26 Giugno 2025

Il trust al nodo della comunicazione C.R.S.

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

Il prossimo 30 giugno 2025 è in scadenza la comunicazione CRS (common reporting standard) con riferimento ai dati finanziari relativi all’annualità 2024. Si tratta di una comunicazione che interessa principalmente gli istituti finanziari quali le Banche residenti in Italia che devono comunicare all’Agenzia Entrate l’esistenza di “account” intestati a soggetti non residenti nel nostro Stato e così, dal lato opposto, anche le istituzioni finanziarie estere comunicheranno alle rispettive Amministrazioni fiscali l’esistenza di rapporti finanziari con clienti italiani.

Tantissimi sono, infatti, i Paesi che aderiscono a questo scambio automatico di informazioni nel settore finanziario. L’elenco dei paesi partecipanti è aggiornato periodicamente dall’OCSE ed è consultabile a questo link.

Si tratta, infatti, di uno scambio disciplinato a livello internazionale dall’OCSE, recepito poi a livello comunitario dalla Direttiva 2014/107/UE (c.d. DAC2) e in ambito nazionale dalla L. 95/2015 attuata poi con D.M. 28/12/2015.

Secondo l’art. 1, comma 1, lett. n) del Decreto attuativo, i soggetti comunicanti sono da individuarsi, in via generale, nelle entità che si qualificano come Istituzioni finanziarie italiane e che, in quanto tali, sono tenute alla comunicazione CRS. Ricordiamo, infatti, che, anche in assenza di “clienti” non italiani, è sempre dovuta la c.d. comunicazione negativa per assenza di dati da trasmettere. Nello specifico, sono istituzioni finanziarie comunicanti le Banche, le Società di gestione accentrata, le Poste Italiane S.p.A. per attività Banco Posta, le SIM ed SGR, le Imprese di assicurazioni ramo vita, i fondi OICR, le Società fiduciarie, gli IMEL e gli istituti di pagamento e molti altri. Tra i soggetti comunicanti nella lettera n) fanno capolino anche i “Trust che presentano i requisiti di Istituzione di custodia o Entità d’investimento B residenti in Italia (se almeno uno dei trustee è una Istituzione finanziaria italiana)”.

Diventa, quindi, fondamentale capire quando un Trust ha i requisiti per qualificarsi Istituzione di custodia o Entità d’investimento e valutare, altresì, quali sono i dati da comunicare ovvero, in assenza di detti dati, capire come trasmettere la comunicazione negativa.

Un trust può essere qualificato come Istituzione finanziaria comunicante, se soddisfa congiuntamente i seguenti requisiti:

  1. più del 50% del reddito lordo del trust è prevalentemente attribuibile ad attività di investimento, reinvestimento e negoziazione di attività finanziarie (cd. “gross income test”). Possiamo quindi affermare che i trust enti non commerciali, dotati di solo un codice fiscale, la cui unica fonte di reddito è il c.d. “passive income”, relativo a dividendi pagati dalla società di cui il trust è socio, soddisfano sempre questo requisito. Ma non basta. È altresì necessario soddisfare il successivo requisito;
  2. il patrimonio/fondo del trust (o anche una parte di esso) è gestito in modo discrezionale da un trustee che è esso stesso un’Istituzione finanziaria, che amministra le attività finanziarie (cd. “managed by test”). La condizione in questione, come osserva il Commentario OCSE alla disciplina CRS, non è mai soddisfatta quando il trustee è una persona fisica! In questo caso, il trust non dovrà fare alcuna comunicazione entro il prossimo 30 giugno 2025 per difetto del requisito “soggettivo”. Se, diversamente, il trustee è una banca o una fiduciaria, il requisito si considererà sempre soddisfatto e, pertanto, entro il 30 giugno di ogni anno è dovuta la comunicazione CRS, anche in assenza di dati da trasmettere.

Sul punto, si segnala l’interessante documento di Studio n. 1/2016 dell’Ordine Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Milano che fornisce, altresì, taluni esempi di come e quando questa comunicazione risulti dovuta. Un ulteriore strumento a commento della normativa in questione, è dato dall’implementation handbook dell’OCSE, consultabile al seguente link.

Un tema ancora dibattuto tra gli operatori attiene a situazioni in cui il trustee del trust discrezionale sia una società italiana che opera come “trust company”. Lo studio n. 1/2016 conclude nel ritenere che se il trustee è una trust company, trattandosi di una struttura simile ad una “fiduciaria”, fa sì che risulti soddisfatto il “managed by test” in capo al trust, comportando la necessità di effettuare la comunicazione CRS entro il prossimo 30 giugno (positiva o negativa). Cosa dire, quindi, per quei trust il cui trustee è una trust company, costituita in forma di società semplice, tra due familiari vicini al disponente? È anche questa una trust company simile ad una fiduciaria, comportando il soddisfacimento del managed by test?

Chi scrive, quantomeno in via prudenziale, consiglia in presenza di trust company di qualsiasi “tipologia”, di effettuare le comunicazioni CRS. L’unico modo per evitare detta comunicazione, se risulta soddisfatto l’income test, è quello di utilizzare un trustee persona fisica.