24 Ottobre 2018

Abuso del diritto e valide ragioni extrafiscali

di Massimiliano Tasini
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È passata forse sottotraccia la ordinanza n. 11529 dell’11.05.2018, con la quale la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza CTR Milano n. 157/45/12.

La vicenda, relativa ad una plusvalenza da redditi diversi, evoca uno schema classico: accertamento emesso sugli eredi per il recupero della plusvalenza che l’Ufficio ipotizza essere stata realizzata dal de cuius con la permuta di un terreno edificabile inizialmente donato dal papà al figlio e quindi permutato da quest’ultimo, otto giorni dopo, ad una società a responsabilità limitata. Secondo la CTR i contratti posti in essere tra le parti non provano l’esistenza di una interposizione fittizia di persone né, nella specie, sarebbe risultata applicabile la disciplina dell’abuso del diritto.

La Corte preliminarmente richiama le pregresse pronunce relative a fattispecie analoghe con le quali sono stati dichiarati inopponibili all’Amministrazione finanziaria i benefici fiscali derivanti dalla combinazione della donazione di un terreno da parte di un genitore ai figli pochi giorni prima della vendita ad un terzo, poi effettuata da questi ultimi, in quanto interposti; in particolare, tali pronunce si fondano sull’articolo 37, comma 3, D.P.R. 600/1973, ritenuto di matrice antielusiva e che non necessariamente presuppone un comportamento fraudolento. Quest’ultima disposizione, inoltre, non si esaurisce nei fenomeni simulatori, all’interno dei quali si colloca l’evocata ipotesi di interposizione fittizia, applicandosi anche alle ipotesi di operazioni effettive e reali, nelle quali il prezzo è effettivamente percepito dai venditori-donatari; circostanza che non è di per sé sufficiente ad escludere lo scopo elusivo dell’intera operazione negoziale (Cass., n. 14470/2016, n. 25671/2013, n. 449/2013 e n. 5408/2017).

Fin qui, a parte la oramai consolidata tendenza espansiva nella lettura dell’articolo 37, comma 3, D.P.R. 600/1973, sembrava tutto chiaro.

Senonché, la Corte prosegue, osservando che “nulla impone al contribuente di optare, nell’espressione della propria autonomia negoziale, per la soluzione più onerosa sul piano fiscale”.

In particolare, osserva la Corte, “non vi sono elementi che portino ad escludere che la donazione sia stata effettuata per spirito di liberalità fra padre e figlio e che si tratti di una operazione studiata e preparata al fine di eliminare il carico fiscale applicabile sulla plusvalenza”.

La Commissione Tributaria Regionale ha invero osservato che il papà era proprietario di un terreno posto in un comprensorio edificabile nel quale insisteva anche un’area di proprietà dell’altro figlio. Il terreno del padre, per la sua conformazione, non era edificabile e, per renderlo tale, era necessario operare delle permute con altri suoli, ubicati nel medesimo comprensorio, di proprietà della società poi acquirente del terreno.

La circostanza per la quale il papà desiderava che l’edificio da erigere sul proprio terreno, una volta reso edificabile, fosse attributo al proprio figlio, in quanto in prossimità di quello dell’altro figlio, farebbe perdere all’operazione la sua potenziale natura abusiva.

D’altra parte, osserva la Corte Territoriale, “l’assenza di un atto di retrocessione, dal figlio al padre, del terreno ricevuto con la permuta, indica che detto padre, poi deceduto, voleva effettivamente donare al figlio un terreno sul quale quest’ultimo avrebbe potuto costruire un edificio (peraltro in prossimità di quello che avrebbe potuto edificare l’altro figlio) e, di conseguenza, voleva, nel contesto affettivo e solidale della famiglia, porre in essere un negozio a titolo gratuito e non oneroso”.

Da ultimo, la Corte rileva che le ragioni di merito – di cui si è dato conto – escludono pure la natura abusiva dell’operazione: il contribuente ha scelto una sequenza “possibile e lecita” dei negozi giuridici ed il Fisco non può imporre un diverso ordine temporale.

È una pronuncia tanto interessante quanto sorprendente: l’argomentazione di merito sembra obiettivamente piuttosto debole, oltreché non agevolmente sostenuta sul piano documentale. È ovvio osservare che non compete alla Corte di Cassazione valutare il merito della vicenda, ma alla luce della pregressa giurisprudenza sembrava difficile che una simile ricostruzione della volontà delle parti fosse “sufficiente” a superare i precedenti in materia, non foss’altro perché il brevissimo tempo trascorso tra la donazione e la successiva cessione suscita il sospetto che la tesi del Fisco fosse davvero fondata.

Ancora una volta registriamo comunque la necessità di una ricostruzione puntuale delle ragioni sottese alle scelte: la vittoria ottenuta dal contribuente in questo giudizio dimostra che tanta determinazione porta i suoi frutti.

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