7 Giugno 2018

Detrazione Iva preclusa senza fattura

di Marco Peirolo
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Con le conclusioni presentate il 30 maggio 2018 in merito alla causa C-664/16, l’Avvocato generale presso la Corte di giustizia UE ha espresso le proprie considerazioni sul rapporto tra le condizioni sostanziali e quelle formali ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione dell’Iva.

Nel caso trattato, gli acquisti di beni, rispetto ai quali s’intende operare la detrazione, non sono documentati da fatture in possesso del cessionario, in quanto quest’ultimo, al momento di effettuazione delle operazioni, non era titolare di un numero di partita Iva e, quindi, nemmeno tenuto alla conservazione delle fatture di acquisto.

Accertata ex post la sua soggettività passiva d’imposta, con il conseguente recupero a tassazione delle vendite nel frattempo poste in essere, è sorta la questione se, corrispondentemente, debba essere riconosciuto il diritto di detrazione per gli acquisti, individuati e quantificati – in via indiretta – in base ai risultati di un’apposita perizia.

Il ricorrente, a fondamento delle proprie ragioni, ha osservato che, secondo l’orientamento della giurisprudenza della Corte di giustizia, l’inosservanza di un requisito formale non comporta la perdita del diritto di detrazione, sicché – nelle circostanze oggetto del procedimento – in cui risultano soddisfatti i requisiti sostanziali, il possesso della fattura costituisce un requisito puramente formale che, in quanto tale, non può compromettere il diritto di detrazione. Peraltro, sottolinea il ricorrente, dalle stesse indicazioni della Corte si desume che la detrazione deve essere riconosciuta anche quando il soggetto passivo, che non sia in possesso della fattura, sia comunque in grado di dimostrare che l’acquisto è stato effettuato, cosicché l’unica modalità oggettiva per determinare il valore del bene e l’importo dell’imposta detraibile, senza alcun pregiudizio per il bilancio dello Stato, è la valutazione compiuta da un perito.

Investito della questione, l’Avvocato generale ha ricordato che, ai sensi dell’articolo 178, lett. a), Direttiva 2006/112/CE, l’esercizio del diritto di detrazione è subordinato al possesso, da parte del soggetto passivo, di una fattura redatta in conformità al c.d. “contenuto minimo obbligatorio”, di cui all’articolo 226 della stessa Direttiva, o di un altro documento che possa essere considerato, in base ai criteri stabiliti dallo Stato membro interessato, come sostitutivo della fattura.

La fattura consente alle Autorità amministrative di verificare il pagamento dell’imposta da parte del soggetto emittente e giustifica il diritto di detrazione da parte del destinatario del documento.

In base al consolidato orientamento della giurisprudenza comunitaria, il principio di neutralità dell’Iva esige che la detraibilità dell’imposta sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche quando gli obblighi formali siano stati omessi dai soggetti passivi.

Come, tuttavia, rilevato dall’Avvocato UE, la prevalenza della sostanza sulla forma subisce una duplice deroga nel caso in cui, rispettivamente, la violazione dei requisiti formali abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali (causa C-159/17 del 7 marzo 2018, Dobre) e l’operatore abbia partecipato ad una frode (causa C-24/15 del 20 ottobre 2016, Plöckl).

La prima eccezione si è manifestata nel caso di specie, in quanto la mancanza di fatture e di altri documenti equipollenti impedisce la possibilità di dimostrare che i requisiti sostanziali previsti per l’esercizio della detrazione siano soddisfatti.

L’Autorità fiscale non dispone, infatti, delle informazioni necessarie per compiere le corrispondenti verifiche, tenuto conto che – nella vicenda oggetto di contestazione – il ricorrente non ha adempiuto ad alcun obbligo Iva, non avendo dichiarato l’inizio della propria attività, effettuato versamenti d’imposta, presentato dichiarazioni periodiche e conservato le fatture.

La Corte di giustizia ha già avuto modo di stabilire che l’esatta riscossione dell’imposta e, di conseguenza, il buon funzionamento del sistema comune dell’Iva sono compromessi quando, come nella fattispecie in esame, si riscontri tanto la mancata tenuta di una contabilità che permetta l’applicazione dell’Iva e il suo controllo da parte dell’Amministrazione fiscale, quanto l’omessa di registrazione delle fatture emesse e ricevute (causa C-576/15 del 5 ottobre 2016, Marinova).

In linea di principio, conclude l’Avvocato UE, non si può escludere a priori che possano esistere circostanze in cui le condizioni sostanziali per la detrazione dell’imposta versata a monte possano essere accertate mediante una perizia. Nella vicenda affrontata, tuttavia, non sussistono elementi certi e incontrovertibili per ritenere che, considerato il numero di anni trascorsi dal momento degli acquisti e l’assenza delle corrispondenti fatture, una perizia possa individuare con precisione ogni operazione rilevante ai fini della detrazione, senza contare che il valore determinato dal perito rappresenterà pur sempre una stima.

Alla Corte, che dovrà pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio, viene pertanto proposto di rispondere che “gli articoli 167, 168, 178 e 226 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto devono essere interpretati nel senso che un soggetto passivo, che non abbia conservato fatture attestanti il suo diritto a detrarre l’imposta sul valore aggiunto riguardante la cessione di beni o la prestazione di servizi, non può fornire la prova di tali operazioni in base a una perizia redatta da periti nominati dal giudice del rinvio al fine di stimare il valore dei materiali da costruzione e della manodopera per la costruzione dei fabbricati, tenuto conto del fatto che è trascorso un lungo periodo di tempo da quando i nuovi fabbricati considerati sono stati oggetto di operazioni soggette a imposizione”.

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