16 Febbraio 2018

Acconti per le cessioni intra-UE e all’esportazione

di Marco Peirolo
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Dalla disciplina comunitaria si desume che gli acconti assumono rilevanza “sostanziale” agli effetti dell’Iva, dovendo essere tassati con il regime proprio dell’operazione di cui ne rappresentano l’anticipazione “pro quota”.

Nella Direttiva n. 2006/112/CE si distingue il “fatto generatore dell’imposta” dall’“esigibilità dell’imposta”, laddove – ai sensi dell’articolo 62 – il “fatto generatore dell’imposta” è quello “per il quale si realizzano le condizioni necessarie per l’esigibilità dell’imposta”, definita, a sua volta, come “il diritto che l’Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito”.

Di regola, “il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi” (articolo 63).

In deroga a quest’ordine cronologico, l’articolo 65 stabilisce che, “in caso di pagamento di acconti anteriore alla cessione di beni o alla prestazione di servizi, l’imposta diventa esigibile al momento dell’incasso, a concorrenza dell’importo incassato”, mentre il successivo articolo 66 consente agli Stati membri di stabilire che, “per talune operazioni o per talune categorie di soggetti passivi”, l’imposta diventa esigibile non già al momento di effettuazione dell’operazione, ma a quello di emissione della fattura o a quello di pagamento del corrispettivo.

Nell’ordinamento nazionale, l’articolo 6, comma 5, del D.P.R. 633/1972 dispone che, salvo le ipotesi di esigibilità differita, “l’imposta relativa alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi diviene esigibile nel momento in cui le operazioni si considerano effettuate (…)”, vale a dire – per le cessioni di beni – al momento della consegna o della spedizione, se si tratta di beni mobili materiali, ovvero al momento della stipula del rogito, se si tratta di beni immobili (articolo 6, comma 1), e – per le prestazioni di servizi – al momento del pagamento del corrispettivo (articolo 6, comma 3).

Sul piano temporale, la coincidenza del momento di esigibilità dell’imposta con quello di effettuazione della corrispondente operazione si manifesta anche nelle ipotesi considerate dall’articolo 6, comma 4, D.P.R. 633/1972, cioè quando – “anteriormente al verificarsi degli eventi indicati (…) o indipendentemente da essi sia emessa fattura, o sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo”. In pratica, l’emissione anticipata della fattura, così come il pagamento anticipato, in tutto o in parte, del corrispettivo, implica che “l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato o pagato, alla data della fattura o a quella del pagamento”, sicché – in base al principio codificato dal citato articolo 6, comma 5 – è in tale momento che si verifica anche l’esigibilità della relativa imposta.

Dal confronto della disciplina interna con quella comunitaria emergono alcuni disallineamenti, riconducibili essenzialmente alla circostanza che, nella Direttiva in materia di Iva, il fatto generatore dell’imposta resta “agganciato” al momento di effettuazione dell’operazione anche quando l’esigibilità del tributo, al ricorrere delle fattispecie tassativamente previste, risulta anticipata o differita rispetto a tale momento.

Alla luce delle disposizioni che disciplinano, sotto il profilo temporale, la nascita dell’operazione e l’esigibilità della relativa imposta, è possibile ritenere che gli acconti assumono rilevanza “sostanziale” agli effetti dell’Iva, come si evince – sul piano comunitario – dall’articolo 65 della Direttiva 2006/112/CE e – su quello interno – dall’articolo 6, commi 4 e 5, del D.P.R. 633/1972.

In base al dato comunitario, gli acconti vanno assoggettati ad imposta in quanto l’esigibilità risulta, per essi, anticipata in base all’articolo 65 Direttiva n. 2006/112/CE. Tuttavia, il regime impositivo applicabile ai pagamenti anticipati del corrispettivo dipende dalla natura dell’operazione, il cui “fatto generatore” è la cessione o prestazione, che si verifica in un momento cronologicamente successivo rispetto a quello dell’incasso dell’acconto.

Quest’ultimo, quindi, non rappresenta un “nuovo fatto generatore dell’imposta”, ma, semmai, l’anticipazione – si può dire – “pro quota”, cioè in termini di esigibilità, del fatto generatore rappresentato dalla cessione o prestazione che deve essere ancora effettuata ed è, infatti, per questa ragione che la cessione o prestazione assume, a sua volta, se e quando sarà effettuata, la stessa natura impositiva dell’acconto.

Affinché l’acconto abbia rilevanza “sostanziale” e sia, pertanto, assoggettato ad imposta, la giurisprudenza comunitaria ha più volte sottolineato la necessità che il pagamento anticipato sia collegato, prospetticamente, ad una operazione concreta e reale. A tal fine, è infatti richiesto che tutti gli elementi qualificanti della futura cessione o prestazione siano già noti alle parti ed, in particolare, che – al momento del versamento dell’acconto – i beni o servizi siano individuati in modo specifico e non generico (Corte di giustizia, 13 marzo 2014, causa C-107/13, Firin; Id., 7 marzo 2013, causa C-19/12, Efir; Id., 16 dicembre 2010, causa C-270/09, MacDonald Resorts; Id., 21 febbraio 2006, causa C-419/02, BUPA Hospitals e Goldsborough Developments).

Laddove questa condizione sia soddisfatta non v’è ragione per non ritenere applicabile agli acconti lo stesso regime previsto per l’operazione successivamente posta in essere.

Anche l’Amministrazione finanziaria ha precisato che gli acconti devono essere qualificati con i medesimi criteri dell’operazione futura. Nel caso delle cessioni all’esportazione, è stato infatti specificato che gli acconti incassati anteriormente alla spedizione/trasporto dei beni all’estero beneficiano del regime di non imponibilità di cui all’articolo 8 D.P.R. 633/1972, in quanto “giuridicamente e direttamente dipendenti da un unico contratto avente per oggetto cessioni di beni all’esportazione non imponibili” (così R.M. 18 aprile 1975, n. 525446, successivamente confermata dalla R.M. 125/1998 e, da ultimo, dalla risoluzione AdE 456/E/2008).

Passando ad esaminare la procedura che il cedente nazionale deve applicare per gli acconti relativi alle cessioni all’esportazione, è possibile individuare le seguenti formalità:

  • al momento dell’incasso di ciascun acconto deve essere emessa e, successivamente, registrata la relativa fattura, con la dicitura “operazione non imponibile” e con l’eventuale riferimento all’articolo 8, comma 1, D.P.R. 633/1972;
  • al momento del trasporto/spedizione all’estero dei beni cui si riferiscono gli acconti deve essere emessa una fattura riepilogativa – senza l’addebito di alcun corrispettivo qualora il prezzo pattuito sia stato già integralmente versato in precedenza, ovvero con l’addebito del solo conguaglio del prezzo nel caso contrario – anch’essa non assoggettata a Iva, recante l’indicazione del prezzo complessivamente pattuito, nonché degli estremi, anche di registrazione, di tutte le fatture già emesse in relazione all’incasso degli acconti.

La fattura riepilogativa deve essere registrata ai sensi dell’articolo 23 D.P.R. 633/1972 e concorre alla determinazione del volume d’affari limitatamente all’eventuale saldo del corrispettivo, mentre non concorre alla determinazione dello stesso, trovando annotazione in separata colonna del registro appositamente contrassegnata, nel caso in cui, essendo stato già fatturato l’intero corrispettivo, la fattura in parola assolva l’unica funzione di documentazione dell’operazione ai fini dell’espletamento delle formalità doganali.

Riguardo, invece, agli acconti pagati in relazione agli scambi intracomunitari di beni, occorre ricordare che l’articolo 1, comma 326, lett. b), L. 228/2012 (Legge di Stabilità 2013), al fine di evitare il disallineamento temporale tra Stato membro di partenza e Stato membro di arrivo, ha modificato l’articolo 39, comma 1, D.L. 331/1993 unificando il momento di effettuazione delle operazioni di acquisto e di cessione intracomunitarie, che dal 1° gennaio 2013 coincide con il momento dell’inizio del trasporto/spedizione dei beni al cessionario o a terzi per suo conto.

A seguito, inoltre, delle modifiche apportate all’articolo 39, comma 2, D.L. 331/1993, dal 2013, non sono più rilevanti, al fine dell’individuazione del momento di effettuazione degli acquisti e delle cessioni intracomunitarie, gli acconti versati per tali operazioni. Non è, pertanto, obbligatorio fatturare parzialmente l’operazione che resta vincolata alla sua effettiva esecuzione, in conformità con l’articolo 220, par. 1, punto 4), Direttiva n. 2006/112/CE.

Tuttavia, il novellato secondo comma dell’articolo 39 stabilisce che, se prima del trasferimento del bene al cessionario viene emessa fattura, l’operazione si considera effettuata nei limiti dell’importo fatturato; sicché, di fatto, è possibile dare rilevanza agli effetti dell’Iva agli acconti incassati emettendo, facoltativamente, fattura in regime di non imponibilità di cui all’articolo 41 D.L. 331/1993.

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