30 Maggio 2023

Definizione delle liti: l’Agenzia delle Entrate nega lo scomputo delle sanzioni

di Domenico SantoroGianluca Cristofori
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La scheda di FISCOPRATICO

Secondo l’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate, non sarebbe possibile scomputare dagli importi dovuti per accedere alla disciplina della definizione agevolata delle liti tributarie quanto versato dal contribuente, anteriormente all’impugnazione dell’atto impositivo, a titolo di definizione agevolata delle sole sanzioni (ex-articolo 17, comma 2, D.Lgs. 472/1997).

Ciò nonostante la Corte di Cassazione, con l’unica pronuncia a nostra conoscenza (sentenza n.2378 del 25.01.2023), abbia espresso un’interpretazione in senso contrario, ammettendo detto scomputo anche al fine di evitare inaccettabili disparità di trattamento tra contribuenti lesive del principio costituzionale di eguaglianza.

Più in dettaglio, l’articolo 1, commi da 186 a 203, L. 197/2022 (cd. “Legge di Bilancio 2023”), ha introdotto una particolare forma di definizione agevolata delle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria, in cui siano parti l’Agenzia delle Entrate o l’Agenzia delle Dogane, pendenti alla data del 1° gennaio 2023, prevedendo che “[…] possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio […], con il pagamento di un importo pari al valore della controversia”, in misura percentuale variabile in ragione del grado in cui la lite è pendente e dell’esito dei precedenti gradi di giudizio.

Il comma 196 del menzionato articolo 1 della “Legge di Bilancio 2023”, con una formulazione analoga a quella utilizzata nella precedente “edizione” della definizione agevolata delle controversie tributarie (articolo 6, comma 9, D.L. 119/2018), dispone, inoltre, che “Dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio […]”.

Con riferimento alla “precedente” edizione della definizione agevolata, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 6/E/2019, confermando la propria tesi interpretativa, aveva ritenuto che “Possono essere scomputati tutti gli importi di spettanza dell’Agenzia delle entrate pagati, in particolare, a titolo provvisorio per tributi, sanzioni amministrative, interessi, sempre che siano ancora in contestazione nella lite che si intende definire. […] non possono essere scomputati gli importi versati per definire in via agevolata le sanzioni ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. n. 472 del 1997, atteso che le stesse, in quanto già definite, non sono mai state in contestazione […]”.

Proprio con riferimento alla menzionata “precedente edizione” della definizione agevolata, la Corte di Cassazione, con la succitata sentenza n.2378 del 25.01.2023, ha precisato che, “A differenza di altre precedenti disposizioni clemenziali o condonistiche, la novella del 2018 [n.d.r., così come la novella del 2022, avendo analogo tenore] consente di calcolare ai fini della definizione agevolata, tutte le somme comunque versate nel corso del giudizio. In quanto lex specialis e posteriore, essa deroga all’altra disposizione premiale, il citato d.lgs. n. 472/1997, che consente di definire le sanzioni con un abbuono dei due terzi, rinunciando alla loro ripetizione, concentrando il contenzioso solo sulle imposte. In altri termini, le due disposizioni premiali non sono incompatibili, poiché una contiene l’altra, nel senso che la definizione delle sanzioni di cui alla d.lgs. n. 472/1997 ha collegamento con la definizione di cui al D.L. n. 119/2018. Accedendo ai benefici della prima, le somme relative escono dal contenzioso, divenendo definitivamente irripetibili, ma restano sempre somme corrisposte in ragione ed in costanza della controversia che si vuole definire con la procedura di cui al più volte citato D.L. n. 119/2018. Deve infatti essere valorizzata l’espressione testuale del legislatore che ha voluto fossero scomputabili le somme “a qualsiasi titolo” versate in costanza di giudizio e che trovano fondamento sul contenzioso in essere che si vuol definire”.

Osserva, inoltre, la Corte di Cassazione che, “All’argomento letterale si affianca, irrobustendolo, l’argomento logico sistematico. Ed infatti, nell’ottica premiale, il contribuente che avesse pagato -pur in misura ridotta – le sanzioni non potrebbe tenerne conto nel calcolo del dovuto e subirebbe trattamento peggiore di chi non ha pagato nulla, poiché entrambi sarebbero tenuti a pagare la stessa somma. La conseguenza palesemente iniqua induce ad escludere l’opzione ermeneutica, dovendosi scegliere la soluzione interpretativa che sia conforme ai canoni costituzionali, nel caso di specie quelli dell’articolo 53 e 97 della Carta, specificazioni puntuali del generale principio di eguaglianza – formale e sostanziale – di cui all’articolo 3”.

Nonostante la chiara interpretazione della Corte di Cassazione, l’Agenzia delle Entrate ha invece ribadito la propria tesi interpretativa anche con riguardo all’attuale disciplina di definizione agevolata delle liti pendenti:

  • pur non prendendo posizione sulla tematica con le circolari 2/E/2023 e 6/E/2023, con la risposta all’istanza di interpello n.305 del 24.04.2023 è stata richiamata e confermata la tesi in precedenza sostenuta con la circolare 6/E/2019. A supporto della tesi sostenuta, sono stati citati anche alcuni precedenti giurisprudenziali (Corte di Cassazione n. 5166/2022, n. 25577/2017 e n. 18740/2015) i quali, tuttavia, si riferiscono a casi ben diversi, non aderenti alla disciplina della definizione agevolata delle liti tributarie;
  • espressamente sollecitata a rivedere la propria tesi interpretativa, in ragione del sopravvenuto orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, la Direzione Provinciale di Trento dell’Agenzia delle Entrate, in una recente risposta (non pubblica) a un’istanza di interpello, ha evidenziato “[…] in primis che per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato. In riferimento al caso di specie, si ritiene di non condividere la soluzione interpretativa proposta dalla società istante, in quanto, come evidenziato nei succitati documenti di prassi e come chiarito dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (Prot. n. 30294/2023), “dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio”; diversamente, gli importi versati per definire in modo agevolato le sole sanzioni ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, non possono essere scomputati in quanto non formano oggetto della materia del contendere”.

Considerati gli obiettivi che il Legislatore avrebbe inteso perseguire con l’introduzione della disciplina di definizione agevolata delle liti pendenti – ovverosia “[…] supportare le imprese e, in generale, i contribuenti nell’attuale situazione di crisi economica dovuta agli effetti residui dell’emergenza pandemica e all’aumento dei prezzi dei prodotti energetici”, nonché deflazionare e ridurre i procedimenti contenziosi attualmente in essere – l’interpretazione resa dall’Agenzia delle Entrate potrebbe infine determinare proprio l’effetto contrario, facendo lievitare i procedimenti contenziosi attualmente in essere, per effetto dell’impugnazione dei dinieghi di accesso alla disciplina che saranno eventualmente eseguiti da quei contribuenti che vorranno veder riconosciuto il proprio diritto allo scomputo delle sanzioni definite in modo agevolato ex-articolo 17, comma 2, del D.Lgs. 472/1997, in modo coerente con quanto finora precisato dalla stessa Corte di Cassazione.

Sarebbe, quindi, certamente auspicabile una revisione dell’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate, in modo da allinearsi al condivisibile orientamento espresso più di recente dalla Corte di Cassazione.