Alla ricerca del senso delle scritture contabili – Parte 1
di Viviana GrippoDefiniamo scritture contabili quell’insieme di rilevazioni, normalmente tenute con il metodo della partita doppia, che tengono “conto” dei fatti amministrativi che accadono di giorno in giorno in un’azienda. Per essere molto pratici, le scritture contabili sono il diario economico dell’azienda: rilevano quotidianamente i valori che intercorrono tra l’azienda e i terzi.
Nella citata definizione si è data una valenza “aziendale” al termine scritture contabili, in realtà, come vedremo più avanti, il termine, utilizzato sia civilmente che fiscalmente, indica l’insieme dei libri e delle rilevazioni che le norme civili e fiscali impongono alle aziende e, quindi, indicano, in un contesto normativo, non le sole semplici rilevazioni, ma anche i registri nei quali gli stessi vanno riportati e, più ampiamente, le modalità e formalità di tenuta delle stesse.
Noi qui parleremo delle scritture contabili nella loro valenza originaria di rilevazione dei fatti aziendali; quindi, della rilevazione di un evento economico effettuato con il metodo della partita doppia.
Le scritture contabili sono uno degli strumenti, il più immediato, che l’imprenditore utilizza per controllare l’andamento della sua gestione. La necessità di rilevazioni contabili per verificare il risultato aziendale dovrebbe essere motivo sufficiente, e senz’altro necessario, a ogni azienda per voler tenere e avere una buona gestione delle scritture contabili.
In realtà, la necessità delle scritture contabili è di fatto superata dall’obbligatorietà della loro tenuta prevista dalla Legge. Si può, comunque, ragionevolmente sostenere che le scritture contabili hanno sostanzialmente 3 finalità, che nei fatti ne informano la tenuta e, soprattutto, ne condizionano le modalità operative.
“L’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari. Deve altresì tenere le altre scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite”.
L’obbligo genericamente affermato verrà declinato, negli articoli successivi del Codice, sia in termini di contenuto che, seppure implicitamente, nelle modalità di tenuta (partita doppia). L’obbligo normativo risponde innanzitutto a un’esigenza di tutela dell’interesse pubblico; in questo, legittimamente, va ricompreso, a nostro modesto parere, anche l’interesse dello stesso imprenditore che, obbligato alla tenuta delle scritture contabili, è costretto dalla Legge a porre in essere strumenti che gli permettano di vigilare la propria azienda. La corretta tenuta incide, anche in modo rilevante, sulla responsabilità dell’imprenditore fallito e, primariamente, sulla sua possibilità di anticipare situazioni di dissesto e di utilizzare strumenti agevolativi per la chiusura dell’impresa, quali il concordato preventivo.
Il Legislatore “fiscale”, dovendo individuare e indicare una base imponibile su cui calcolare le imposte dirette, ha dovuto non solo esplicitare le modalità con la quale le aziende dovevano calcolare tale base (D.P.R. n. 917/1986), ma anche le formalità a cui le aziende sono tenute per permettere agli organi competenti una reale possibilità di controllo. In questo contesto, il Legislatore non ha potuto non tenere conto degli obblighi civili. Le scritture individuate dal D.P.R. n. 600/1973, il decreto sull’accertamento e sugli obblighi contabili in materia di imposte dirette, vanno intese, quindi, come scritture destinate, in primo luogo, all’adempimento di un obbligo non tanto finalizzato alla verifica dell’andamento aziendale, ma alla verifica della reale base imponibile dell’azienda. In questo contesto, è corretto parlare di obbligo fiscale separato dall’obbligo civile. L’art. 14, D.P.R. n. 600/1973, non si limita, quindi, a richiamare tra gli obblighi contabili di carattere fiscale il libro giornale e il libro inventari, ma, in relazione alla finalità propria della norma tributaria, elenca altre scritture contabili: registri IVA, libro beni ammortizzabili, scritture di magazzino.
La finalità aziendale non è prevista legislativamente seppure essa sia, nei fatti, la finalità prioritaria delle scritture contabili. È interesse prioritario dell’imprenditore verificare l’andamento dell’azienda. In questo contesto non ci sono modalità specifiche, predeterminate, con le quali questo avviene. La tecnica aziendale, la consulenza direzionale, il controllo di gestione sono le materie che individuano metodi e contenuto di queste modalità. Le scritture contabili assumono, per questo obiettivo, un ruolo non necessariamente prioritario. L’esigenza di controllare l’economicità della produzione, la costruzione di procedure decisionali, la gestione delle risorse umane, per citarne solo alcuni, sono aspetti della misurazione d’azienda che assumono ruoli e importanza maggiori in termini di impegno e di investimenti a seconda delle dimensioni e della natura dell’azienda stessa. Le scritture contabili rimangono comunque il minimo elemento di controllo e di misurazione dell’andamento aziendale.
Le 3 finalità sopradescritte vanno contemperate tra loro e questo non può non incidere nelle modalità operative dell’organizzazione contabile, informandole e condizionandole. Ragionando per assurdo, si potrebbe dire che alle 3 finalità potrebbero corrispondere 3 organizzazioni di scritture contabili diverse, ognuna costruita e asservita allo scopo specifico.
In parte questo è già vero, se guardiamo alle scritture contabili nella accezione più ampia. In campo fiscale, le scritture contabili legate alla normativa IVA hanno una loro struttura, una loro organizzazione e propri libri contabili.
Per quello che a noi interessa, le scritture contabili, nell’accezione “aziendale” con la quale qui ne scriviamo, sono unitarie e, eventualmente, il loro contenuto e metodo di costruzione delle rilevazioni verranno incisi dalle 3 finalità.
Come verrà illustrato in un prossimo intervento, l’organizzazione della contabilità con il metodo della partita doppia richiede l’individuazione di quelli che sono definiti normalmente i “conti” cioè gli elementi economici analitici che verranno rilevati, ad esempio la “cassa”, la “banca” ecc. L’insieme di queste voci definiscono il piano dei conti (PDC) che normalmente ha più livelli, raggruppamenti, a seconda della complessità delle rilevazioni e delle necessità informative dell’azienda. Proprio sull’organizzazione delle scritture e sul contenuto e metodologia della rilevazione si troverà risposta alle esigenze di integrare le 3 finalità.
Chi registra i fatti aziendali dovrebbe infatti sempre porsi la domanda “l’informazione che sto registrando è sufficiente per rispondere a tutte e tre le finalità delle scritture contabili?”.
