1 Novembre 2014

Il primo livello di deducibilità degli interessi passivi

di Luigi Scappini
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Il finanziamento delle attività di impresa attraverso il reperimento delle risorse finanziarie presso soggetti terzi ha sempre rappresentato per le imprese il canale prioritario, con indubbia creazione di cospicui interessi passivi.
Negli ultimi tempi, vuoi a causa della contrazione, o per meglio dire della selezione, dell’offerta da parte degli istituti bancari e finanziari, vuoi a seguito dello stesso indirizzo impresso dal Legislatore che tende sempre più a incentivare il finanziamento delle imprese a mezzo del reinvestimento degli stessi capitali generati dall’imprenditore, tale forma di finanziamento incontra un minor utilizzo.
Tuttavia, gli
oneri finanziari rappresentano ancora una
voce rilevante dei
bilanci societari, soprattutto di quelli relativi alle imprese immobiliari.
L’attuale
contesto
legislativo di riferimento, in attesa delle annunciate ma non ancora realizzate intenzioni del Legislatore della riforma, è quello delineato dalla Legge n. 244/2007, la
Finanziaria per il 2008, che è andata a modificare il quadro creato dalla cosiddetta riforma Tremonti.
L’intervento ha determinato una
diaspora per quanto riguarda le
regole applicabili ai soggetti
Irpef, per i quali in sostanza è stato
mantenuto il previgente sistema incentrato sul
meccanismo del
pro rata reddituale, e
Ires per i quali, al
contrario è stato prevista una
deducibilità degli interessi passivi
per livelli.
Nello specifico, l’
articolo 96 del Tuir, individua un
primo
livello di deducibilità degli interessi passivi dato dall’
ammontare degli
interessi attivi e
proventi assimilati:
  1. derivanti da rapporti di natura finanziaria;
  2. derivanti da crediti di natura commerciale e
  3. virtuali ma solamente per quanto concerne i soggetti operanti con la P.A..
Sono deducibili tanti interessi passivi quanti sono quelli attivi come sopra individuati presenti nel bilancio societario.
Scendendo nel dettaglio, gli
interessi attivi derivanti da rapporti di natura
commerciale rilevano a prescindere dalla loro previsione contrattuale
esplicita piuttosto che
implicita.
Gli interessi attivi impliciti, consistono in una sorta di compenso – implicito per l’appunto nell’importo del credito – per la disponibilità di denaro a termine.
Posto che l’articolo 96, comma 3 del D.P.R. n.917/86 prevede l’inclusione degli interessi attivi derivanti da crediti di natura commerciale, gli stessi assumono sempre rilevanza ai fini dell’applicazione della disciplina in questione e ciò, tra l’altro, a prescindere dal fatto che siano impliciti ovvero esplicitati contrattualmente.
Discussa è la rilevanza o meno degli
interessi
attivi
di
mora stanziati in bilancio per ritardato pagamento.
Assonime con la Circolare n. 49/09 ha affermato che detti interessi,
non
derivando da alcun
rapporto di
finanziamento volontariamente posto in essere dall’impresa, non rappresentano interessi corrispettivi e quindi
non rientrano nel calcolo di cui all’articolo 96 Tuir.
Gli interessi attivi virtuali che l’articolo 96 ricomprende nel calcolo, riguardano esclusivamente soggetti che intrattengono rapporti con le P.A. poiché consistono negli interessi calcolati in riferimento ai pagamenti “ritardati” non ancora effettuati da parte della P.A. nei confronti della società stessa.
Il calcolo degli interessi deve essere fatto prendendo a base il tasso ufficiale di riferimento (TUR) aumentato di un punto percentuale con decorrenza dal giorno successivo a quello previsto per il pagamento e fino alla data di incasso del corrispettivo.
La
ratio che sottende la scelta operata dal Legislatore deve essere rinvenuta nell’offrire una
maggior tutela nei confronti dei “cronici”
ritardi nei
pagamenti da parte della P.A..
Infatti, includendo tale tipologia nel novero degli interessi attivi rilevanti ai sensi dell’articolo 96, di fatto viene incrementato il plafond da considerare al fine di valutare preliminarmente la quota di interessi passivi deducibili.
Per i
proventi assimilati valgono le
medesime
considerazioni fatte per gli interessi attivi in quanto agli stessi si riferiscono, per espressa previsione normativa.
È opportuno, pertanto, che l’individuazione dei proventi assimilati agli interessi attivi si basi su di una nozione economico-funzionale e non nominalistica della loro natura e che, in ogni caso, essi presentino un contenuto sostanziale assimilabile a quello degli interessi attivi relativi.
Dal
confronto potrà emergere alternativamente un’
eccedenza di
interessi
  1. passivi che dovrà essere sottoposta ai fini della sua deducibilità al secondo livello;
  2. attivi che andrà perduta non potendo essere oggetto di riporto negli esercizi successivi né oggetto di conferimento al consolidato fiscale nazionale
Nel primo caso, l’eccedenza di interessi passivi soggiace, come anticipato, al secondo livello di deducibilità individuato nel Reddito operativo lordo prodotto dall’impresa.
Infatti, sono ammessi in deduzione ulteriori interessi passivi per un importo pari al 30% del Rol (reddito operativo lordo) prodotto dall’impresa nell’esercizio di riferimento.