24 Novembre 2025

La disciplina dei beni non soggetti ad ammortamento

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Nell’ambito delle disposizioni civilistiche e fiscali riguardanti il bilancio e il reddito d’impresa sono contemplate delle fattispecie di beni che, pur avendo utilità pluriennale, non sono ammortizzabili o, se lo sono, non trovano riconoscimento in sede fiscale. Il primo gruppo di beni “non ammortizzabili” è costituito dai terreni, in considerazione del fatto che la loro utilità non si esaurisce nel tempo. Se il valore dei fabbricati incorpora anche quello dei terreni sui quali insistono, il valore del fabbricato va scorporato, anche in base a stime, per determinarne il corretto ammortamento. Sono ammortizzabili, invece, i terreni che, in ragione del particolare utilizzo, sono soggetti a un deperimento effettivo:
i) terreni adibiti a cava per le imprese che fabbricano cemento (aliquota 8%);
ii) piste di atterraggio degli aeroporti (aliquota 1%);
iii) terreni adibiti a sedime ferroviario (aliquota 1%);
iv) terreni adibiti ad autostrada (aliquota 1%);
v) terreni permanentemente adibiti da imprese edili a deposito di materiale (risoluzione n. 7/1579/1982).
Non sono, inoltre, deducibili dal reddito d’impresa, le quote di ammortamento degli immobili patrimoniali, ovverosia dei fabbricati destinati a civile abitazione (categorie catastali del gruppo A, esclusi gli A/10) non utilizzati direttamente a titolo esclusivo per l’esercizio dell’impresa, a condizione che non si tratti di beni posseduti, ai fini del realizzo, dalle imprese di costruzione e rivendita immobiliare. Infine, ai sensi dell’art. 102, comma 5, TUIR, i costi relativi ai beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro sono deducibili dal reddito di impresa:
i) integralmente, con riferimento alle relative spese di acquisizione, nell’esercizio in cui le stesse sono state sostenute; oppure
ii) sulla base dei coefficienti previsti D.M. 31 dicembre 1988.
La deducibilità integrale del costo di tali beni ha natura facoltativa.

 

Premessa

L’ammortamento civilistico delle immobilizzazioni materiali (terreni e fabbricati, impianti e macchinari, attrezzature industriali e commerciali e altri beni) è disciplinato dal Principio contabile OIC 16.

Secondo la citata prassi contabile, sono generalmente ammortizzabili tutte le immobilizzazioni materiali, a eccezione dei terreni (salvo i casi in cui abbiano un’utilità destinata a esaurirsi nel tempo come nel caso delle cave e dei siti utilizzati per le discariche) e delle opere d’arte.

La scelta del criterio di ammortamento deve rispondere alla necessità di determinare il costo di competenza dell’esercizio in modo razionale e sistematico tenuto conto della «vita utile del bene»; intesa come «il periodo di tempo durante il quale l’impresa prevede di poter utilizzare l’immobilizzazione» (OIC 16).

Come precisato dal Principio contabile OIC 16, «la sistematicità dell’ammortamento non presuppone necessariamente l’applicazione del metodo a quote costanti, potendo applicarsi il metodo a quote decrescenti quando l’immobilizzazione è maggiormente sfruttata nella prima parte della vita utile».

In nessun caso è ammesso, però, l’utilizzo di metodi di ammortamento a quote crescenti, in quanto tale metodo tende a porsi in contrasto con il principio della prudenza. Analogamente, non è possibile utilizzare metodi di ammortamento che prevedono lo stanziamento di quote commisurate ai ricavi o ai risultati d’esercizio della società (o di un suo ramo o divisione).

Resta ovviamente inteso che, il criterio di ammortamento prescelto deve essere riesaminato qualora non più rispondente alle condizioni originarie previste nel piano di ammortamento, ovvero siano intervenuti cambiamenti tali da richiedere una modifica nella vita utile del cespite ammortizzabile.

 

Trattamento fiscale immobilizzazioni materiali

Ai fini fiscali, non rileva la vita utile stimata del cespite, poiché le quote di ammortamento delle immobilizzazioni materiali sono deducibili in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con Decreto MEF pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ridotti alla metà per il primo esercizio (art. 102, comma 2, TUIR).

 

Disallineamento ammortamento civilistico e fiscale

Posto che ai fini civilistici il periodo di ammortamento di un bene strumentale deve essere definito in relazione alla vita utile del bene, mentre ai fini della deducibilità fiscale occorre tenere conto delle prescrizioni e dei coefficienti di ammortamento definiti dal D.M. 31 dicembre 1988, potrebbe accadere che l’ammortamento civilistico iscritto in contabilità risulti:

− inferiore all’ammontare massimo deducibile;

In tal caso, l’impresa deduce il solo costo iscritto in Conto economico per il principio di derivazione.

 

− coincidente con l’ammontare massimo deducibile fiscalmente;

In tal caso, non si determina il sorgere di differenze tra valutazione civilistica e fiscale.

 

− superiore all’ammontare massimo deducibile.

In tal caso, è necessario effettuare una variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi pari all’ammontare di ammortamento iscritto non deducibile.

 

Tale differenza tra valutazione civilistica e valutazione fiscale comporta:

− il sorgere di una differenza temporanea deducibile, poiché le maggiori imposte dovute si tradurranno in minori imposte negli esercizi successivi al completamento del processo di ammortamento contabile;

− l’iscrizione in bilancio delle imposte anticipate, qualora ne ricorrano le condizioni di iscrizione, vale a dire la ragionevole certezza di ottenere, negli esercizi successivi, redditi imponibili sufficienti a consentirne il riassorbimento.

La disciplina fiscale degli “ammortamenti” opera in deroga al principio di “derivazione rafforzata”.

Conseguentemente, per tali soggetti trovano ancora applicazione le disposizioni del TUIR che prevedono limiti quantitativi alla deduzione di componenti negativi o la loro esclusione dalla formazione del reddito imponibile o la ripartizione in più periodi d’imposta, ivi incluse le disposizioni che pongono limiti al riconoscimento fiscale degli ammortamenti.

 

I beni non soggetti ad ammortamento

Nell’ambito delle disposizioni civilistiche e fiscali riguardanti il bilancio e il reddito d’impresa, sono contemplate delle fattispecie di beni che, pur avendo utilità pluriennale, non sono ammortizzabili o, se lo sono, non trovano riconoscimento in sede fiscale.

Si tratta, ad esempio, dei terreni (fatte salve alcune particolari fattispecie), delle cave per estrazione di materiale per l’edilizia, degli autoveicoli di proprietà dei soci utilizzati da organismi economici, dei cavalli da corsa (risoluzione n. 9/306/1980) e delle scorte vive cedute in leasing (risoluzione n. 9/1342/1980) che sono soggette a regole proprie di deducibilità.

 

Terreni

Il primo gruppo di beni “non ammortizzabili” è costituito dai terreni.

Si rappresenta che, ai fini contabili, i terreni possono essere classificati in bilancio in base alla loro destinazione:

Classificazione in bilancio dei terreni
Immobilizzazioni materiali Se normalmente impiegati come strumenti di produzione del reddito della gestione caratteristica e, quindi, non destinati alla vendita, né alla trasformazione per l’ottenimento dei prodotti della società
Rimanenze di magazzino Se destinati alla vendita o concorrono alla produzione di beni destinati alla vendita nella normale attività della società

Ai fini che qui interessano, non assumono rilievo le differenze tra nozione tributaria e nozione urbanistica di “area fabbricabile”, posto che le norme civilistiche e i principi contabili nazionali legano l’iscrizione dei beni in bilancio al trasferimento sostanziale dei relativi rischi e benefici, indipendentemente dal completamento del procedimento urbanistico. L’edificabilità incide, infatti, sul valore contabile dei terreni, ma non, invece, sulla loro iscrizione in bilancio.

Le aree fabbricabili non sono tendenzialmente sottoposte ad ammortamento. Sul punto, il Principio contabile OIC 16 precisa che tutti i cespiti sono ammortizzati tranne quelli la cui utilità non si esaurisce, come i terreni.

Se il valore dei fabbricati incorpora anche quello dei terreni sui quali insistono, il valore del fabbricato va scorporato, anche in base a stime, per determinarne il corretto ammortamento.

 

Fabbricati strumentali che insistono su terreni: scorporo valore dell’area

L’art. 36, comma 7, D.L. n. 223/2006, ha previsto l’indeducibilità dei costi riferiti ai terreni su cui insistono i fabbricati strumentali (e dei relativi terreni pertinenziali), con l’effetto che l’ammortamento del fabbricato deve essere assunto al netto del costo delle aree su cui insiste il fabbricato e di quelle pertinenziali.

La disposizione in commento interessa gli immobili strumentali sia per natura (categorie catastali A/10, B, C, D ed E) sia per destinazione, ossia quelli che, a prescindere dalla categoria catastale, sono comunque direttamente utilizzati dall’impresa. Non sono interessati dalla disposizione in esame, invece, gli impianti e i macchinari ancorché infissi al suolo, qualora gli stessi non costituiscano fabbricati iscritti o iscrivibili nel Catasto edilizio urbano.

In particolare, è disposto che, per gli immobili acquisiti a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data del 4 luglio 2006, il valore da attribuire alle aree, ove non autonomamente acquistate in precedenza, è pari al maggiore tra:

− il valore dell’area eventualmente esposto nel bilancio d’esercizio relativo al periodo di imposta in corso al momento dell’acquisto; e

− il valore che si ottiene applicando i coefficienti del 20% o 30% (per i fabbricati industriali) al costo di acquisto complessivo dell’immobile, comprensivo del valore dell’area.

Per fabbricati industriali si intendono quelli destinati alla produzione o alla trasformazione dei beni, tenendo conto della loro effettiva destinazione e prescindendo dalla classificazione catastale.

Non rientrano nella categoria dei fabbricati industriali, gli immobili destinati ad attività commerciale, quali negozi, locali destinati al deposito e allo stoccaggio di merci (circolare n. 1/E/2007).

Diversamente, sono definiti fabbricati strumentali gli impianti fotovoltaici che costituiscono beni immobili autonomamente accatastabili, in quanto destinati alla produzione del bene energia mediante la conversione delle radiazioni solari, a prescindere dalla classificazione catastale (circolare n. 36/E/2013).

Per le acquisizioni avvenute nei periodi di imposta precedenti a quello in corso al 4 luglio 2006, il confronto tra i predetti valori va effettuato prendendo a riferimento l’ultimo bilancio approvato prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 223/2006.

Le disposizioni fiscali di scorporo del valore del terreno, «si applicano anche alle singole unità immobiliari presenti all’interno di un fabbricato ossia anche per gli immobili che non possono essere definiti cielo-terra, per i quali i principi contabili internazionali non richiedono la separata indicazione in bilancio del valore del terreno» (circolare n. 1/E/2007 e circolare n. 11/E/2007).

Il costo complessivo (area e fabbricato) su cui applicare le già menzionate percentuali (20% o 30% per i fabbricati industriali) deve essere assunto al netto dei costi incrementativi capitalizzati, nonché delle rivalutazioni effettuate, le quali sono riferibili esclusivamente al valore del fabbricato (circolare n. 11/E/2007) ovvero, se sussistono i relativi presupposti, anche al valore dell’area sottostante (circolare n. 22/E/2009).

Per costi incrementativi si intendono le spese per interventi di manutenzione, riparazione, ammodernamento, trasformazione e ampliamento che siano state portate a incremento del costo dei fabbricati strumentali, sostenute successivamente all’acquisto o alla costruzione. Alla stessa stregua vanno trattati gli oneri di urbanizzazione.

 

Tipologie di terreni ammortizzabili in ragione del loro utilizzo

Sono comunque ammortizzabili, i terreni che, in ragione del particolare utilizzo, sono soggetti a un deperimento effettivo.

Si tratta, in particolare, dei seguenti specifici casi (D.M. 31 dicembre 1988):

− terreni adibiti a cava per le imprese che fabbricano cemento (aliquota 8%);

− piste di atterraggio degli aeroporti (aliquota 1%);

− terreni adibiti a sedime ferroviario (aliquota 1%);

− terreni adibiti ad autostrada (aliquota 1%);

− terreni permanentemente adibiti da imprese edili a deposito di materiale (risoluzione n. 7/1579/1982).

La Cassazione (sent. n. 10225/2017) ha affermato che il costo di acquisizione di un terreno, strettamente e funzionalmente pertinenziale a un impianto di distribuzione di carburante, deve essere ammortizzato, ai sensi dell’art. 102, comma 2, TUIR:

− secondo il coefficiente del 12,5% previsto dal D.M. 31 dicembre 1988 per «chioschi, colonne di distribuzione, stazioni di imbottigliamento, stazioni di servizio» riconducibile al Gruppo IX Industrie manifatturiere chimiche, specie 2 – Raffinerie di petrolio, produzione e distribuzione di benzina e petroli per usi vari, di oli lubrificanti e residuati, produzione e distribuzione di gas di petrolio liquefatto;

− a condizione che rimanga accertato, in concreto, che detto terreno abbia una “vita utile” limitata, ovvero che la sua utilizzazione sia “limitata nel tempo”, ai sensi dell’art. 2426, comma 1, n. 2), c.c.

 

Altri beni non ammortizzabili

Non sono altresì ammortizzabili:

− le cave per estrazione di materiale per l’edilizia, anche se è comunque riconosciuta la possibilità di dedurre il costo, nel limite della quota imputabile a ogni esercizio, ai sensi dell’art. 108, comma 3, TUIR, qualora l’acquisto della cava abbia «natura di costo direttamente imputabili ai beni la cui cessione dà origine ai ricavi dell’impresa stessa» (risoluzione n. 9/082/1977);

− gli autoveicoli di proprietà dei soci che vengono utilizzati da organismi economici (ad esempio società cooperative di lavoro, carovane, compagnie, gruppi, ecc.) per il trasporto di persone o cose (risoluzione n. 9/11603/1977);

− i cavalli da corsa (risoluzione n. 9/306/1980) e le scorte vive cedute in leasing (risoluzione n. 9/1342/1980), i cui costi sono deducibili, ai sensi dell’art. 108, comma 3, TUIR.

Anche le quote di ammortamento relative a beni utilizzati per esposizione e/o dimostrazione sono fiscalmente indeducibili dal reddito d’impresa, trattandosi di beni che non possono considerarsi strumentali all’attività d’impresa, essendo destinati alla vendita.

 

Immobili patrimonio

Non sono, inoltre, deducibili dal reddito d’impresa, le quote di ammortamento degli immobili patrimonio.

Rientrano in tale categoria, oltre ai terreni non utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa, anche i fabbricati destinati a civile abitazione (categorie catastali del gruppo A, esclusi gli A10) non utilizzati direttamente a titolo esclusivo per l’esercizio dell’impresa, a condizione che non si tratti di beni posseduti, ai fini del realizzo, dalle imprese di costruzione e rivendita immobiliare.

I proventi afferenti agli immobili patrimoniali concorrono, a norma dell’art. 90, TUIR, a formare il reddito di impresa secondo le modalità proprie dei redditi fondiari disciplinate dall’art. 37, TUIR, ovvero:

− per gli immobili patrimonio tenuti a disposizione dell’impresa (ovvero non locati), il reddito è determinato in base alla rendita catastale rivalutata del 5%, ai sensi dell’art. 3, comma 48, Legge n. 662/1996;

− per gli immobili patrimonio locati a terzi, il reddito è determinato assumendo il maggior valore tra la rendita catastale rivalutata del 5% e il canone di locazione pattuito in contratto, assunto per l’intero importo (senza poter invocare la riduzione forfetaria delle spese prevista dall’art. 37, comma 4-bis, TUIR) ed eventualmente ridotto soltanto dell’importo delle spese di manutenzione ordinaria effettivamente sostenute sull’immobile (e rimaste a carico dell’impresa), considerate fino a corrispondenza di un tetto massimo di riduzione dei canoni di locazione pari al 15% dei medesimi.

In altri termini, se l’impresa documenta spese di manutenzione ordinaria:

− eccedenti la soglia massima del 15% dei canoni di locazione, l’abbattimento dei canoni continua a essere riconosciuto nel limite del 15%;

− inferiori alla soglia massima del 15% dei canoni di locazione, l’abbattimento viene riconosciuto fino a concorrenza delle spese di manutenzione sostenute e rimaste a carico.

La principale conseguenza della determinazione del reddito degli immobili patrimonio, secondo le citate regole dei redditi fondiari, consiste, infatti, nell’impossibilità di dedurre dal reddito di impresa le spese e gli altri componenti negativi relativi agli immobili stessi, compresi gli ammortamenti.

 

Beni di valore inferiore a 516 euro

Un discorso particolare merita di essere affrontato per i beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro. Ai sensi dell’art. 102, comma 5, TUIR, il costo sostenute per tali beni è deducibile dal reddito di impresa:

− integralmente, con riferimento alle relative spese di acquisizione, nell’esercizio in cui le stesse sono state sostenute, oppure;

− sulla base dei coefficienti previsti D.M. 31 dicembre 1988.

La deducibilità integrale del costo dei beni di valore non superiore a 516,46 euro ha natura facoltativa, nel senso che il contribuente può scegliere di ammortizzare il cespite per quote annuali anche quando il costo unitario del bene ammortizzabile sia inferiore al suddetto limite di legge.

Secondo quanto precisato in passato dall’Amministrazione finanziaria, qualora il contribuente optasse per l’ammortamento in quote annuali, sulla base dei richiamati coefficienti ministeriali, tale scelta deve ritenersi irrevocabile. Questo è, infatti, quanto si legge nel contesto di un datato documento di prassi: «in considerazione del principio di continuità che lega i vari periodi d’imposta nonostante l’autonomia delle corrispondenti obbligazioni tributarie e attesa anche la necessità di assicurare le opportune garanzie per l’Erario, l’opzione di cui innanzi deve considerarsi irreversibile» (risoluzione n. 9/1551/1976).

La giurisprudenza di legittimità, in occasione di diversi interventi, ha meglio precisato che sono integralmente deducibili nell’esercizio in cui sono state sostenute (e conseguentemente non devono essere assoggettate ad ammortamento pluriennale) le spese di acquisizione di tutti quei beni, di valore inferiore a 516,46 euro, dotati di specifica e autonoma oggettiva individualità, ancorché funzionalmente strumentali all’utilizzazione di un altro bene (Cass. n. 23996/2013 e Cass. n. 14042/2011).

Per quanto concerne la verifica del superamento della predetta soglia di 516,46 euro, ai fini della deduzione integrale del relativo costo nell’esercizio di sostenimento, la dottrina è dell’avviso che i beni che costituiscono un’entità indivisibile (poiché strettamente collegati ai fini dell’utilizzazione da parte dell’impresa) devono essere considerati globalmente ai fini della verifica della soglia in parola.

Così, ad esempio, il costo di acquisizione di una tastiera di un personal computer (anche se di valore unitario non superiore a 516,46 euro) è stato ritenuto non integralmente deducibile (nel periodo d’imposta in cui è stato sostenuto il relativo costo), in ragione del fatto che è possibile utilizzare la tastiera soltanto in connessione con il personal computer che, nella maggior parte dei casi, presenta singolarmente un valore unitario superiore a 516,46 euro.

 

ESEMPIO 1 – DEDUZIONE INTEGRALE DEL COSTO DEL BENE NEL BILANCIO DELL’ESERCIZIO DI SOSTENIMENTO

Una società di capitali acquista, in data 1° ottobre 2025, un bene per un costo pari a 500 euro; lo stesso giorno il bene viene consegnato ed entra in funzione.

Per il bene il D.M. 31 dicembre 1988 prevede un coefficiente di ammortamento fiscale del 25%.

Contabilmente, la società decide di dedurre integralmente il costo del bene nell’esercizio di acquisto.

Si avrà la seguente situazione:

Anno Costo imputato al
Conto economico
Costo dedotto per derivazione
ai sensi dell’art. 102, comma 5, TUIR
2025 500 500
Totale 500 500

 

ESEMPIO 2 – AMMORTAMENTO CIVILISTICO DEL BENE IN PIÙ ESERCIZI

Una società di capitali acquista, in data 1° ottobre 2025, un bene per un costo pari a 500 euro; lo stesso giorno il bene viene consegnato ed entra in funzione.

Contabilmente, la società decide di ammortizzare il bene con un coefficiente del 20%, pari a una quota annua di 100 (500 x 20%); il D.M. 31 dicembre 1988 prevede, invece, un coefficiente fiscale del 25%, pari a una quota annua massima ammessa in deduzione di 125 (500 x 25%).

In sintesi:

(A) Costo di acquisizione 500
(B) Coefficiente di ammortamento civilistico 20%
(C) Coefficiente di ammortamento D.M. 31 dicembre 1988 25%

Si avrà la seguente situazione:

Anno Amm.to imputato al
Conto economico (A x B)
Amm.to dedotto per derivazione nei limiti degli artt. 102, comma 2 e 109, comma 4, TUIR
2025 50 50(*)
2026 100 100
2027 100 100
2028 100 100
2029 100 100
2030 50 50
Totale 500 500

(*) Riduzione alla metà dei coefficienti di ammortamento fiscale per il primo esercizio ai sensi dell’art. 102, comma 2, TUIR.