14 Dicembre 2013

L’illegittimità del raddoppio dei termini

di Fabrizio Dominici
Scarica in PDF

Il legislatore con l’art.12 della Legge n. 78/2009 ha introdotto alcune norme di contrasto ai paradisi fiscali e, segnatamente, una presunzione legale relativa di evasione, riferibile alle disponibilità detenute all’estero non oggetto di dichiarazione e di monitoraggio.

I successivi commi 2-bis e 2-ter del medesimo articolo, prevedono poi il raddoppio dei termini per la notifica dell’avviso di accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA e per la notifica degli atti di contestazione delle sanzioni. In tali ipotesi, l’amministrazione finanziaria può pertanto presumere che gli investimenti o le attività di natura finanziaria siano stati costituiti utilizzando somme sottratte illecitamente a imposizione ed applicare le sanzioni per l’omessa presentazione e infedeltà della dichiarazione.

L’atto di contestazione può essere impugnato mediante la proposizione delle deduzioni difensive di cui all’art. 16, comma 4, del D.Lgs. n. 472/1997, procedura regolata dagli artt. 16 e 20 del D.Lgs. n. 472/1997, poiché tali sanzioni hanno natura tributaria (Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 9) mentre gli avvisi di accertamento dovrebbero essere notificati, ai sensi dell’art. 43 del D.p.r. n. 600/1973, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi, a cui si riferisce la supposta violazione, ma, come anticipato, in virtù delle citate presunzioni, gli uffici ritengono di poter notificare detti atti anche a periodi d’imposta precedenti.

Il problema è quindi quello di valutare la legittimità dell’art. 12 e quindi del raddoppio dei termini, oltre che della sua retroattività. Tale articolo è infatti stato pubblicato in gazzetta nel 2009, ergo, oltre che contrastare con l’art. 3, comma 3, dello Statuto dei diritti del Contribuente, (se ancora esiste) e con il combinato disposto degli articoli 1, commi 2, 3 e 10 della L. n. 212/2000, che prevedono che le disposizioni tributarie non possano avere efficacia retroattiva, viola l’art. 25, comma 2, della Costituzione, il quale fissa il c.d. “principio di legalità”, in base al quale nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.

L’efficacia di tale articolo, a nostro parere, non può essere limitata al solo ambito penale, ma si rende applicabile a tutte le norme a carattere sanzionatorio, in ragione della loro funzione afflittiva. Tale considerazione è ancor più forte, se rivolta a situazioni giuridiche ormai definite, per l’intervenuta decadenza del potere di accertamento, a cui sono collegati il principio della certezza del diritto e quello della tutela del legittimo affidamento.

Insomma, secondo le citate disposizioni normative vigerebbe la regola dell’irretroattività delle leggi tributarie, secondo le disposizioni preliminari al Codice civile (art. 11 preleggi) la legge non potrebbe disporre che per l’avvenire, mentre secondo l’agenzia delle entrate, la normativa che ha disposto il raddoppio dei termini sarebbe applicabile retroattivamente, in virtù della sua natura procedimentale.

Sulla retroattività della norma tributaria ricordiamo che la giurisprudenza di legittimità, con la Sentenza n.2221 del 31.1.2011, ha chiarito che una norma ordinaria, successiva all’entrata in vigore dello Statuto del contribuente, non può incidere su di una norma portante un principio costituzionale, come quello della certezza del diritto, poiché l’eccezionalità della deroga, è ammessa allorquando è espressamente prevista dal legislatore, trovi adeguata giustificazione in termini di ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori o interessi costituzionalmente protetti. Insomma secondo l’insegnamento della Suprema Corte l’art. 12 della Legge n. 78/2009 violerebbe, quanto meno, i principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento e quindi detta disposizione sarebbe illegittima.

Conformemente a detti principi, la Commissione tributaria provinciale di Lucca, con la Sentenza n. 103 del 18.7.2012, ha stabilito che l’art. 12 comma 2-ter del D.L. n. 78/2009, non è suscettibile di derogare al principio di cui all’art. 3 dello Statuto del contribuente. Sulla natura non procedimentale della novella normativa segnaliamo invece una illuminata sentenza della Commissione tributaria di Vicenza del 18.6.2012, n. 61/3/12, secondo la quale il comma 2 dell’art. 12 del D.L. 1.7.2009, n. 78 conterrebbe, delle norme sulle prove o “norme di garanzia”, le quali – in quanto volte a disciplinare non già l’assunzione, ma l’efficacia delle prove stesse – attribuisce alla normativa una natura “para-sostanziale” non suscettibile di applicazione retroattiva.

Ricordiamo poi che i principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto, fanno anche parte dell’ordinamento giuridico comunitario, (Corte di Giustizia Comunità europea, sez. V, 29-04-2004, n. C-487/01 e n. C-7/02 “… pertanto essi devono essere rispettati dalle istituzioni comunitarie…” e dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri che conferiscono loro le direttive comunitarie, sicché, applicando retroattivamente la normativa in questione, verrebbero anche lesi, principi di ordine comunitario, ai quali gli ordinamenti di tutti i Paesi membri devono necessariamente conformarsi.