26 Gennaio 2022

La condizioni per la disapplicazione della CFC

di Marco Bargagli
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Come noto, l’obiettivo principale della disciplina delle CFC è quello di arginare un fenomeno di elusione fiscale internazionale conosciuto tra gli addetti ai lavori come “tax deferral”, ossia la produzione di redditi in Paesi a bassa fiscalità evitandone la distribuzione sotto forma di dividendi o di utili.

Il fenomeno elusivo in rassegna si realizza quando talune imprese residenti in Italia costituiscono società controllate in Paesi a fiscalità privilegiata per finalità non realmente connesse alla propria attività produttiva.

Di conseguenza, salvo la rilevanza delle esimenti previste dalla Legge, che consentono la disapplicazione della disciplina in rassegna, i redditi conseguiti dal soggetto estero controllato vengono imputati per trasparenza in capo alla società residente sul territorio dello Stato.

Quindi la CFC legislation, in un’ottica marcatamente antielusiva:

  • ha l’obiettivo di garantire “l’effettività sostanziale” della società o ente non residente controllato, a tutela e vantaggio non solo delle ragioni erariali, ma anche di quei contribuenti residenti che, per effettive ragioni commerciali, geografico-logistiche o strategiche, investono in Stati o territori con regimi fiscali più favorevoli (cfr. Agenzia delle entrate, circolare 51/E/2010);
  • dispone un regime di tassazione per “trasparenza”, in capo al socio residente in Italia, dei redditi realizzati dalle sue controllate estere, indipendentemente dalla effettiva percezione degli stessi.

Ciò posto, giova ricordare che per espressa disposizione normativa (articolo 167, comma 5, Tuir) è prevista una specifica condizione esimente che consente di disapplicare la normativa in rassegna.

In particolare, la tassazione dei redditi esteri non si applica qualora il soggetto residente in Italia dimostra che il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.

Importanti chiarimenti in ordine alla rilevanza della esimente citata, sono recentemente intervenuti da parte dell’Agenzia delle entrate con la recente circolare 18/E/2019.

Il citato documento di prassi anzitutto precisa che il legislatore nazionale, in linea con quello europeo, richiede comunque che l’attività sia «sostenuta da personale, attrezzature, attivi e locali», ossia da una struttura che presenti una consistenza economica adeguata all’attività svolta.

La predetta “consistenza economica adeguata all’attività svolta” vale anche per quelle entità che non svolgono un’attività propriamente commerciale, alle quali è comunque richiesta una presenza adeguata alle funzioni poste in essere.

Il citato documento di prassi si riferisce, in particolare, a quelle attività che non necessitano di una struttura organizzativa particolarmente complessa, come le holding o le società che gestiscono attivi immobilizzati senza svolgere alcuna attività di stampo industriale o commerciale.

In relazione a tali soggetti, prosegue la circolare, l’esimente non può essere riconosciuta in presenza di una struttura organizzativa priva di effettiva attività e di una reale consistenza (ad esempio, laddove il personale, i locali e le attrezzature risultino messi a disposizione da società domiciliatarie attraverso contratti di management service) e, in concreto, senza autonomia decisionale se non dal punto di vista formale.

In tal senso, l’Agenzia delle entrate pone alcune importanti precisazioni:

  • una società estera controllata risulta da assoggettare a tassazione qualora questa non sia in grado di svolgere autonomamente le attività che generano i propri profitti;
  • per le entità estere svolgenti tali attività non è preclusa la dimostrazione della circostanza esimente, anche se la prova dello svolgimento di attività economica effettiva deve essere resa dal soggetto controllante residente in Italia facendo riferimento a determinati “indici di artificiosità”, già peraltro individuati dalla citata circolare 51/E/2010 in relazione alla previgente disciplina CFC con riferimento alle attività c.d. immateriali.

Ad ogni modo, la dimostrazione dell’esimente prevista dall’articolo 167, comma 5, Tuir richiede la disponibilità di un adeguato set documentale, da produrre in sede di interpello o controllo.

In merito, negli allegati n. 4 e 5 alla circolare, viene indicato un elenco esemplificativo dei documenti da produrre ai fini della rilevanza della suddetta esimente, come di seguito indicato.

Fattispecie Documenti
 
 
 
Elementi validi per la generalità delle imprese che svolgono un’attività commerciale genericamente considerata
 
 
(ALLEGATO N. 4)
 
 
 
 
 
–        bilancio della società estera relativo all’esercizio cui l’istanza si riferisce, corredato, ove disponibile, della relativa certificazione. Nel caso in cui la redazione del bilancio di esercizio non sia prevista come obbligatoria ai sensi della legislazione dello Stato o territorio estero di localizzazione, tale documento contabile va, comunque, presentato ai fini in esame e, pertanto, redatto su base volontaria;
– prospetto descrittivo della struttura organizzativa e delle concrete modalità operative della società estera;
– contratti di locazione degli immobili adibiti a sede degli uffici e dell’attività;
– contratti di lavoro dei dipendenti che indicano il luogo di prestazione dell’attività lavorativa e l’adeguatezza delle mansioni svolte in relazione alle funzioni esercitate e ai rischi assunti;
– conti correnti bancari aperti presso istituti locali;
– estratti conto bancari che diano evidenza delle movimentazioni finanziarie relative alle attività esercitate;
– copia dei contratti di assicurazione relativi a dipendenti e uffici;
– autorizzazioni sanitarie e amministrative relative all’attività e all’uso dei locali;
 
 

 

Fattispecie Documenti
 
 
 
Elementi validi per la generalità delle imprese che svolgono un’attività commerciale genericamente considerata
 
 
 
 
–  prospetto con la composizione dell’organo amministrativo della società estera (numero, identità e residenza degli amministratori, eventuali altre cariche dai medesimi ricoperte all’interno del gruppo e la loro idoneità all’attività svolta);
– copia delle fatture delle utenze elettriche e telefoniche relative agli uffici e agli altri immobili utilizzati, che siano rappresentative dei consumi effettuati nel periodo di imposta per il quale si chiede la disapplicazione della normativa CFC;
– descrizione delle operazioni, effettuate nel periodo di riferimento, con parti correlate.

 

Di contro, per le imprese che esercitano l’attività di holding e altre attività finanziarie, occorrerà esibire, a titolo esemplificativo, i seguenti documenti che possono attestare:

  • la descrizione delle funzioni effettivamente esercitate dalla controllata estera, nonché degli asset utilizzati e dei rischi assunti. Gli asset, in particolare, vanno descritti in termini di rendimento, livello di rischio e liquidità;
  • l’indicazione del personale idoneo allo svolgimento delle funzioni e all’assunzione dei rischi;
  • la descrizione dei rapporti economico-finanziari della società estera con le altre società del gruppo, dove si specifichi, in particolare, la consistenza e la tipologia delle operazioni, attive e passive, poste in essere con le stesse nel periodo di riferimento;
  • l’indicazione dell’entità delle componenti di reddito “tipiche” in relazione all’attività esercita dalla società estera e confronto tra tale dato e quello ricavabile dal bilancio della controllante residente;
  • l’analisi di bilancio della società estera con evidenziazione degli indicatori di redditività del capitale proprio e di quello totale investito, e confronto con quelli della controllante residente.

Infine, a parere dell’Agenzia delle entrate, l’autonomia dell’organo decisionale (generalmente il consiglio di amministrazione) potrebbe essere evidenziata, a titolo esemplificativo attraverso:

  • i verbali del consiglio di amministrazione in cui gli amministratori non si limitano a ratificare decisioni prese dalla capogruppo attraverso “shareholders resolution” unilaterali);
  • il sistema di deleghe e i relativi poteri attribuiti al consiglio di amministrazione;
  • la circostanza che gli amministratori non siano a loro volta dipendenti di società di mera “domiciliazione”;
  • la qualificazione professionale e un livello di seniority degli amministratori coerente con le funzioni svolte, così come l’attribuzione di una remunerazione adeguata.