10 Dicembre 2018

Fatture elettroniche PA e tra privati con serie numerica unica

di Alessandro Bonuzzi
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Sebbene entrambe le fattispecie rientrino nell’alveo della fatturazione elettronica, continuano e continueranno a permanere alcune differenza sostanziali tra le fatture elettroniche verso la pubblica Amministrazione, il cui obbligo è scattato dal 2015, e le fatture emesse nei confronti di altri soggetti privati, il cui obbligo generalizzato scatterà dal 1° gennaio 2019.

Infatti, in primo luogo, se, da una parte, in ogni caso il documento “viaggia” attraverso il SdI, dall’altra, non deve essere fatta confusione tra codice univoco e codice identificativo.

Il codice univoco, composto da 6 caratteri, deve essere indicato sulle fatture PA e identifica l’ufficio della pubblica Amministrazione; qualora l’ufficio acquirente non disponga di uno specifico codice, allora va indicato il codice dell’ufficio centrale (“999999”).

Diversamente, il codice destinatario, composto da 7 caratteri, riguarda le fatture B2B o B2C, emesse quindi verso altri soggetti privati. Qualora il cliente non abbia comunicato alcun codice destinatario ovvero abbia comunicato quale indirizzo telematico un indirizzo PEC, il campo dedicato al codice destinatario va comunque compilato con l’indicazione di 7 zeri (“0000000”). Se, invece, il cliente è un soggetto Ue o extra-Ue, ma si decide di procedere comunque all’invio della fattura elettronica, magari per evitare la trasmissione dell’esterometro, il codice da indicare è “XXXXXXX”.

Altra differenza attiene alla firma digitale da apporre sulle fatture. Per quanto riguarda le fatture PA, la firma è obbligatoria, mentre con riferimento alle fatture B2B o B2C la firma è solo facoltativa.

Ancora, un ulteriore punto di diversità concerne il momento di emissione del documento. Le fatture PA si considerano emesse al rilascio della ricevuta di consegna; invece, le fatture verso privati si considerano emesse al superamento dei controlli, con conseguente accettazione del file da parte del SdI. Tantoché, con riferimento a queste ultime, in una delle FAQ recentemente pubblicate dall’Agenzia delle entrate viene chiarito che:

  • nel caso in cui la fattura elettronica riporti un numero di partita Iva ovvero un codice fiscale del cessionario/committente inesistente in Anagrafe Tributaria, il SdI scarta la fattura, la quale non può quindi considerarsi emessa;
  • nel caso in cui la fattura elettronica riporti un numero di partita Iva cessata ovvero un codice fiscale di un soggetto deceduto ma entrambi esistenti in Anagrafe Tributaria, il SdI non scarta la fattura e la stessa sarà correttamente emessa ai fini fiscali.

Peraltro, in caso di emissione della fattura elettronica non andata a buon fine, vanno evidenziati effetti diversi sul piano del pagamento. Difatti, per le fatture PA, la legge prevede espressamente il divieto di pagamento, mentre per le fatture verso privati valgono le regole e gli accordi commerciali stabiliti tra le parti.

Preso atto di tutte queste diversità, peraltro da considerarsi non esaustive, va fatta però chiarezza su un aspetto pratico operativo di rilevante importanza, attinente all’eventuale obbligo di annotare separatamente le fatture PA dalle fatture elettroniche verso privati, con conseguente numerazione progressiva distinta.

Al riguardo, occorre tener conto di quanto precisato dall’Agenzia delle entrate con la circolare 36/E/2006, secondo cui “ove il contribuente intenda adottare la conservazione elettronica delle sole fatture elettroniche, è consentita la conservazione con le modalità tradizionali delle fatture in formato analogico a condizione che le stesse siano annotate in un apposito registro sezionale e numerate progressivamente con una distinta serie numerica in ordine cronologico, senza soluzione di continuità per periodo di imposta. In tale evenienza, per ogni singolo cliente o fornitore dovrà essere eseguita un’unica modalità di conservazione per l’intero periodo d’imposta, in modo che le fatture emesse o ricevute risultino annotate tutte nello stesso registro”. In sostanza il chiarimento consentirebbe di equiparare sotto il profilo della registrazione e della numerazione tutte le fatture elettroniche.

Sicché si dovrebbe ritenere che le fatture elettroniche, siano esse PA oppure B2B o B2C, possano essere annotate in un unico sezionale e numerate progressivamente con unica serie numerica.

Inoltre, siccome una delle FAQ dell’Agenzia delle entrate, “superando” il contenuto della circolare 36/E, ha sancito:

  • la piena equiparazione tra fattura analogica ed elettronica, non dovendo i contribuenti adottare registri sezionali/sotto sezionali ai fini della registrazione e
  • la possibilità di proseguire ininterrottamente la numerazione delle fatture elettroniche e di quelle analogiche,

dovrebbe essere consentita la tenuta di un unico sezionale e un’unica numerazione per tutte le fatture emesse, siano esse elettroniche – PA o B2B o B2C – oppure analogiche.

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La fatturazione elettronica e l’organizzazione di studio