17 Maggio 2023

Liquidazione di società di capitali: tassazione in capo ai soci

di Stefano Rossetti
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 2484 cod. civ. prevede che le società di capitali si sciolgono per:

  • decorso del termine;
  • conseguimento dell’oggetto sociale;
  • impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale;
  • impossibilità di funzionamento o inattività dell’assemblea;
  • riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale;
  • in alcuni casi di recesso di un socio (articolo 2437-quater e articolo 2473 cod.civ.);
  • per deliberazione assembleare;
  • altre cause previste dallo statuto.

Una volta accertata l’emersione di una causa di scioglimento, l’attività sociale cessa e inizia l’operazione di liquidazione (articolo 2484 e seguenti cod. civ.), la quale risulta funzionale alla restituzione del patrimonio sociale ai soci.

Sotto il profilo fiscale, la restituzione del patrimonio sociale ai soci potrebbe far emergere, in capo a questi ultimi, materia imponibile. L’articolo 47, comma 7, Tuir prevede infatti che “le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società ed enti costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate”.

In sostanza, il legislatore considera dividendi il riparto dell’attivo patrimoniale eccedente il costo fiscale della partecipazione (nonostante l’articolo sopra citato preveda il confronto tra le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci e il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle quote annullate, si è dell’avviso che, più propriamente, si debba fare riferimento al costo fiscale della partecipazione come individuato ai sensi dell’articolo 68, comma 6, Tuir).

Limitando l’analisi al caso di soci non imprenditori, si sottolinea che l’applicazione di tale disposizione non prevede la stratificazione del patrimonio netto sociale tra riserve di utili e riserve di capitale, di conseguenza la società dovrà applicare la ritenuta a titolo d’imposta del 26% (articolo 27 D.P.R. 600/1973) sul differenziale tra:

  • le somme o il valore normale dei beni assegnati;
  • il costo fiscale della partecipazione (il capitale sociale sottoscritto aumentato dei versamenti effettuati dai soci e dall’importo dei crediti rinunciati).

Come usualmente accade, la restituzione ai soci non avviene in un’unica soluzione, ma spesso e volentieri vengono previsti dei riparti parziali e ciò crea delle criticità nell’applicazione del disposto dell’articolo 47, comma 7, Tuir.

Ci si chiede, infatti, se l’incasso di un riparto parziale debba andare ad abbattere prioritariamente il costo fiscale della partecipazione oppure debba essere utilizzato un criterio proporzionale.

Per una migliore comprensione si vedano gli esempi sotto riportati.

Il socio Beta detiene una partecipazione nella società Alfa S.r.l. in liquidazione. Il costo fiscale della partecipazione detenuto da Beta è pari a 500 euro.

In data 2 maggio 2023, Beta incassa un acconto sul riparto della liquidazione pari a 300 euro.

In data 3 gennaio 2024, Beta incassa il saldo del riparto da liquidazione pari a 300 euro.

In applicazione del metodo secondo cui l’acconto viene imputato totalmente al costo fiscale della partecipazione avremo:

  • nessun effetto fiscale in data 2 maggio 2023, in quanto i 300 euro “consumano” il costo fiscale della partecipazione che è di 500 euro; pertanto, il costo residuo è pari a 200 euro;
  • un dividendo di 100 euro (300 euro di attivo di liquidazione contro 200 euro di costo fiscale residuo della partecipazione) in data 3 gennaio 2024 a cui deve essere applicata la ritenuta a titolo di imposta del 26% pari a 26 euro.

In alternativa è possibile applicare il metodo proporzionale. Considerando che l’attivo di liquidazione totale è pari a 600 euro, l’acconto pari a 300 euro rappresenta il 50% del totale, avremo la seguente situazione:

  • in data 2 maggio 2023 emergerà un dividendo di 50 euro, pari alla differenza tra 300 euro di acconto (50% del totale dell’attivo di liquidazione) e 250 euro (50% del costo fiscale della partecipazione), a cui deve essere applicata la ritenuta a titolo d’imposta del 26%;
  • in data 3 gennaio 2024 emergerà un dividendo di 50 euro, pari alla differenza tra 300 euro di saldo (50% del totale dell’attivo di liquidazione) e 250 euro (50% del costo fiscale della partecipazione), a cui deve essere applicata la ritenuta a titolo d’imposta del 26%.

Ad oggi, per quanto ci consta, l’Amministrazione finanziaria non si è espressa sul punto e non si ravvisano arresti giurisprudenziali.

È comunque possibile sottolineare che il primo metodo sembrerebbe quello più logico da un punto di visto sistemico, anche perché non è di facile individuazione il totale dell’attivo di liquidazione all’atto del pagamento degli eventuali riparti parziali.

Se però il pagamento del riparto parziale (o dei riparti parziali) e del saldo cadono in differenti periodi d’imposta, il metodo proporzionale rappresenta sicuramente più cautelativo.

Da ultimo si ricorda che i dividendi ex articolo 47, comma 7, Tuir sono dei redditi di capitale; pertanto, la rivalutazione delle quote non è rilevante ai fini della determinazione del costo fiscale delle stesse.