27 Luglio 2015

Bivio interposizione-esterovestizione nella voluntary

di Nicola Fasano
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Nell’analisi delle posizioni interessate alla voluntary disclosure spesso ci si trova dinanzi al rompicapo della qualificazione del soggetto estero, tramite cui sono detenuti gli investimenti da regolarizzare, che talvolta può rappresentare un mero veicolo interposto e in altri casi un soggetto realmente operativo seppur con il rischio di essere qualificato come soggetto “esterovestito”.

La C.M. 27/E/2015 affronta la tematica con riferimento in particolare a due ipotesi, piuttosto frequenti: quella delle fondazioni di famiglia del Liechtenstein e quella della SCI monegasca.

In merito alla prima fattispecie, l’Agenzia delle Entrate osserva come nel caso (in verità più frequente) in cui la costituzione della fondazione di famiglia in Liechtenstein configuri un caso di interposizione fittizia, il beneficiario economico della stessa (da individuarsi, aggiungiamo noi, o nel disponente o nel beneficiario a seconda di chi abbia la effettiva disponibilità dei relativi assets e conseguenti redditi) dovrà dichiarare il valore del patrimonio esistente al termine di ogni anno interessato basandosi sul rendiconto del consiglio di amministrazione della fondazione, ove esistente, e dovrà produrre la documentazione rilasciata dalla banca che, per conto della fondazione, ne gestiva il patrimonio, nonché, in presenza di ulteriori attività di natura patrimoniale, la relativa documentazione a supporto al fine di consentire la corretta determinazione delle somme dovute nell’ambito della procedura. Su tali valori si procederà a calcolare le sanzioni per il quadro RW. Ai fini reddituali, in assenza di bilanci, l’amministrazione finanziaria precisa che si procederà utilizzando la documentazione di cui sopra, estrapolando tutti i dati dai documenti bancari che saranno allegati alla relazione. In tal caso, inoltre, dobbiamo aggiungere che saranno dovute anche Ivafe e Ivie per il 2012 e il 2013.

Diversamente, nel caso in cui non si configuri un’interposizione fittizia bensì sia accertata l’effettiva natura di fondazione del soggetto giuridico, sarà necessario stabilire il luogo ove questo ha sede verificando se ricorrano gli estremi per considerarla fiscalmente residente in Italia, soprattutto qualora ricorra la presunzione di cui all’art. 73, co. 3, Tuir che attrae la residenza in Italia del trust o istituti analoghi (come le fondazioni), istituiti in Paesi non “white list”, nel caso in cui almeno un disponente e almeno un beneficiario siano fiscalmente residenti in Italia. Nel caso in cui la fondazione sia fiscalmente residente in Italia, sarà necessario regolarizzare le violazioni RW (qualora, come di regola avviene, non abbia natura commerciale) nonché quelle di natura reddituale. In pratica, ferme restando le evidenti differenze soggettive (e le diverse conseguenze anche sul piano civilistico) dal punto di vista dei costi complessivi dell’operazione, in linea di principio si avrebbe una situazione simile alla precedente, fatta eccezione per Ivafe e Ivie che comunque non sono dovute da soggetti diversi dalle persone fisiche.

Seppur la circolare non affronta il tema, potrebbe aversi anche il caso di una fondazione “effettiva” estera con un beneficiario fiscalmente residente in Italia che, a quel punto, sarebbe tenuto a regolarizzare le sole violazioni in tema di monitoraggio fiscale, sulla “quota” di sua spettanza, con la postilla che, dal periodo di imposta 2013, trova applicazione anche il principio “look through” per il titolare effettivo (che la C.M. 27/E, in tal caso, individua in coloro che sono beneficiari del 25% o più del patrimonio dell’entità giuridica, se i futuri beneficiari sono già stati determinati, o, altrimenti, in coloro che esercitano un controllo sul 25% o più del patrimonio).

Altra fattispecie controversa è quella della SCI monegasca, rispetto a cui la circolare prende in considerazione la sola fattispecie di esterovestizione (rispondendo ad un quesito già impostato in tal senso) della società, equiparabile ad una società semplice italiana che, se di fatto amministrata da soggetti fiscalmente residenti in Italia, dovrebbe sanare la propria posizione con la voluntary aprendo un codice fiscale italiano e regolarizzando le violazioni RW. I soci, dal canto loro, dovrebbero regolarizzare le violazioni in materia di imposte dirette poiché dovranno dichiarare il reddito imputato per trasparenza dalla SCI.

In verità, fermo restando che è imprescindibile una valutazione da farsi caso per caso, la fattispecie della SCI pare più vicina al fenomeno dell’interposizione che a quello dell’esterovestizione, anche in considerazione dei confini in passato tracciati dalla stessa amministrazione finanziaria che ha individuato, (C.M. 99/E/2001) nella localizzazione in Paesi a fiscalità privilegiata e nella assenza di tenuta delle scritture contabili, due rilevanti requisiti che possono denotare la natura “interposta” del veicolo estero (di recente, fra l’altro, ripresi nelle risposte sulla voluntary date dalla DRE Lombardia agli Ordini), a cui si potranno accompagnare evidentemente ulteriori elementi quali l’assenza di assemblee dei soci, la mancanza di una effettiva ed operativa sede sociale, eccetera.