3 Maggio 2017

Condizioni di non imponibilità Iva per i trasporti di beni

di Marco Peirolo
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L’articolo 9, comma 1, n. 2), del D.P.R. 633/1972 considera non imponibili i trasporti relativi a beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché i trasporti relativi a beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all’imposta a norma del comma 1 dell’articolo 69 dello stesso D.P.R. 633/1972.

L’applicazione dell’agevolazione presuppone che la prestazione sia territorialmente rilevante in Italia. In merito, infatti, all’ambito di operatività delle fattispecie contemplate dall’articolo 9 del D.P.R. 633/1972, tale disposizione – anche dopo le modifiche operate dal D.Lgs. 18/2011 – continua a trovare applicazione per le operazioni rientranti nel campo di applicazione dell’imposta ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies.

Per quanto riguarda, in particolare, le operazioni per le quali trova applicazione la regola generale dei rapporti “B2B”, ovvero l’assoggettamento a Iva nello Stato del committente, sono irrilevanti agli effetti dell’Iva le operazioni rese nei confronti di un committente non stabilito nel territorio dello Stato, ancorché la fattispecie sia presa in considerazione anche dall’articolo 9, comma 1, del D.P.R. 633/1972; tali operazioni sono, quindi, irrilevanti ai fini della verifica dello status di soggetto abilitato a effettuare acquisti e importazioni senza pagamento dell’imposta e della determinazione del plafond a tal fine spendibile. Continuano, inoltre, ad essere non imponibili le operazioni rese nei confronti di committenti stabiliti nel territorio dello Stato, ove ricadenti nell’ambito applicativo delle prestazioni di cui al comma 1 dell’articolo 9.

In riferimento ai trasporti di beni, nei rapporti “B2B”, costituiscono prestazioni “generiche”, alle quali cioè si applica la regola generale di cui all’articolo 7-ter, comma 1, lettera a), del D.P.R. 633/1972, per cui il luogo di effettuazione del trasporto coincide con il Paese del committente; nei rapporti “B2C”, invece, tali prestazioni sono soggette a un diverso regime territoriale a seconda che il trasporto sia intracomunitario o meno. Infatti:

  • le prestazioni di trasporto di beni diverse dal trasporto intracomunitario si considerano effettuate in Italia in proporzione alla distanza percorsa nel territorio dello Stato, ex articolo 7-sexies, comma 1, lettera b), del D.P.R. 633/1972;
  • le prestazioni di trasporto intracomunitario di beni si considerano effettuate in Italia quando la relativa esecuzione ha inizio nel territorio dello Stato, ex articolo 7-sexies, comma 1, lettera c), del D.P.R. 633/1972. La definizione di “trasporto intracomunitario di beni” è contenuta nell’articolo 7, comma 1, lettera f), del medesimo D.P.R. 633/1972, per tale intendendosi il trasporto di beni il cui luogo di partenza e il cui luogo di arrivo sono situati nel territorio di due Stati membri diversi, laddove il “luogo di partenza” è quello in cui inizia effettivamente il trasporto dei beni, senza tener conto dei tragitti compiuti per recarsi nel luogo in cui si trovano i beni, mentre il “luogo di arrivo” è quello in cui il trasporto dei beni si conclude effettivamente.

Nell’ipotesi in cui la prestazione sia territorialmente rilevante in Italia, il regime di non imponibilità si applica in modo oggettivo, cioè a prescindere dallo status del committente (soggetto Iva o meno), a condizione che il trasporto riguardi beni in esportazione, transito o importazione. Sul punto, la circolare AdE 37/E/2011 (§ 5) ha ricordato che, a partire dall’anno 1993, vale a dire dall’introduzione della disciplina sugli scambi intracomunitari di beni, i concetti di importazione e esportazione assumono rilevanza non più con riferimento al territorio dello Stato, ma con riferimento al territorio comunitario (che ai fini doganali rappresenta un unicum). In tale prospettiva, è da ritenere che le anzidette previsioni di non imponibilità possano trovare applicazione, per i servizi acquistati da committenti stabiliti nel territorio dello Stato, anche quando le predette fattispecie (esportazione, importazione, transito) si verifichino nel territorio di uno Stato Ue diverso dall’Italia.

In pratica, rispetto ai beni in esportazione, la non imponibilità compete se l’operazione principale ha per oggetto il trasferimento della merce a destinazione di un Paese extra-Ue, indipendentemente quindi dal Paese Ue di origine. Come, infatti, chiarito dalla risoluzione AdE 134/E/2010, il committente italiano di una prestazione di trasporto di beni in esportazione da un altro Paese membro beneficia, in sede di reverse charge, del regime di non imponibilità, tenuto conto che la prestazione di trasporto dei beni è collegata a una cessione all’esportazione.

Il trattamento di non imponibilità risulta, invece, escluso per i trasporti di beni “estero su estero”, come peraltro indicato dalla circolare AdE 12/E/2010 (§ 3.3). Se, per esempio, la merce è trasportata dalla Svizzera agli Stati Uniti, anche laddove la prestazione sia territorialmente rilevante in Italia – come nel caso in cui vettore e committente siano soggetti Iva italiani – non ricorrono le condizioni previste per applicare il regime di non imponibilità, atteso che i beni trasportati non formano oggetto di una operazione di esportazione, essendo già materialmente esistenti al di fuori del territorio dell’Unione europea al momento di effettuazione della prestazione. A conferma di questa conclusione può richiamarsi anche la corrispondente comunitaria, vale a dire l’articolo 146, lettera e), della Direttiva 2006/112/CE, che esenta da Iva “le prestazioni di servizi, compresi i trasporti e le operazioni accessorie, (…) qualora siano direttamente connesse alle esportazioni o importazioni di beni (…)”.

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