27 Giugno 2022

Dichiarazioni d’intento: come deve essere emessa la nota di variazione?

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 26 del Decreto Iva prevede che se una operazione per la quale è stata emessa fattura viene meno in tutto o in parte, a seguito di determinate situazioni (scontistiche, mancati pagamenti, vizi contrattuali, ecc…), il cedente o prestatore ha diritto di portare in detrazione la relativa imposta.

La norma è stata scritta, in particolare, per consentire al cedente o prestatore che ha emesso una fattura con Iva, e che quindi ha dovuto versare all’Erario l’imposta indicata in fattura, di “detrarre”, cioè di chiedere la restituzione di quell’Iva che è stata fatturata e versata ma che si riferisce ad una operazione che è venuta meno, in tutto o in parte, e che quindi potrebbe non avere incassato.

Sulla base di tale logica, la nota di variazione deve essere effettuata sempre con il regime Iva dell’operazione originaria.

Se, ad esempio, tra l’operazione originaria e l’emissione della nota di credito dovesse intervenire una variazione di aliquota, tale ultimo documento dovrebbe essere emesso con l’aliquota dell’operazione originaria, non più in vigore.

Si ipotizzi ora il caso di un contribuente che, a fronte della dichiarazione d’intento ricevuta, ha emesso, nel 2021, una fattura con indicazione della non imponibilità ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lett. c), D.P.R. 633/1972. Nel 2022, a seguito di una nuova scontistica concordata, si rende necessario emettere una nota di credito.

Come deve essere emessa la nota di credito? È necessario riportare i riferimenti della dichiarazione di intento ricevuta nel 2022?

Sulla base del fatto che la nota di variazione, se rilevante ai fini iva, deve avere lo stesso regime dell’operazione originaria, chi scrive ritiene che la nota di variazione emessa nel 2022, per stornare una fattura emessa nel 2021, debba riportare gli estremi della dichiarazione di intento del 2021.

Fermo restando che la cosa potrebbe risultare difficoltosa da un punto di vista informatico, la cosa da evidenziare è che tale nota di variazione, per il cliente, va a ricreare plafond del 2021, e non invece ad aumentare il plafond disponibile del 2022.

In sostanza, per il cliente una nota di variazione di tale tipo non ha alcuna utilità, salvo il caso in cui, nel 2022, si accorga di aver splafonato nel periodo di imposta 2021 o nel caso in cui il cliente utilizzi il plafond mensile e non sono trascorsi più di 12 mesi dal momento di effettuazione dell’operazione originaria.

Ciò premesso, si ricorda che il cedente o prestatore ha diritto di emettere note di variazione con rilevanza Iva, cioè con lo stesso regime Iva dell’operazione originaria, ma non ne ha il dovere.

In sostanza, il cedente o prestatore ha sempre la possibilità di emettere delle note di variazione, di solo imponibile, fuori campo Iva ai sensi dell’articolo 26 D.P.R. 633/1972.

Nel caso di note di variazione che si riferiscono a fatture emesse l’anno precedente, utilizzando il titolo di non imponibilità ex articolo 8, comma 1, lett. c), D.P.R. 633/1972, chi scrive ritiene che l’emissione di note di variazione fuori campo Iva ai sensi dell’articolo 26 D.P.R. 633/1972 sia la soluzione più pratica sia per il cedente/prestatore, che per il cessionario/committente, salvo il caso in cui quest’ultimo non utilizzi il plafond mensile, e non siano trascorsi più di 12 mesi dal momento di effettuazione dell’operazione originaria.