19 Dicembre 2016

Il trasporto dei beni all’estero nella triangolazione nazionale

di Marco Peirolo
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Le triangolazioni sono le operazioni che coinvolgono tre soggetti, vale a dire il promotore della triangolazione (primo cessionario e secondo cedente), il suo fornitore (primo cedente) e il destinatario finale dei beni (secondo cessionario).

A seconda del luogo di identificazione ai fini IVA dei citati soggetti, ricorre:

  • la triangolazione nazionale quando due soggetti (primo cedente e promotore della triangolazione) sono identificati in Italia, mentre il terzo soggetto (secondo cessionario) è identificato in altro Paese membro dell’Unione europea o in un Paese non facente parte dell’Unione europea;
  • la triangolazione comunitaria quando i tre soggetti sono identificati in Paesi membri diversi;
  • la triangolazione comunitaria “impropria” quando due soggetti sono identificati in Paesi membri diversi, mentre il terzo soggetto è identificato in un Paese extra-UE.

A fronte di un unico trasferimento fisico dei beni (dal primo cedente italiano al cessionario finale comunitario o extracomunitario), si verifica un duplice trasferimento di proprietà, ossia dal primo cedente al promotore della triangolazione e da quest’ultimo al proprio cliente.

Le triangolazioni nazionali, cioè quelle caratterizzate dalla presenza di due soggetti (primo cedente e promotore della triangolazione) identificati in Italia, mentre il terzo soggetto (secondo cessionario) è identificato in altro Paese UE o in un Paese extra-UE, sono disciplinate, a seconda del Paese di destinazione finale dei beni:

Nello specifico, l’articolo 8, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 dispone che costituiscono cessioni all’esportazione, non imponibili IVA, “le cessioni, anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione dei beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari”. La stessa previsione è contenuta nell’articolo 58, comma 1, del D.L. n. 331/1993, in base al quale il regime di non imponibilità previsto, per le cessioni intracomunitarie di beni, dall’articolo 41 dello stesso decreto si applica alle “cessioni di beni, anche tramite commissionari, effettuate nei confronti di cessionari o commissionari di questi se i beni sono trasportati o spediti in altro Stato membro a cura o a nome del cedente, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi”.

In pratica, la triangolazione nazionale, indipendentemente dal Paese di destinazione finale dei beni (Paese extra-UE o altro Paese UE), si verifica quando la cessione, anche tramite un commissionario, è eseguita dal cedente con trasporto/spedizione dei beni nel Paese del cessionario finale su incarico del cessionario italiano o del suo commissionario.

Tenuto conto che, ai fini della non imponibilità della cessione interna, le disposizioni richiamate richiedono che i beni siano trasportati/sperditi nel Paese di destinazione “a cura a nome del cedente”, occorre innanzi tutto ricordare che l’articolo 13, comma 1, della L. n. 413/1991, con norma di interpretazione autentica, ha stabilito che, ai fini della detassazione, non conta che la fattura relativa alla spedizione o al trasporto dei beni all’estero sia emessa nei confronti del primo cedente o del cessionario nazionale.

L’Amministrazione finanziaria, con un “approccio formalistico”, ha costantemente affermato che i beni oggetto di esportazione si presumono consumati in Italia se il promotore della triangolazione ne acquisisce la disponibilità prima dell’invio all’estero. È stato, infatti, precisato che il contratto di trasporto o di spedizione deve essere stipulato dal primo cedente (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 9 luglio 2011, n. 115 e R.M. 4 marzo 1995, n. 51/E).

Più recentemente, con la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 35 del 13 maggio 2010, in parziale rettifica delle precedenti indicazioni di prassi, è stato chiarito che l’operazione beneficia della non imponibilità anche nel caso in cui il promotore della triangolazione stipuli il contratto su mandato ed in nome del primo cedente; in questo caso, infatti, il promotore agisce quale mero intermediario del primo cedente, senza mai avere la disponibilità dei beni, ove al vettore sia affidato l’incarico di ritirare la merce presso il primo cedente e di consegnarla al destinatario finale non residente. Dal punto di vista dell’Amministrazione, è evidente che la ratio delle disposizioni in materia resta quella di evitare che il promotore della triangolazione acquisisca la disponibilità “fisica” dei beni oggetto di esportazione.

L’impostazione descritta subisce un’eccezione nel caso in cui i beni, prima del trasporto/spedizione nel Paese estero, siano sottoposti a test e collaudi da parte del cessionario italiano.

Il caso tipico è quello del contratto di “fornitura-appalto”, stipulato per la costruzione di macchinari e attrezzature realizzati dal fornitore, con propri mezzi, sulla base delle indicazioni del cliente (nella specie, il promotore della triangolazione). Si tratta di una tipologia contrattuale da considerare assimilata, agli effetti dell’IVA, alla cessione di beni (R.M. 18 febbraio 1992, n. 500462), sicché il beneficio della non imponibilità, nel rapporto tra i due operatori nazionali, resta subordinato alla circostanza che i beni siano inviati all’estero a cura o a nome del primo cedente.

Nell’ipotesi in esame, in cui i macchinari e le attrezzature siano sottoposti, da parte del promotore, a test e collaudi finalizzati a verificarne la conformità ai requisiti tecnici previsti in sede contrattuale, deve ritenersi confermato il regime di non imponibilità. Tali controlli, secondo la R.M. 26 maggio 2000, n. 72/E, costituiscono, infatti, “meri fatti tecnici diretti esclusivamente a garantire la qualità ed il funzionamento dei beni prima della loro spedizione”, in quanto tali non idonei a presumere la consegna in Italia.

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Iva nazionale ed estera