29 Dicembre 2020

La residenza fiscale durante la pandemia Covid-19

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

Uno degli elementi da valutare, a seguito della pandemia Covid-19, attiene alla residenza fiscale delle persone fisiche.

Generalmente, infatti, risulterà irrilevante ai fini della valutazione della residenza delle persone fisiche, la quarantena da Covid-19.

Come ha rilevato l’Ocse, peraltro, alcuni Paesi si sono già espressi in tal senso (Regno Unito, Australia, Irlanda). Ma la questione va valutata con attenzione.

Lo stesso Ocse ha diramato ad inizio aprile 2020 diversi contributi inerenti gli effetti della pandemia da Covid-19 su alcuni aspetti connessi alla fiscalità internazionale, come la residenza delle persone fisiche (www.oecd.org/coronavirus/en/).

In relazione, infatti, alle restrizioni collegate agli spostamenti tra Paesi e/o tra Stati, diversi soggetti non sono stati più in grado di spostarsi, ad esempio per tornare nello Stato in cui effettivamente vivono.

È capitato, ad esempio, che alcuni soggetti fiscalmente residenti all’estero, iscritti Aire, per un qualsiasi motivo si sono trovati bloccati in Italia e non sono più riusciti a rientrare nel Paese estero di residenza e, a seguito dei vari “lock down”, hanno trascorso così più di 183 giorni in Italia.

Come noto, secondo l’articolo 2 Tuir, la permanenza per più della metà del periodo di imposta nel nostro Paese è una condizione che potrebbe rendere qui fiscalmente residente un soggetto.

L’Ocse rileva, però, come la crisi Covid-19 rappresenti una circostanza eccezionale. Le autorità fiscali dovranno considerare un arco temporale più lungo per valutare lo stato di residenza di una persona.

Sulla questione è stata di recente resa nota l’interrogazione parlamentare alla risposta in Commissione VI Finanze n. 5-04654 in cui gli onorevoli hanno osservato come i vari Governi abbiano adottato, durante il 2020, misure restrittive sulla libertà di circolazione.

La circostanza potrebbe avere quindi un impatto sulla determinazione della residenza fiscale. L’interrogazione parlamentare è nata, pertanto, dalla necessità di sollecitare l’amministrazione finanziaria affinché vi fosse una pronuncia esplicita di rinvio al 2021 per l’applicazione de criterio della permanenza per oltre “183gg”.

I parlamentari hanno chiesto precise indicazioni circa le iniziative che l’Agenzia delle Entrate intende adottare per garantire ai cittadini iscritti Aire di non vedere compromesso il proprio status di residenza fiscale all’estero in ragione di un più prolungato periodo di permanenza in Italia durante il 2020, considerato che, sia la mobilità nazionale, che quella internazionale hanno risentito e continuano a risentire delle misure di contenimento del Covid.

L’Amministrazione Finanziaria, in prima battuta, si è espressa ricordando che l’iscrizione Aire non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale.

In ogni caso, infatti, se un contribuente è ritenuto residente da due Stati, si deve far riferimento alle convenzioni contro le doppie imposizioni (tie breack rules).

La pandemia Covid, però, rappresenta una condizione particolare e l’Amministrazione Finanziaria, in risposta all’interrogazione parlamentare, ha confermato il proprio parere favorevole circa quanto stabilito in sede Ocse ad aprile 2020, anche per non gravare sugli adempimenti delle varie amministrazioni e dei contribuenti.

Di conseguenza, pertanto, se una persona fisica non residente fiscalmente in Italia è stata costretta a prolungare il periodo di soggiorno in Italia a causa della circostanza straordinaria ed eccezionale della pandemia, ciò dovrebbe essere tenuto in considerazione al fine di stabilire, per detta persona, una variazione di residenza ai fini dei singoli trattati, con particolare riferimento al criterio del “soggiorno abituale”.