16 Settembre 2022

Indagini finanziarie: onere della prova a carico del contribuente

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

Come noto, nell’ambito di una qualsiasi attività di accertamento tributario, le indagini finanziarie costituiscono uno strumento di grande rilevanza per il contrasto dell’evasione fiscale.

Sotto il profilo procedurale, l’adozione di tale strumento di indagine rientra nella discrezionalità dei verificatori i quali, tuttavia, devono avanzare la pertinente richiesta di autorizzazione finalizzata all’acquisizione di copia dei conti correnti del contribuente.

Giova ricordare che l’autorità competente al rilascio del provvedimento autorizzativo (Direttore Centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate, ossia il Direttore Regionale) ovvero, per il Corpo della Guardia di Finanza, il Comandante Regionale, dovrà esplicitare le motivazioni che inducono i verificatori a ritenere necessario l’avvio dell’indagine bancaria.

In merito, la prassi amministrativa ha indicato le particolari ipotesi al ricorrere delle quali appare opportuno attivare le indagini bancarie, avuto riguardo alla particolare insidiosità e gravità dei fenomeni di evasione da fronteggiare (cfr. Comando Generale della Guardia di Finanza, circolare 1/2008, volume III, parte V – le indagini finanziarie – capitolo 2, pagina n. 26).

In particolare, è auspicabile adottare le indagini finanziarie nei seguenti casi:

  • forme di evasione totale o paratotale;
  • ipotesi di omessa tenuta delle scritture contabili o di loro tenuta in maniera palesemente inattendibile;
  • i casi di frode fiscale e le altre fattispecie penali tributarie;
  • le situazioni di evidente e significativa sproporzione tra le manifestazioni di capacità contributiva e i redditi dichiarati dai contribuenti.

A livello normativo, ai sensi dell’articolo 32, comma 1, n. 2) del D.P.R. 600/1973, gli uffici delle imposte possono invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, anche con riguardo ai rapporti ed alle operazioni bancarie acquisiti da parte dell’Amministrazione finanziaria (ex articolo 32, comma 1, n. 7 del D.P.R. 600/1973).

I dati e gli elementi così acquisiti possono essere posti a base delle rettifiche e degli accertamenti tributari, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine.

Con particolare riferimento al riparto dell’onere della prova, la giurisprudenza di merito e di legittimità si è già pronunciata nel tempo confermando il principio di carattere generale che pone a carico del contribuente ispezionato l’onere di dimostrare che gli accrediti transitati sui propri conti correnti sono poi confluiti nella dichiarazione dei redditi.

A tale fine si evidenziano, a titolo esemplificativo, alcuni precedenti giurisprudenziali:

  • Corte di cassazione, sentenza n. 10578 del 13.05.2011

In presenza di accertamenti bancari, è onere del contribuente dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non devono essere recuperati a tassazione o perché egli ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni o perché non sono fiscalmente rilevanti, in quanto non si riferiscono ad operazioni imponibili;

  • Corte di cassazione, sentenza n. 25502 del 20.11.2011

In tema di verifiche bancarie, l’articolo 32 D.P.R. 600/1973 prevede che l’onere probatorio della pretesa fiscale è soddisfatto mediante il semplice riferimento ai movimenti bancari in entrata e in uscita, rimanendo a carico del contribuente l’onere di dimostrare l’estraneità di detti movimenti alla materia imponibile;

  • Corte di cassazione, sentenza n. 6595 del 15.03.2013; Corte di Cassazione, sentenza n. 20668 del 01.10.2014

L’Ufficio finanziario può legittimamente utilizzare, nell’esercizio dei poteri attribuiti dalla Legge, le risultanze dei conti correnti bancari intestati ai soci, riferendo alla medesima società le operazioni ivi riscontrate, tenuto conto della relazione di parentela tra quelli esistente idonea a far presumere, salvo facoltà di provare la diversa origine delle entrate, la sostanziale sovrapposizione degli interessi personali e societari, nonché ad identificare in concreto gli interessi economici perseguiti dalla società con quelli stessi dei soci;

  • Commissione tributaria regionale Lombardia, sentenza 355/45/2016

Il giudice tributario ha affermato il principio in base al quale i movimenti risultanti dai conti correnti bancari intestati ai soci di una società in nome collettivo a ristretta base familiare possono essere riferiti alla stessa società senza dovere dimostrare ulteriori elementi rispetto al mero legame familiare e societario intercorrente tra i vari soggetti.

 

Più di recente, si cita l’orientamento espresso dalla Corte di cassazione, pervenuto con l’ordinanza n. 24402/2022 pubblicata in data 05.08.2022.

Sullo specifico punto viene confermato il consolidato approccio espresso in apicibus da  parte della Suprema Corte, secondo il quale qualora l’accertamento effettuato dall’Amministrazione finanziaria si basa su verifiche fiscali incentrate sulla disamina dei conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, ex articolo 32 D.P.R. 600/1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

Lo stesso, dovrà dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario” che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale (cfr. ex multis Corte di cassazione, sentenze nn. 22179/2008, 18081/2010, 15857/2016, 4829/2015).

Tale principio vale anche in tema di Iva, al fine di superare la presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle movimentazioni bancarie posta a carico del contribuente dall’articolo 51, comma 2, numero 2, D.P.R. 633/1972.

In definitiva, la presunzione legale relativa della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti (ex articolo 38 D.P.R. 600/1973, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche).

Di contro, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo solo nei confronti dei titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento valgono nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia solo dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti (cfr. Corte di cassazione, sentenza n. 29572/ 2018).