13 Ottobre 2016

La disdetta da parte del locatore

di Leonardo Pietrobon
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L’articolo 3 della L. 431/1998 stabilisce e regolamenta le ipotesi di disdetta del contratto di locazione da parte del locatore. In particolare, la citata disposizione normativa stabilisce che il locatore può “alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 1 dell’articolo 2 e alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 3 del medesimo articolo (ossia, 4 o 3 anni) avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi” (comma 1), qualora ricorra uno dei motivi elencati dalla medesima disposizione.

Dalla lettura della sopra riportata norma emerge che il locatore, in caso di mancata comunicazione, è obbligato a rinnovare il contratto per un ulteriore quadriennio alle stesse condizioni contrattuali.

Dal punto di vista operativo il comma 2 del medesimo articolo 3 impone il contenuto della comunicazione di disdetta da parte del locatore. In particolare, il comma 2 statuisce che “Nella comunicazione del locatore deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, fra quelli tassativamente indicati al comma 1, sul quale la disdetta è fondata”, in modo inequivocabile e circostanziato.

Il comma 1 stabilisce che il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto per i seguenti motivi:

  1. quando il locatore intenda destinare l’immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;
  2. quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l’immobile all’esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;
  3. quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;
  4. quando l’immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;
  5. quando l’immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l’integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all’ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell’immobile stesso;
  6. quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l’immobile senza giustificato motivo;
  7. quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 L. 392/1978.

Su tale aspetto, la giurisprudenza ha proprio chiarito che il locatore che intende non rinnovare il contratto di locazione deve fornire la prova “oggettiva” della sua volontà, intendendo per prova oggettiva la realizzabilità di quanto indicato nella comunicazione inviata al conduttore. Ciò che in ogni caso non è tenuto a dover dimostrare è la concreta ed effettiva realizzazione di quanto indicato.

Con la sentenza 16 gennaio 2013, n. 936, la Corte di Cassazione ha stabilito il concetto di cui sopra, affermando che “In tema di diniego di rinnovo del contratto di locazione ad uso abitativo secondo la suddetta norma (art. 3, Legge 431/1998) alla prima scadenza nella comunicazione del diniego di rinnovazione del contratto deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, tra quelli tassativamente indicati dallo stesso articolo, sul quale la disdetta è fondata. Tale norma (articolo 3 L. 431/1998) deve essere intesa nel senso che essa impone una specificazione precisa ed analitica della situazione dedotta, con riguardo alle concrete ragioni che giustificano la disdetta, in modo da consentire, in caso di controversia, la verifica della serietà e della realizzabilità della intenzione dedotta in giudizio e, comunque, il controllo, dopo l’avvenuto rilascio, circa la effettiva destinazione dell’immobile all’uso indicato nella ipotesi in cui il conduttore estromesso reclami l’applicazione delle sanzioni previste a carico del locatore dall’articolo 3 della stessa legge”.

Sotto il profilo sostanziale, l’esigenza di specificare i motivi da parte del locatore intende consentire al conduttore di verificare proprio se la motivazione riportata rientri tra le ipotesi normativamente previste, valutando la legittimità del diniego di rinnovo alla prima scadenza.

Nel caso in cui il motivo indicato risulti illegittimo o sia disatteso l’uso indicato, è permesso al conduttore di agire giudizialmente per il risarcimento del danno, nonché per il ripristino del contratto, alternativamente alla richiesta risarcitoria; facoltà che, secondo quanto stabilito dal comma 5 dell’articolo 3 L. 431/1998, può essere fatta valere dal conduttore nei dodici mesi successivi alla riacquistata disponibilità dell’alloggio.

In conclusione, si prevede dunque un diverso regime sanzionatorio:

  • il comma 3, nell’ipotesi di uso fraudolento della facoltà di disdetta, introduce unicamente una sanzione di tipo risarcitorio e non prevede la possibilità di ripristino del rapporto di locazione;
  • il comma 5, che colpisce il locatore che intende, in sostanza, solo liberare l’immobile – dal momento che fornisce una disdetta legittima ma non destina l’alloggio agli usi tassativamente dichiarati – il conduttore può scegliere tra una sanzione ripristinatoria, ossia il ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato, o risarcitoria ai sensi del comma 3.

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