12 Dicembre 2015

Contratti aziendali in deroga nel Commercio dopo l’accordo 26.11.2015

di Luca Vannoni
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Molti dei recenti interventi legislativi di riforma del lavoro hanno riconosciuto un ruolo fondamentale alla contrattazione aziendale: basti pensare a quanto previsto dall’art. 51 del D.Lgs. 81/2015, in materia di riordino dei contratti di lavoro, dove si prevede che, salvo diversa previsione, i rinvii alla contrattazione collettiva presenti nel decreto riguardano anche gli accordi aziendali stipulati   da   associazioni   sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

Le imprese, inoltre, hanno sempre più la necessità di adeguare le norme contrattuali ai propri profili aziendali, come insegna il caso FIAT, per rispondere alle esigenze di mercati sempre più instabili.

Partendo da queste premesse, anche il settore del terziario, con l’accordo interconfederale del 26 novembre 2015 sottoscritto da Confcommercio e CGIL, CISL e UIL, ha inteso definire le proprie regole in materia di rappresentatività e rappresentanza, pilastri necessari dell’efficacia e dell’esigibilità della contrattazione di qualunque livello.

Rispetto all’accordo sottoscritto nel 2014 da Confindustria, la misurazione della rappresentatività per la contrattazione nazionale è determinata, oltre che dal numero di deleghe e dalle elezioni delle RSU, dal numero di vertenze individuali, plurime e collettive, come accordi di cassa integrazioni e conciliazioni sindacali, e dalle pratiche di disoccupazione. L’obiettivo è quello di misurare l’effettiva attività delle sigle sindacali, in tutte le sue sfaccettature, così da poter riconoscere la reale rappresentatività.

I contratti collettivi nazionali sottoscritti dalle organizzazioni sindacali che rappresentano il 50 + 1 della rappresentanza, previa consultazione dei lavoratori a maggioranza semplice, saranno vincolanti per tutti i destinatari, i lavoratori e le organizzazioni sindacali firmatarie o che successivamente aderiranno al presente accordo.

Come anticipato, il cuore dell’accordo riguarda la contrattazione di secondo livello, in particolare aziendale.

L’accordo, dopo aver comunque evidenziato la centralità del livello nazionale, ambito in cui sono fissate le materie delegate ai livelli inferiori, stabilisce infatti la possibilità che i contratti collettivi di secondo livello possano comunque giungere ad accordi modificativi del livello nazionale, a prescindere dalle materie delegate, per gestire fasi di crisi ovvero di sviluppo o investimento. Gli accordi aziendali, in particolare, saranno efficaci ed esigibili per tutto il personale se approvati dalla maggioranza dei componenti RSU o da RSA che risultino destinatarie della maggioranza delle deleghe: in quest’ultimo caso dovranno essere sottoposti al voto dei lavoratori.

L’accordo volutamente dimentica e scavalca la contrattazione di prossimità (art. 8 DL 138/2011), mai citata nell’accordo in commento, a ribadire la volontà di autonomia sindacale nella regolamentazione delle relazioni industriali. L’esito è comunque importante, in quanto si individua una strada che legittima la contrattazione di secondo livello alla deroga aperta rispetto al nazionale, senza vincoli calati dall’alto, sempreché gli accordi siano dotati delle rappresentatività sopra indicata.  Rispetto alla prossimità, non viene in alcun modo richiamata la possibilità di derogare a norme di legge, anche perché la fonte contrattuale mai potrebbe riservarsi tale funzione.

Ad ogni modo, l’accordo in commento sarà sicuramente un impulso fondamentale alla contrattazione aziendale, ora dotata di proprie regole condivise con il mondo sindacale e, quindi, non più osteggiabile in via aprioristica dagli stessi sindacati.