14 Ottobre 2016

Le coop. in perdita non applicano gli articoli 2447 e 2482-ter cod. civ.

di Gabriele Bacchiega
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La diffusione del documento titolato “Riduzione del capitale nelle società cooperative e ruolo dell’organo di controllo”, in data 30 settembre, da parte della Fondazione Nazionale dei Commercialisti crea l’occasione per parlare del tema delle perdite “civilistiche” nell’ambito assai particolare delle cooperative, nonché delle cautele che l’organo di controllo interno delle stesse, quando presente, deve opportunamente seguire al loro realizzarsi.

Le cooperative, come noto, sono oggetto di norme a loro dedicate in ambito codicistico, contenute nel capo II del Titolo VI del libro del Lavoro. Tuttavia, l’articolo 2519 cod. civ. dispone l’applicabilità, per quanto non previsto nel Titolo VI, delle disposizioni sulle Spa purché compatibili. Peraltro, si prevede (al comma 2) la possibilità di scegliere nell’atto costitutivo, in alternativa, le norme per le Srl, se la coop. non supera determinati parametri di “grandezza”. Per questo si parla, in alternativa, di “coop-Spa” o di “coop-Srl”.

Se la coop. realizza delle perdite di bilancio tali per cui viene ad essere intaccato il capitale sociale, bisogna quindi verificare la compatibilità degli articoli 2446 e 2447 cod. civ. (2482-bis e 2482-ter cod. civ. per le Srl) con la loro disciplina peculiare, dal momento che non esistono norme specifiche che trattino la riduzione del capitale per perdite.

Il legislatore, invece, prevede all’articolo 2525-duodecies una causa di scioglimento specifica delle coop.: la perdita integrale del capitale sociale. Pertanto, quando gli amministratori non convocano senza indugio l’assemblea affinché i soci possano prendere gli opportuni provvedimenti, l’organo di controllo è tenuto a farlo in forza dei poteri sostitutivi riconosciuti dalla legge (articolo 2406 cod. civ.). I soci, quindi, saranno chiamati a decidere sulla rimozione della causa di scioglimento, a mezzo di ricapitalizzazione, oppure ad accertarla, con il conseguente adempimento pubblicitario da parte degli organi societari.

Vediamo cosa succede al di fuori di questa ipotesi, ovvero se le perdite sono ingenti, ma non tali da azzerare il capitale sociale. È necessario partire dal presupposto che le coop. non sono assimilabili alle società di capitali per quanto riguarda la funzione del capitale sociale. Esso infatti è di norma variabile (articolo 2511 e 2524 cod. civ.), vigendo il principio della “porta aperta”, ovvero sono possibili ingressi e uscite di soci senza che questo costituisca modifica del contratto sociale.

La variabilità del capitale costituisce di per sé una causa di ostacolo alla verifica richiesta dal primo comma dell’articolo 2446 (2482-bis) cod. civ., dal momento che manca il parametro fisso di riferimento su cui basare il calcolo da cui risulti che il patrimonio netto contabile sia inferiore a due terzi del capitale. Ciò, a parere dei redattori del documento, non comporta incompatibilità delle previsioni contenute nel primo comma dell’articolo 2446 e nei commi 1, 2, 3 dell’articolo 2482-bis cod. civ. e, pertanto, ogni volta (non solo in sede di redazione del bilancio) che la coop. versi in una situazione potenziale di patrimonio netto inferiore a due terzi del capitale, è necessario che l’organo di controllo si attivi, nel caso di inerzia degli amministratori, per convocare i soci cui verrà sottoposta in assemblea una relazione sulla situazione patrimoniale da parte degli amministratori corredata dalle osservazioni dei sindaci. Queste osservazioni dovranno opportunamente valutare le soluzioni proposte per la copertura della perdita. A parere di chi scrive, se la convocazione senza indugio dell’assemblea allo scopo di informare i soci risulta di certo opportuna, tuttavia considerarla obbligatoria, a pena della sanzione amministrativa prevista all’articolo 2361 cod. civ., costituisce un eccesso di quelli che sono i doveri di vigilanza cui sono soggetti i sindaci. Procedere con la convocazione in luogo degli amministratori di certo pone al sicuro da eventuali future contestazioni, ma, per evitare una laboriosa verifica sul corretto ammontare di una perdita conseguita in corso d’anno, potrebbe essere considerato sufficiente il controllo sulle risultanze del bilancio annuale, senza che nessuno possa imputare omissioni ai sindaci. Chiaro che, se le perdite fossero tali da rendere impossibile per la cooperativa il conseguimento dell’oggetto sociale, allora si verrebbe a verificare una causa di scioglimento (articolo 2484, n. 2 cod. civ.) che, in difetto degli amministratori, deve essere accertata dall’organo sindacale.

Senza dubbio, i commi 2 e 3 articolo 2446 e 4, 5 e 6 articolo 2482-bis cod. civ., che disciplinano la riduzione del capitale in proporzione alle perdite, se queste non rientrano sotto il limite del terzo del patrimonio netto entro l’esercizio successivo, non possono essere compatibili con la normativa sulle cooperative, dal momento che, come visto, la riduzione del capitale non comporta modifica dell’atto costitutivo e di conseguenza una tale delibera non potrebbe essere iscritta al Registro delle imprese. I soci, pertanto, informati ogni anno della situazione patrimoniale in perdita, potrebbero legittimamente decidere di non procedere ad alcuna riduzione. I creditori sociali potranno comunque conoscere la situazione di “difficoltà” ed essere quindi tutelati consultando il bilancio annualmente depositato (se già non lo desumono da altri comportamenti quali ritardi nei pagamenti o insolvenze).

Tanto meno possono essere applicati alle coop. gli adempimenti più stringenti di cui agli articoli 2447 e 2482-ter cod. civ., proprio perché non è previsto un valore minimo legale del capitale sociale, al di sotto del quale l’assemblea convocata dagli organi sociali deve deliberare sulla riduzione e contestuale aumento dello stesso al minimo di legge. Non a caso l’articolo 2545-duodecies citato non contempla, tra le cause di scioglimento delle coop, il n. 4) dell’articolo 2484 cod. civ., ovvero appunto la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale.

È, ovviamente, fatta salva l’ipotesi sopra argomentata dello scioglimento per perdita integrale del capitale.

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