15 Febbraio 2017

Interpello nuovi investimenti nella risoluzione 4/E/2017

di Luigi Ferrajoli
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Con la risoluzione 4/E/2017, la Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate ha fornito la prima risposta a seguito di un interpello sui “nuovi investimenti”, procedura recentemente introdotta dall’articolo 2 del D.Lgs. 147/2015 anche conosciuto come “decreto internazionalizzazione”.

Com’è noto, tale decreto ha introdotto una nuova tipologia d’interpello, diversa da quelle contemplate nell’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente, attraverso cui il soggetto che intenda effettuare in Italia rilevanti investimenti può rivolgersi all’Agenzia delle Entrate allo scopo di conoscerne preventivamente il parere in merito al corretto trattamento fiscale del piano di investimenti e delle operazioni pianificate.

Occorre premettere che, con specifico riferimento alla nozione d’investimento, l’articolo 1, comma 1, lett. c) del decreto attuativo del D.Lgs. 147/2015 definisce come “progetto di investimento nel territorio dello Stato, (…) qualsiasi progetto di realizzazione di un’iniziativa economica avente carattere duraturo, nonché di ristrutturazione, ottimizzazione od efficientamento di un complesso aziendale già esistente, e di iniziative dirette alla partecipazione al patrimonio dell’impresa”. In altri termini, vengono ricomprese nel concetto di investimento sia i progetti diretti alla realizzazione di una nuova iniziativa economica che comporti l’immissione di nuova liquidità, sia tutte le operazioni che prevedono l’impiego di risorse finanziarie già disponibili presso l’impresa volte alla ristrutturazione o al potenziamento di una realtà economica già esistente.

Tanto premesso, che affinché sia possibile attivare la nuova procedura d’interpello, occorre ricordare che gli investimenti nel territorio italiano siano di valore non inferiore ai 30 milioni di euro e che gli stessi comportino l’ampliamento della produzione in Italia con significative ricadute occupazionali.

Con la risoluzione in commento, l’Ufficio è stato chiamato ad esprimere il proprio parere in merito alla possibilità che la creazione di un centro di immagazzinamento – presso lo stabilimento di una società residente – per la distribuzione dei prodotti di una società estera potesse costituire una stabile organizzazione nel territorio dello Stato.

In tema di stabile organizzazione, l’Agenzia delle Entrate ha dunque colto l’occasione per ricordare che ai sensi dell’articolo 5 della Convenzione (Italia-Stato estero in questione) viene definita stabile organizzazione la “sede fissa d’affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività”, tra cui rientrano tutti i locali o le infrastrutture necessarie per l’esercizio dell’attività industriale o commerciale impiegate a tale scopo.

Nel caso di specie, è stato rilevato che il “centro di immagazzinamento e distribuzione in Italia in relazione al quale si chiede di escludere la configurabilità di una stabile organizzazione” dell’impresa estera consisterà nell’impiego di detti locali come deposito ai fini fiscali, ragion per cui è da escludersi che risultino integrati i requisiti per la sussistenza di una sede fissa d’affari.

Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, lett. a) della Convenzione tra Italia e lo Stato estero interessato, è infatti escluso che qualora si faccia uso “di una installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di merci appartenenti all’impresa”, l’attività non è esercitata il tramite di una sede fissa d’affari, ragion per cui affinché, il centro logistico in questione non costituisca stabile organizzazione nel territorio dello Stato, è necessario che tale centro di immagazzinamento svolga unicamente funzioni di deposito per lo smistamento delle merci. Nel confermare le ipotesi proposte dalla società istante, l’Agenzia ha altresì escluso l’integrazione di una stabile organizzazione “personale” posto che nessun potere di concludere contratti verrà conferito a soggetti italiani.

In ultimo, ulteriori interessanti delucidazioni sono state fornite in merito al trattamento IVA delle cessioni che la società non residente effettua nei confronti della società italiana proprietaria dei locali adibiti a deposito. Sul punto, è stato chiarito che per i prodotti finiti e introdotti nel deposito IVA, la società estera dovrà procedere all’estrazione e all’assolvimento dell’IVA secondo le regole dell’articolo 50–bis del D.L. 331/1993, disposizione recentemente riformata dall’articolo 4, comma 7 del D.L. 193/2016.

Nello specifico, è stato evidenziato che le recenti modifiche prevedono che, a decorrere dal 1° aprile 2017, l’IVA dovrà essere assolta mediante versamento diretto e senza possibilità di compensazione ad opera del cessionario in nome e per conto del soggetto che estrae.

Il giudizio di primo grado nel processo tributario