13 Giugno 2024

Detrazione per ristrutturazione trasferibile solo in casi specifici

di Cristoforo Florio
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La scheda di FISCOPRATICO

A norma dell’articolo 16-bis, comma 8, Tuir, vi sono due possibili casi in cui la detrazione Irpef spettante a fronte degli interventi di recupero edilizio, previsti nel richiamato articolo di legge, può essere trasferita ad un altro soggetto per la quota non utilizzata in tutto o in parte.

Il primo caso è quello della vendita dell’immobile, in relazione al quale sono state sostenute le spese agevolate: in tale ipotesi, la normativa vigente prevede che la detrazione maturata sia trasferibile, per i rimanenti periodi d’imposta, al soggetto acquirente persona fisica dell’immobile, salvo diverso accordo tra le parti.

Il secondo caso è, invece, quello del decesso dell’avente diritto: in questa ipotesi, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all’erede che abbia conservato la detenzione materiale e diretta del bene.

Al di fuori di queste due ipotesi normative, la detrazione in questione non può essere trasferita, a nulla rilevando accordi di diverso tipo intercorsi tra le parti (ad esempio, in sede di separazione consensuale), volti a trasferire il beneficio fiscale ad altro soggetto.

Quest’ultimo è stato il principio ribadito dalla sentenza n. 42/3 del 17.1.2024, pronunciata dalla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Liguria.

Nel caso trattato dai giudici genovesi, un contribuente riceveva da un parente (poi defunto) un immobile in comodato e, successivamente, procedeva a ristrutturarlo insieme al coniuge, traendo la provvista necessaria per il pagamento dei lavori da un contratto di mutuo bancario sottoscritto unitamente a quest’ultimo.

Le spese di ristrutturazione venivano sostenute da entrambe i coniugi e venivano da ciascuno portate in detrazione in dichiarazione dei redditi al 50%.

In assenza di indicazioni specifiche fornite nel testo della sentenza, è presumibile che la quota di spese portata in detrazione dal coniuge non comodatario sia stata fiscalmente fruita come “familiare convivente”, non emergendo dagli atti processuali un ulteriore “collegamento giuridico” tra l’immobile ed il coniuge non comodatario.

Tutto ciò premesso, a seguito di separazione consensuale, la casa coniugale, con il conseguente diritto di abitazione, veniva assegnata al coniuge comodatario, concordandosi tra le parti che quest’ultimo si sarebbe surrogato nella quota del 50% del mutuo inizialmente cointestato con l’altro coniuge.

In conseguenza di tale surroga, i coniugi convenivano di attribuire le restanti rate di detrazione fiscale maturate dal coniuge non comodatario al coniuge comodatario/assegnatario della casa coniugale.

Tuttavia, l’Agenzia delle entrate contestava il trasferimento del “bonus” fiscale tra tali soggetti, sostenendo che ciascuno di loro avrebbe potuto portare in detrazione solo la quota di spese effettivamente sostenuta e documentata. In sostanza, quindi, le spese sostenute dal coniuge non comodatario non potevano essere trasferite al coniuge assegnatario della casa.

A seguito della sentenza di primo grado sfavorevole al contribuente, nell’ambito della quale i giudici evidenziavano che le detrazioni sono di esclusiva spettanza del soggetto cui sono intestate le fatture e che ha effettuato i relativi bonifici e, inoltre, che non vi era stato alcun passaggio di proprietà dell’immobile, veniva proposto l’appello in secondo grado.

La Corte di Giustizia, tuttavia, respingeva l’appello del contribuente, precisando che le modalità di trasferimento della detrazione sono normativamente previste dal comma 8, dell’articolo 16-bis, Tuir che, in quanto estremamente chiaro nel suo dettato, non ammetterebbe alcuna interpretazione estensiva.

Inoltre, ai fini del trasferimento della detrazione, non assumerebbe alcuna rilevanza l’accollo del mutuo acceso per la ristrutturazione.

Né risultavano applicabili, al caso di specie, i chiarimenti che aveva fornito l’Agenzia delle entrate con la circolare n. 13/E/2013, in cui veniva trattato il caso della separazione legale e dei lavori effettuati sull’immobili successivamente a tale separazione; in tale casistica, infatti, la spese venivano sostenute dal contribuente assegnatario e titolare del diritto di abitazione sulla casa coniugale dopo (e non prima) della separazione, con conseguente maturazione del diritto di detrazione fiscale unicamente in capo a quest’ultimo.

A parere di chi scrive, il punto centrale del diniego nei confronti del contribuente resta la mancanza di un trasferimento giuridico tra i coniugi dell’immobile, atteso che – in base a quanto emerge dagli atti processuali – quest’ultimo era detenuto in comodato.

Si sarebbe, invece, potuti giungere a diverse conclusioni, qualora ci fosse stato anche un trasferimento di un diritto reale sul bene; in tal senso, si veda anche la risposta a interpello n. 142/2020, in cui l’Amministrazione finanziaria ha considerato applicabile, al contratto di divisione, il meccanismo di trasferimento della detrazione, previsto dal comma 8, dell’articolo 16-bis, Tuir.