del singolo rateo dedotto e concernenti invece il fatto generatore ed il presupposto costitutivo di esso, la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dalla potestà di accertamento va riguardata, ex articolo 43 d.p.r. n. 600/73, in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato, non già in applicazione del termine per la rettifica della dichiarazione concernente il periodo di imposta nel quale quel componente sia maturato o iscritto per la prima volta in bilancio”.

Il detto principio è stato applicato dalla Cassazione anche in altri casi, diversi da quelli sopra ricordati e che non riguardano i componenti di reddito “ad efficacia pluriennale” intesi in senso stretto.

Ad esempio, è stato stabilito, nella sentenza n. 18370/2021, che la restituzione di un finanziamento in favore dei soggetti partecipanti, ritenuto dall’A.F. come una posta fittizia dello stato patrimoniale perché frutto di ricavi occultati e non contabilizzati dalla società, può essere legittimamente contestato anche in riferimento al solo periodo d’imposta in cui sia avvenuta la retrocessione, nonostante il fatto generatore, ovvero la formazione e l’incremento di queste somme, sia avvenuto in un momento per il quale è scaduto il termine decadenziale.

Nella successiva ordinanza n. 394/2022 è stato affermato che, qualora l’A.F. contesti l’insussistenza di una posta passiva iscritta in bilancio, è onere del contribuente dimostrarne l’esistenza, l’ammontare e l’inerenza, “senza che rilevi l’eventuale inerzia dell’Ufficio relativamente alla dichiarazione resa per i periodi d’imposta precedenti, contenente la medesima posta, stante l’autonomia di ciascun periodo ai fini dell’esercizio del potere impositivo, tale per cui il termine decadenziale va valutato con riferimento al periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione rettificata.

In merito a tale orientamento della giurisprudenza di legittimità si osserva che le argomentazioni formulate nella motivazione della sentenza a SS.UU. in esame appaiono senz’altro ben motivate sotto il profilo giuridico.

Tuttavia, le conseguenze cui si perviene sulla base del richiamato principio di diritto appaiono difficilmente condivisibili.

Come ricordato nella detta sentenza, quello in base al quale il contribuente non può restare esposto all’azione esecutiva del Fisco per termini eccessivamente dilatati è “un principio basilare di civiltà giuridica che si fa al contempo carico sia dell’interesse generale alla stabilizzazione, entro un termine ragionevole, del rapporto giuridico tributario ed alla correlativa certezza delle entrate erariali, sia del diritto del contribuente di non essere lasciato per un tempo indeterminato, o comunque eccessivamente lungo (quale può essere quello decennale di prescrizione), sostanzialmente in balìa delle iniziative recuperatorie del Fisco.

È compito dell’Amministrazione finanziaria controllare la correttezza, ai fini contabili e fiscali, di tali operazioni “iniziali” e a tal fine la stessa dispone di tutto il tempo per provvedere, nel rispetto dell’ordinario termine di decadenza.