16 Novembre 2021

Esterometro 2022: le operazioni passive comunitarie

di Roberto Curcu
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Con la notizia pubblicata il 4 novembre (“Esterometro 2022: le operazioni attive”) abbiamo cercato di riassumere le problematiche che stanno emergendo riguardo alle nuove modalità di invio dell’esterometro, che saranno in vigore con riferimento alle operazioni effettuate dal 2022.

Se per capire quali siano le operazioni attive soggette al nuovo obbligo è cosa relativamente semplice, qualche problema in più potrebbe sorgere con riferimento all’individuazione delle operazioni passive per cui applicare la nuova procedura.

La norma parla di operazioni “effettuate”, ed utilizza quindi un termine tecnico che potrebbe portare a notevole confusione; ad esempio un acquisto intracomunitario si considera effettuato nel momento in cui parte la merce (ipotizziamo dicembre 2021). Se la stessa arriva nel gennaio 2022, insieme alla fattura, l’operazione viene registrata dal cessionario nei registri Iva del 2022.

Se il nuovo obbligo facesse riferimento alle operazioni “effettuate”, tale operazione non andrebbe nell’esterometro 2022, ma nemmeno in quello 2021, considerato che il provvedimento che regola l’esterometro 2021 prevede di fare riferimento alla data di registrazione delle operazioni.

A fini pratici, chi scrive suggerisce quindi di utilizzare la nuova modalità di invio per tutte le operazioni registrate nel 2022 e che concorrono alle liquidazioni di tale anno.

Come abbiamo visto nell’articolo sulle operazioni attive, la modifica dell’esterometro sembrerebbe meramente informatica; infatti, oggi le operazioni che vengono registrate creano un “record” con i dati che servono per la compilazione dell’esterometro, e tutti i record creati in un trimestre vengono “inseriti” in un file che viene inviato appunto trimestralmente. Dal 2022 si chiede che per ogni operazione venga creato un file, contenente i dati del singolo record, ed inviato entro il 15 del mese successivo.

Se abbiamo visto che per quanto riguarda le operazioni attive questo invio singolo dei dati, anziché cumulativo, non porta a grandi complicazioni, per le operazioni passive le complicazioni sono maggiori, e derivano anche dal fatto che – per adempiere correttamente alle norme sull’esterometro – è necessario che siano adottate in maniera corretta e tempestiva le procedure del reverse charge.

Reverse charge significa inversione contabile, e cioè che l’adempimento Iva che normalmente grava sul soggetto cedente/prestatore, nel reverse charge ricade sul cessionario/committente, il quale deve annotare nei propri registri vendite (fatture emesse o anche corrispettivi) l’operazione, per poi registrare la stessa operazione nel registro acquisti, per esercitare, se ne sussiste la facoltà, il diritto alla detrazione dell’imposta; tali annotazioni nei registri vendite avranno una precisa annotazione nel quadro VJ della dichiarazione (il quale prevede l’indicazione di diversi campi per ciascuna operazione con soggetti esteri che comporta l’applicazione del reverse charge), mentre la fase di acquisto confluirà, insieme alle operazioni interne, nel quadro VF della dichiarazione.

Prima di far confluire l’operazione sui registri, è necessario un preventivo adempimento formale, che è quello dell’emissione di una autofattura, o di integrazione della fattura del fornitore estero.

La seconda procedura è prevista per i fornitori comunitari, i quali, avendo una norma speculare alla nostra, sono obbligati ad emettere una fattura a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi, e lo possono fare, di regola, entro il 15 del mese successivo.

Quando il fornitore è comunitario, quindi, per l’effettuazione del reverse charge è necessario attendere l’arrivo della fattura del fornitore, ed integrare la stessa con gli elementi che consentono di individuare la base imponibile in euro e l’imposta dovuta o la motivazione per la quale l’imposta non è applicabile a quella specifica operazione.

La fattura così integrata va registrata con riferimento alla liquidazione Iva del mese in cui è stata ricevuta la fattura del fornitore. Solo qualora entro due mesi dal momento di effettuazione dell’operazione non si riceva una fattura, è necessario emettere un’autofattura.

Con riferimento quindi agli acquisti intracomunitari, ed agli acquisti di beni e servizi in cui il fornitore è comunitario, i dati ordinariamente utilizzati per l’integrazione delle fatture che si ricevono sono di per sé sufficienti per creare il file dell’esterometro; dovranno essere inviati i dati del fornitore, la base imponibile dell’operazione e l’imposta che si è assolta con il reverse charge, o la motivazione per cui l’imposta non è stata applicata (ad esempio se dovesse essere effettuato un reverse charge con l’articolo 9 per l’acquisto di servizi di trasporto merce in esportazione).

Andrà inserita come data dell’operazione una ricadente nel mese in cui si è ricevuta la fattura (e che quindi potrebbe coincidere con quella di registrazione dell’operazione), ed andrà attribuito un numero progressivo al documento.

A tale riguardo, anche nella integrazione del documento deve essere attribuito un numero progressivo al documento, che serve per la sua registrazione nel registro delle fatture emesse.

Chiaramente, nessuno utilizza la stessa serie numerica adottata per le fatture emesse, in quanto si creerebbero con facilità situazioni per le quali si rischierebbe di perdere la sequenzialità tra numero e data dei documenti.

Anche le tempistiche di invio non spaventano, in quanto i files dell’esterometro devono essere inviati entro il 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura.