1 Aprile 2015

L’attività istituzionale delle associazioni culturali

di Guido Martinelli
Scarica in PDF

Analizzati gli aspetti civilistici, organizzativi e di responsabilità collegati agli enti non profit, la rubrica sul terzo settore prosegue analizzandone i primi aspetti fiscali: la separazione tra attività commerciale ed istituzionale e la relativa rilevanza fiscale delle somme percepite.


 

Quando si analizza la disciplina fiscale degli enti su base associativa appare necessario introdurre il concetto della c.d. “contabilità separata”, ossia, nell’ambito del medesimo bilancio, l’individuazione delle movimentazioni relative all’attività c.d. “istituzionale”, come tale non produttiva di componenti positive di reddito, da contrapporre a quella “commerciale”, come tale fiscalmente rilevante.

Le fonti di introito che esamineremo sono da considerarsi tassative nel senso che solo ed esclusivamente esse sono capaci di produrre introiti “neutri” ai fini fiscali:

  • Quote associative: per quote associative s’intendono quelle somme conseguite dall’associazione per il riconoscimento della qualità di socio in capo al singolo. Rientrano, pertanto, sotto detta voce tutti gli importi che gli associati debbono versare per poter essere considerati “soci” dell’associazione. Tali somme vengono di regola versate annualmente e, in alcune associazioni, vanno sotto il nome di tesseramento.  (si veda in relazione al tema la Risoluzione n.108/E del 6/7/96)

  • Contributi a titolo di liberalità da parte di enti pubblici: Risulta necessario distinguere due ipotesi:
  1. contributi erogati a titolo di liberalità: sono ricomprese in tale voce tutte quelle somme che gli enti pubblici, territoriali e non,  erogano, non come corrispettivo di una prestazione  o di un servizio reso loro dall’associazione, ma semplicemente come contributo avente lo scopo di finanziare l’attività dell’associazione beneficiaria. Il contributo, essendo destinato al perseguimento di finalità istituzionali dell’associazione, non sarà assoggettato alla ritenuta del 4% prevista dall’art. 28 del D.P.R. n. 600/73 e non costituirà reddito imponibile per l’associazione
  2. contributi corrisposti da enti pubblici per lo svolgimento di attività aventi finalità sociali ed esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi, in regime di convenzionamento con l’ente: tali introiti, ai sensi dell’art. 143 TUIR, comma 3 lett.b) del Tuir, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ma sono gravati da Iva. Ricorre detta ipotesi quando, a puro titolo esemplificativo, l’associazione abbia stipulato convenzione con l’ente locale per l’organizzazione di attività ricreative per anziani.

  • Contributi da parte di privati, enti (società, associazioni ecc.) o persone fisiche; quando si parla di elargizioni da parte di privati, non si parla di prestazioni corrispettive quali possono essere quelle pubblicitarie, bensì di somme che il privato versa senza chiedere all’associazione alcuna controprestazione, cioè senza chiederle nulla in cambio.

 

  • Prestazioni di servizi effettuate, dietro corrispettivo specifico, nei confronti degli associati: Ai sensi dell’art. 148 del testo unico delle imposte sui redditi, come modificato dall’art. 5 del decreto 460, per le associazioni culturali, ricreative…non si considerano commerciali:
  1. Le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali” (ad es. ACLI, ARCI, ENDAS, ecc.). Rientrano in questa fattispecie i proventi versati all’associazione dai propri associati per fruire di servizi, specifici e conformi a quanto previsto nell’oggetto sociale dell’associazione, quali ad esempio l’uso delle sale, di attrezzature, o la partecipazione a corsi, ecc.
  2. le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati“. Nel caso in cui il circolo stampi e diffonda un periodico sociale destinato prevalentemente (e quindi non esclusivamente) agli associati, gli eventuali proventi legati a tali vendite rientrano tra le attività istituzionali. Si precisa che tale voce riguarda esclusivamente gli introiti derivanti dalla cessione del periodico all’associato e non quelli conseguiti dall’eventuale vendita di spazi pubblicitari, all’interno della rivista, ad aziende interessate.
  3. “Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’Interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreché le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3”. Da ciò consegue che, qualora il circolo sia affiliato ad un ente di promozione sociale riconosciuto dal Ministero dell’Interno (quale, a titolo puramente esemplificativo, Arci, Endas, Acli, Uisp, ecc), lo stesso potrà beneficiare della neutralità fiscale degli introiti derivanti dalla gestione del bar ovvero dall’organizzazione di soggiorni turistici.

Le agevolazioni di cui sopra si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle clausole previste dal comma 8 dell’art. 148, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata