18 Gennaio 2023

Cessioni comunitarie con effetto traslativo differito ed invio di merce in depositi all’estero

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 6 del Decreto Iva dispone che le cessioni di beni mobili materiali si considerano effettuate nel momento di consegna o spedizione.

In deroga a tale disposizione, la norma prevede che le cessioni con effetto traslativo della proprietà differito rispetto a quello della consegna o spedizione si considerano effettuate nel momento del passaggio della proprietà, purché lo stesso avvenga entro l’anno.

In Italia, si sa, esiste un sistema giuridico molto formale, per cui di un bene si potrebbe avere la detenzione, il possesso e/o la proprietà.

La normativa Iva, agganciandosi al diritto civile, prevede che una cessione di beni si considera effettuata nel momento di passaggio della proprietà, per cui una consegna o spedizione che contestualmente non trasferisca il diritto alla proprietà, non viene considerata (ancora) una cessione di beni rilevante ai fini Iva.

Il caso più frequente di cessione con effetto traslativo differito è quello delle vendite con riserva di gradimento, nelle quali si consegna un bene al proprio cliente, affinché lo “provi”, ed il passaggio della proprietà avviene quando viene sciolta la riserva di gradimento, ed il cliente manifesta quindi l’intenzione di acquistare il bene.

In una operazione di questo tipo è quindi necessario emettere un ddt all’atto della consegna o spedizione del bene, indicando la causale per la quale non passa la proprietà, e poi emettere fattura con riferimento al momento in cui viene trasferito il diritto reale.

Cosa succede, invece, quando le cessioni con effetto traslativo differito avvengono con clienti di altri Stati membri della Ue?

L’articolo 39 D.L. 331/1993 prevede per le cessioni comunitarie una disposizione analoga a quella dell’articolo 6, e cioè, per la normativa nazionale esisterebbero le cessioni con effetti traslativi differiti; sarebbe possibile – sempre per la normativa nazionale – inviare dei beni in Germania al proprio cliente, senza trasferire la proprietà, e considerare avvenuta la cessione nel momento di passaggio della stessa.

Nonostante il passaggio della proprietà sia avvenuto quando la merce è già all’estero, per la normativa italiana si realizza una cessione comunitaria nel momento di passaggio della proprietà.

Personalmente ho sempre avuto dubbi sulla compatibilità di questa norma con la disciplina europea, la quale in primo luogo prevede che le cessioni di beni non si considerino effettuate nel momento di formale passaggio della proprietà ma in quello del diritto di utilizzare il bene, e dall’altra parte prevede che nel momento in cui una impresa invia un bene in altro Stato, e tale bene è ancora suo quando è nell’altro Stato, debba realizzare una “cessione a se stesso”, cioè identificarsi nello Stato di arrivo della merce, e fare uno scambio intracomunitario tra due numeri di identificazione Iva dello stesso soggetto.

In sostanza, le due norme sembrano prevedere che un caso potrebbe essere quello di una cessione comunitaria che si perfeziona nel momento di spedizione della merce, ed un altro caso sarebbe quello di identificazione del fornitore nel Paese di destino, trasferimento a se stessi, e cessione nazionale dello Stato di destino (la quale talvolta è con il reverse charge ai sensi dell’articolo 194 della Direttiva, e talvolta obbliga ad esercitare la rivalsa dell’Iva locale).

Nella disciplina comunitaria non sembra esserci spazio, in sostanza, per le cessioni con effetti traslativi differiti.

Proprio per l’esistenza di tale impossibilità, il legislatore comunitario ha istituito il regime del call-off stock, il quale consente al cedente di non doversi identificare nello Stato di destino, e fatturare una cessione comunitaria nel momento di passaggio della proprietà; ma tale regime, si applica solo al ricorrere di determinate condizioni.

In questo senso, c’è da prestare attenzione quindi al fatto che nello Stato in cui si effettua una cessione con effetto traslativo differito, sia ancora in vigore una norma simile al nostro articolo 39, e quindi esista questo concetto, al fine di non doversi identificare nello Stato di destino.

Ad esempio, chi scrive invita a prestare particolare attenzione all’effettuazione di operazioni di questo tipo con la Germania, mentre, “per sentito dire” sembrava essere più tranquilla la situazione con la Francia.

Proprio la Francia è stata oggetto dell’interpello 49/2023 avente ad oggetto un caso simile, e da tale interpello capiamo che i francesi ammettono le cessioni e gli acquisti comunitari con effetti traslativi differiti (sempre “per sentito dire”, il differimento però non potrebbe superare i tre mesi)…

Il caso però, a ben guardare, non ha ad oggetto il nostro concetto di cessione con effetto traslativo differito, il quale prevede che l’effetto traslativo della proprietà avvenga in un secondo momento (in particolare quando la merce è già all’estero), ma la individuazione del cliente, la volontà potenziale di compravendere e soprattutto lo scambio fisico avvengano con un soggetto già individuato.

Il caso trattato nell’interpello – molto frequente in particolare per chi vende online – ha ad oggetto l’invio di merci in un deposito estero, e la successiva cessione delle merci al cliente finale, la cui identità esatta diverrà nota solo in un secondo momento.

In un caso simile, nonostante per l’Autorità fiscale francese sarebbe stato possibile lo scambio intracomunitario con effetto traslativo differito tra il venditore italiano e l’acquirente finale francese, per l’Agenzia delle Entrate italiana è necessaria l’identificazione nello Stato di destino, e la realizzazione di una cessione a se stessi.

Il caso, per la verità, appare molto simile a quello di invio di merce in fiera, e successiva cessione, per il quale la circolare 13/1994 considerava possibile la realizzazione di una cessione con effetto traslativo differito.

Negando ora questa possibilità, l’Agenzia delle Entrate si allinea – ad esempio – alla prassi tedesca che prevede l’obbligo di identificarsi nello Stato di destino (obbligo che non sussisterebbe, ovviamente, se il bene inviato in fiera rientrasse in Italia).