20 Settembre 2023

Adempimenti contabili del trust commerciale e non commerciale

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

Con il riconoscimento di un’autonoma soggettività tributaria ad opera della Legge Finanziaria 2007 (L. 296/2006), il legislatore italiano ha imposto al trust, fiscalmente residente in Italia, di far fronte non solo ad una serie di adempimenti di natura civilistica e fiscale ai fini dell’imposizione diretta e indiretta, ma anche di ottemperare a molteplici obblighi contabili:

  • previsti dalla normativa in materia di gestione contabile del trust;
  • la cui applicazione si rivela necessaria non solo ai fini interni, ma anche per gli stakeholders esterni.

Senza alcuna pretesa di esaustività, si deve innanzitutto rilevare che sul trust grava, non solo l’obbligo di determinazione e di dichiarazione del reddito prodotto, ma anche l’obbligo di tenuta delle scritture contabili, conformemente al dettato normativo di cui al novellato articolo 13, D.P.R. 600/1973, applicabile anche all’istituto del trust per effetto della riforma fiscale avvenuta con L. 296/2006.

A tal proposito, è doveroso precisare che gli obblighi contabili – di cui si richiede l’adempimento da parte del trust – sono differenti a seconda che esso eserciti o meno, quale attività prevalente, un’attività commerciale. Peraltro, si rileva che, in via generale, l’esigenza di una corretta rappresentazione contabile della gestione dei beni in trust, trova la sua legittima giustificazione, non soltanto nei predetti obblighi contabili, ma anche nella pacifica natura del trust che, tra le varie qualificazioni, è in sostanza un centro di imputazione economico.

Per questo, i trusts che hanno come oggetto, esclusivo o prevalente, l’esercizio di attività commerciali sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili, ai sensi dell’articolo 14 D.P.R. 600/1973. Analogamente, i trusts che non esercitano attività commerciale, in maniera esclusiva o prevalente, sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili, secondo però quanto disposto dall’articolo 20 D.P.R. 600/1973.

In particolare, anche alla luce dei suggerimenti forniti dal Cndcec, i trusts commerciali dovranno redigere il bilancio d’esercizio e, sebbene non abbiano schemi obbligatori circa le modalità di tenuta della contabilità, dovranno, in ogni caso, disporre di un impianto contabile composto dai seguenti documenti:

  • il libro giornale, in cui rilevare, in partita doppia e secondo le regole di un’ordinata contabilità, i fatti relativi alla gestione, in base al criterio di competenza economica, in modo da poter determinare uno stato patrimoniale e un conto economico del trust;
  • il libro degli inventari ove, partendo dalle registrazioni iniziali delle attività attribuite al trust, dare evidenza ogni anno della situazione patrimoniale e dei risultati della gestione (rendiconto del trustee);
  • il libro degli eventi, strumento utile e opportuno che la prassi ha elaborato per la rilevazione degli avvenimenti nel corso della vita del trust. Per questo, infatti, si ritiene che ogni atto che il trustee compie debba essere adeguatamente argomentato e documentato;
  • le scritture ausiliarie, nella quali devono essere registrati gli elementi patrimoniali e reddituali, ordinati in categorie omogenee, in modo da consentire di desumere chiaramente e distintamente i comportamenti positivi e negativi che concorrono alla determinazione del reddito;
  • le eventuali scritture ausiliarie di magazzino;
  • il registro dei beni ammortizzabili;
  • i registri prescritti ai fini Iva.

Con specifico riguardo alla redazione del bilancio d’esercizio del trust, si deve, in via preliminare, fare fondamentale riferimento al c.d. piano dei conti del trust. Si tratta sostanzialmente di una scrittura a carattere sistematico, priva di un proprio schema vincolante, in cui vengono riportati tutti gli elementi essenziali per far fronte ad esigenze informative/organizzative/gestionali (che via via si rendono necessarie), attraverso la redazione di appositi sottoconti intestati:

  • ai beneficiari del reddito, ossia della redditività derivante dai beni in trust (es. dividendi, affitti e redditi derivanti dall’esercizio dell’impresa);
  • ai beneficiari del capitale, ovvero dell’entità composta dalla dotazione patrimoniale iniziale.

Dunque, partendo dallo schema del piano dei conti, viene a costituirsi così la cornice in cui operare per riportare poi correttamente gli eventi che riguardano i beni segregati in trust, nonché per redigere il relativo bilancio d’esercizio.

Analogamente a quanto riportato in merito alla tenuta della contabilità del trust, anche con riferimento alla redazione del rendiconto annuale del trustee, non sono previsti particolari schemi obbligatori, essendo un documento polimorfo.

Il rendiconto annuale risponde ad un duplice obiettivo: dar conto degli adempimenti realizzati durante il periodo di riferimento, fornendo adeguata motivazione (in conformità alle disposizioni contenute nell’atto istitutivo del trust) e illustrare l’andamento della gestione, evidenziandone i risultati sul patrimonio delle diverse categorie di beneficiari.

La prassi è concorde nel ritenere che il rendiconto in parola è composto dai seguenti documenti:

  • stato patrimoniale del trust;
  • conto economico;
  • note esplicative, che contengono tutti gli elementi utili alla completa comprensione dei dati numerici contenuti nei due prospetti precedenti nonché il “conto delle variazioni del capitale” e il “conto dei beneficiari”.

Concludendo, si rileva che il trust, in quanto equiparato dalle norme fiscali ad un ente commerciale oppure ad un ente non commerciale – a seconda dell’attività svolta – è altresì assoggettato agli obblighi di conservazione della documentazione relativa alla propria contabilità, ai sensi dell’articolo 22 D.P.R. 600/1973 il quale, facendo espresso richiamo all’articolo 2220 cod. civ., dispone che le scritture, le fatture, nonché ogni altro documento contabile, devono essere conservati per dieci anni dalla data di ultima registrazione.