10 Dicembre 2018

In vigore dal 2020 le misure di semplificazione degli scambi intra-UE di beni

di Marco Peirolo
Scarica in PDF

Il Consiglio europeo, il 4 dicembre 2018, ha adottato le “short-term fixes” proposte dalla Commissione europea nei doc. COM(2017) 566 e doc. COM(2017) 568 del 4 ottobre 2017, che faranno da ponte al passaggio al regime Iva definitivo degli scambi intra-UE, in vigore dall’1 luglio 2022.

Le misure approvate, applicabili dall’1 gennaio 2020, sono state volute dallo stesso Consiglio, che nel doc. n. 14257/16 del 9 novembre 2016 ha fornito alla Commissione le linee guida sui miglioramenti delle attuali norme in materia di Iva per le operazioni transfrontaliere.

Le modifiche, contenute nella Direttiva 2018/1910 e nei Regolamenti UE 2018/1909 e 2018/1912, riguardano:

  • la semplificazione e armonizzazione delle norme relative al regime del “call-off stock”;
  • il riconoscimento del numero di identificazione Iva del cessionario quale requisito sostanziale per applicare l’esenzione Iva delle cessioni intra-unionali di beni;
  • la semplificazione delle norme al fine di garantire la certezza del diritto in merito alle vendite “a catena”;
  • la semplificazione e armonizzazione delle norme in materia di prova del trasporto nelle cessioni intra-unionali di beni.

In merito al regime del call-off stock, esistono differenze nella disciplina applicata dagli Stati membri all’accordo di call-off stock nell’ambito del commercio transfrontaliero, che ricorre quando il venditore trasferisce uno stock di beni presso un deposito a disposizione di un acquirente conosciuto situato in un altro Stato membro e tale acquirente diventa il proprietario dei beni all’atto della loro estrazione dal deposito.

Attualmente, per quanto riguarda gli adempimenti collegati allo schema contrattuale in esame, esistono Stati membri che richiedono ai fornitori non residenti di aprire una partita Iva al proprio interno, in quanto qualificano il trasferimento dei beni “senza vendita” come una cessione intra-unionali “per assimilazione”. Per contro, in via di semplificazione, altri Stati membri non richiedono l’apertura della partita Iva, con realizzazione dell’operazione intra-unionale al momento del prelievo dei beni dal deposito.

La soluzione adottata, regolata dal nuovo articolo 17-bis Direttiva 2006/112/CE, consiste nel considerare che il regime di call-off stock dia luogo a un’unica cessione nello Stato membro di partenza e a un acquisto intra-unionale nello Stato membro in cui è situato lo stock. In questo modo, si evita al fornitore di dover essere identificato in ogni Stato membro in cui ha collocato beni in regime di call-off stock.

Per quanto riguarda le modifiche al numero di identificazione Iva negli scambi intra-unionali di beni, la finalità è quella di ribaltare l’attuale orientamento della Corte di giustizia, che considera il possesso del codice identificativo del cliente, al pari della sua iscrizione nell’archivio VIES, come un mero requisito formale, non idoneo a precludere il regime di esenzione previsto per le cessioni intra-unionali in dipendenza dell’imposizione nello Stato membro di destinazione dei beni (si veda, da ultimo, la causa C-21/16, Euro Tyre).

Riguardo alle vendite “a catena”, le difficoltà sono date dall’individuazione dell’operazione alla quale sia imputabile il trasporto intra-unionale, che è l’unica a beneficiare dell’esenzione prevista per le cessioni intra-unionali, secondo il costante orientamento della Corte di giustizia (si veda, ad esempio, causa C-628/16, Kreuzmayr).

In base alla soluzione adottata, contenuta nel nuovo articolo 36-bis Direttiva 2006/112/CE, qualora lo stesso bene sia successivamente ceduto e sia spedito o trasportato da uno Stato membro a un altro direttamente dal primo cedente all’ultimo acquirente nella catena, la spedizione o il trasporto sono imputati unicamente alla cessione effettuata nei confronti dell’operatore intermedio. In deroga a questa regola, la spedizione o il trasporto sono imputati unicamente alla cessione di beni effettuata dall’operatore intermedio se quest’ultimo ha comunicato al cedente il numero di identificazione Iva attribuitogli dallo Stato membro a partire dal quale i beni sono spediti o trasportati.

Infine, le misure di semplificazione riguardanti la prova del trasporto intra-unionale di beni considerano una duplice e distinta situazione, in cui i beni:

  • sono stati spediti/trasportati dal cedente, direttamente o tramite terzi che agiscono per suo conto; ovvero
  • sono stati spediti/trasportati dal cessionario o da terzi per suo conto.

Nel primo caso, si presume che i beni siano stati spediti/trasportati a partire dallo Stato membro di partenza verso lo Stato membro di arrivo qualora il cedente, oltre a certificare che i beni sono stati spediti/trasportati da lui o da un terzo per suo conto, sia in possesso di due documenti non contraddittori fra quelli individuati, che attestano la spedizione/trasporto. Nel secondo caso, invece, si presume che i beni siano spediti/trasportati a partire dallo Stato membro di partenza verso lo Stato membro di arrivo qualora il cedente sia in possesso:

  • di una dichiarazione scritta del cessionario, rilasciata entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione, che attesta che i beni sono stati spediti/trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto, e che identifica lo Stato membro di destinazione dei beni;
  • di due documenti non contraddittori, fra quelli individuati, che attestano la spedizione/trasporto.

In entrambi i casi, le Autorità fiscali possono contestare la presunzione se in possesso di prove sufficienti per dimostrare che i beni non sono stati trasportati a partire dallo Stato membro di partenza verso lo Stato membro di arrivo.

IVA nei rapporti con l’estero tra peculiarità, interrogativi ed opportunità