19 Gennaio 2019

Gli atti compiuti post PVC sono rilevanti per il termine dei 60 giorni?

di Marco Bargagli
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Come noto, l’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, recante disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente prevede che, nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare, entro sessanta giorni, osservazioni e richieste circa i rilievi mossi nel corso del controllo fiscale, che devono essere valutate dagli uffici impositori.

Tuttavia, il termine dilatorio dei 60 giorni decorre dalla data di consegna del processo verbale di constatazione, non assumendo rilevanza le eventuali e successive “attività istruttorie” svolte presso gli uffici dell’Agenzia delle entrate con l’obiettivo di integrare le risultanze della verifica fiscale, precedentemente eseguita nei confronti del soggetto passivo.

Giova a tal proposito ricordare che tale importante principio è stato stabilito dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27732 del 30.10.2018, che ha accolto il ricorso presentato da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Gli ermellini sono stati chiamati a dirimere una controversia sorta in seguito ad una verifica fiscale eseguita nei confronti di un professionista (geometra), a seguito della quale era stato contestato un maggior reddito di lavoro autonomo.

Successivamente, i verificatori avevano integrato il controllo eseguendo in ufficio mirate indagini finanziarie richiedendo, simmetricamente, specifiche giustificazioni al contribuente ispezionato.

L’Agenzia delle entrate ha presentato ricorso davanti la suprema Corte di cassazione avverso alla sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale che aveva accolto l’appello del contribuente, ritenendo sussistente la dedotta violazione dell’articolo 12 L. 212/2000 trattandosi, a parere del giudice del gravame, di un accertamento notificato prima del decorso dei sessanta giorni dalla chiusura delle operazioni di verifica, in assenza di specifiche ragioni di urgenza.

I giudici di piazza Cavour hanno dapprima ripercorso le disposizioni contenute nel citato articolo 12, ricordando che la norma in rassegna deve essere interpretata nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni previsto per l’emanazione dell’avviso di accertamento (decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni) determina, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”.

A parere degli ermellini la sanzione di invalidità dell’atto tributario, in quanto emanato in difformità dal modello legale ed inficiato da vizio di legittimità “di particolare gravità, in considerazione della funzione, di diretta derivazione da principi costituzionali, cui la norma stessa assolve”, viene individuata in una duplice esigenza: da un lato fornire una garanzia del contribuente, che può partecipare al procedimento amministrativo formulando le pertinenti osservazioni e gli opportuni chiarimenti e, dall’altro, assicurare l’efficienza dell’azione amministrativa, impedendo alla Pubblica Amministrazione di formulare, inutilmente, rilievi e pretese che potrebbero rivelarsi del tutto infondati.

Sulla base dell’orientamento espresso in sede di legittimità il predetto termine dilatorio intende tutelare il contraddittorio a fronte degli elementi raccolti in sede di accesso, agevolando il dialogo tra Fisco e contribuente, al fine di consentire a quest’ultimo di opporre le sue ragioni e produrre documentazione per evitare, l’inutile emissione dell’avviso di accertamento ossia, in altre circostanze, diminuire la eventuale pretesa tributaria.

Gli interessi sopra descritti non possono ritenersi sussistenti qualora l’Ufficio, dopo l’accesso effettuato presso i locali del contribuente – conclusosi con la redazione del processo verbale di constatazione debitamente notificato alla parte – effettui ulteriori verifiche sulla base di una specifica istruttoria interna, ponendo in essere un’aggiuntiva e autonoma attività rispetto all’accesso.

In conclusione, a parere dei giudici, non assumono rilevanza, ai fini della tutela del contribuente sancita dall’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, le successive attività svolte presso l’Ufficio e presso terzi, tra cui l’effettuazione delle indagini finanziarie sulle quali sono state chieste e ottenute giustificazioni da parte del contribuente.

Dalla verifica fiscale al contenzioso tributario