La verifica fiscale alla stabile organizzazione occulta e le sanzioni applicabili
di Marco BargagliAi sensi dell’articolo 162, TUIR, è possibile anche individuare la presenza di una stabile organizzazione occulta sul territorio dello Stato italiano.
In particolare, il fenomeno evasivo/elusivo riconducibile alla “stabile organizzazione”, si configura quando:
- un soggetto non residente ha costituito una sede fissa d’affari “occulta” in Italia, per mezzo della quale esercita un’attività d’impresa evadendo le imposte dovute (Ires, Irap, Iva);
- un soggetto residente in Italia “occulta” l’esistenza di una stabile organizzazione estera, al fine di evitare che il reddito prodotto dalla stessa venga tassato in Italia in base al c.d. worldwide principle (tassazione su base mondiale).
Sul punto, nella circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza n. 1/2008, “Istruzioni sull’attività di verifica”, Vol. III, Parte VI, Capitolo 7, par. 4, pag. 139, viene chiarito che: “Le forme evasive più pericolose che interessano l’istituto della stabile organizzazione sono individuabili, principalmente, nelle situazioni in cui: un’impresa estera operi in Italia attraverso una stabile organizzazione non formalmente costituita e, pertanto, sconosciuta come tale all’Amministrazione finanziaria; un’impresa residente fiscalmente in Italia disponga all’estero di stabili organizzazioni non dichiarate”.
In merito, come sancito dal documento di prassi, i verificatori dovranno raccogliere tutti gli elementi probatori comprovanti il centro di imputazione fiscale del soggetto, in base alle disposizioni contenute nell’articolo 162, TUIR, che ha recepito a livello domestico quanto disposto dall’articolo 5 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni, al quale si uniformano le convenzioni internazionali stipulate dall’Italia con gli Stati esteri, che definisce la stabile organizzazione: “una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività”.
Ai sensi dell’articolo 162, TUIR, ai fini delle imposte sui redditi, l’espressione “stabile organizzazione” comprende:
a) una sede di direzione;
b) una succursale;
c) un ufficio;
d) un’officina;
e) un laboratorio;
f) una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche in zone situate al di fuori delle acque territoriali in cui, in conformità al diritto internazionale consuetudinario ed alla legislazione nazionale relativa all’esplorazione ed allo sfruttamento di risorse naturali, lo Stato può esercitare diritti relativi al fondo del mare, al suo sottosuolo ed alle risorse naturali.
Con l’articolo 1, comma 1010, lettera a), L. 205/2017 (Legge di Bilancio 2018) il Legislatore ha introdotto, all’articolo 162, comma 2, TUIR, la lettera f-bis), che definisce stabile organizzazione: “una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso”.
Nel modello Ocse di Convenzione internazionale la “permanent establishment” rileva, ai fini dell’articolo 7, par. 1, secondo cui se l’impresa di uno Stato contraente svolge la propria attività nell’altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata, gli utili da essa conseguiti sono imponibili, oltre che nello Stato di residenza, anche nello Stato della fonte, ma unicamente nella misura in cui siano attribuibili alla stabile organizzazione stessa.
L’articolo 5 del citato modello Ocse indica gli elementi necessari per la configurazione di una stabile organizzazione materiale. In merito, sono necessarie tre condizioni:
- una sede d’affari, cioè di un luogo (locali, magazzini, macchinari ed attrezzature);
- il fatto che tale sede di affari sia fissa (ovvero situata in un sito determinato e caratterizzata da un certo grado di permanenza);
- l’esercizio di un’attività d’impresa per mezzo di tale sede.
Di contro, ai fini IVA, l’articolo 9 della Direttiva 77/388/CEE, prima dell’entrata in vigore del regolamento UE 282/2011, stabiliva che: “Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale”.
Successivamente, l’articolo 11 del Regolamento UE 282/2011, del 15 marzo 2011, ha fornito la definizione di stabile organizzazione ai fini IVA, prevedendo che la stessa “designa qualsiasi organizzazione caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione”.
Sempre il citato Regolamento UE 282/2011 ha ulteriormente precisato che: “il fatto di disporre di un numero di identificazione IVA non è di per sé sufficiente per ritenere che un soggetto passivo abbia una stabile organizzazione”.
Per “soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato” si intende un soggetto passivo domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente che non abbia stabilito il domicilio all’estero, ovvero una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato e residente all’estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute (articolo 7, D.P.R. 633/1972).
Nel caso in cui gli obblighi o i diritti derivanti dalla applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto sono previsti a carico, ovvero a favore di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i medesimi sono adempiuti od esercitati, nei modi ordinari, dagli stessi soggetti direttamente, se identificati ai sensi dell’articolo 35-ter, ovvero tramite un loro rappresentante residente nel territorio dello Stato (articolo 17, D.P.R. 633/1972).
In sintesi, in presenza di una stabile organizzazione costituita sul territorio dello Stato italiano, la stessa assume lo status di “soggetto passivo stabilito” nel territorio in cui è situata, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute.
La stabile organizzazione occulta viene identificata come una sede fissa di affari, tramite la quale un’impresa non residente esercita un’attività economica sul territorio dello Stato, ponendo in essere atti rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto.
A livello giurisprudenziale, sulla base del prevalente approccio ermeneutico, è prevista la “non soggettività passiva tributaria” della stabile organizzazione, sulla base della storica pronuncia “Philip Morris” ove i Supremi Giudici, nella sentenza n. 7682 del 25 maggio 2002, hanno chiarito che i soggetti passivi tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi erano le società del gruppo Philip Morris estere e non la società residente riqualificata stabile organizzazione plurima.
Quindi, la stabile organizzazione occulta, sprovvista del codice fiscale e della partita IVA, avrebbe operato in Italia come “evasore totale”, non presentando la prescritta dichiarazione dei redditi.
Tale orientamento è stato sconfessato dalla stessa Corte di cassazione (cfr. sentenza n. 16106 del 22 luglio 2011), nella quale i giudici di Piazza Cavour hanno individuato, a carico della stabile organizzazione, una “soggettività fiscale di diritto interno”.
In sintesi, la stabile organizzazione occulta costituirebbe un autonomo centro di imputazione fiscale (sia ai fini Iva che delle imposte sui redditi) dotato di una propria soggettività tributaria, con la conseguenza che l’Amministrazione finanziaria potrà emettere avviso di accertamento nei confronti della società residente in Italia, dove si “annida” la stabile organizzazione occulta.
Ad ogni buon conto, nella generalità dei casi, l’individuazione della stabile organizzazione occulta sul territorio dello Stato determini, ai fini penali, fa scattare l’ipotesi delittuosa prevista e punita dall’articolo 5, D.Lgs. 74/2000 (rubricato omessa dichiarazione).
L’articolo 23, comma 1, lettera e), TUIR, prevede che i redditi di impresa riconducibili ai soggetti non residenti sono tassati in Italia se derivano da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione.
I soggetti non residenti che esercitano attività commerciali in Italia mediante stabili organizzazioni devono seguire gli obblighi contabili disciplinati dall’articolo 14, comma 5, D.P.R. 600/1973.
Di conseguenza, una volta individuata la stabile organizzazione in Italia del soggetto non residente, scattano precise conseguenze:
- determinazione del reddito ai fini Ires della stabile organizzazione attraverso un apposito conto dei profitti e delle perdite relativo alla gestione della stabile organizzazione ed alle altre attività produttive di redditi imponibili in Italia (ex articoli 151 e 152, TUIR);
- assolvimento degli obblighi contabili e dichiarativi, ai sensi degli articoli 4, comma 2, e 14, comma 5, D.P.R. 600/1973;
- determinazione del valore della produzione derivante dall’esercizio di attività commerciali, esercitata nel territorio dello Stato per un periodo non inferiore ai tre mesi, rilevante ai fini della tassazione IRAP, secondo quanto previsto dall’articolo 12, comma 2, D.Lgs. 446/1997.
Infine, ai fini Iva, la stabile organizzazione di una società non residente in Italia è equiparata ad un soggetto passivo residente: pertanto la stessa deve adempiere tutti gli obblighi previsti dalla Legge, tra cui la presentazione della dichiarazione di inizio attività, l’apertura della partita Iva, la presentazione delle dichiarazioni annuali Iva, il calcolo dell’imposta risultante dalle liquidazioni periodiche.


