31 Ottobre 2015

Il rimborso chilometrico sconta l’Irpef se la trasferta parte da casa

di Alessandro Bonuzzi
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Quando la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria residenza, il luogo della trasferta – situato in un comune diverso da quello in cui è posta la sede di lavoro – risulta maggiore rispetto alla distanza calcolata dalla sede di lavoro, la quota parte di rimborso chilometrico aggiuntiva, corrispondente alla differenza tra le due tratte, deve essere tassata come reddito di lavoro dipendente.

Lo ha chiarito l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 92/E di ieri.

È noto che il reddito di lavoro dipendente è determinato in base al principio di onnicomprensività nel senso che esso è costituito da tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce – a qualunque titolo – nel periodo d’imposta in relazione al rapporto di lavoro.

A riguardo, la normativa fiscale, che regola le indennità o i rimborsi spese percepiti dal lavoratore in occasione di trasferte o missioni, ne distingue il trattamento a seconda che le prestazioni lavorative siano o meno svolte nell’ambito del territorio comunale dove è ubicata la sede lavorativa.

Per sede lavorativa deve intendersi il luogo in cui il dipendente si reca, quando non è in trasferta, per espletare la propria mansione. Così, nel caso in cui una società opera mediante diversi stabilimenti, ai fini della qualificazione del tipo di trasferta – se fuori o all’interno del territorio comunale -, occorre far riferimento al luogo in cui il dipendente risulta effettivamente assunto.

In generale, ai sensi del comma 5 dell’articolo 51 del Tuir, le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto, comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente; diversamente, per le trasferte fuori del territorio comunale, sono previsti tre distinti sistemi di tassazione in ragione del tipo di rimborso (analitico, forfetario o misto) scelto.

Con particolare riferimento al regime fiscale da applicare ai rimborsi spese corrisposti sotto forma di indennità chilometrica in occasione di trasferte extra-comunali, la risoluzione in commento conferma quanto più volte affermato in passato nella circolare n. 326/E1997 e nelle risoluzioni n. 54/E1999, 191/E2000, 232/E2002 e 53/E/2009.

In pratica, questi rimborsi chilometrici sono esclusi da imposizione, sempreché, in sede di liquidazione, l’ammontare dell’indennità sia calcolato in base alle tabelle ACI, avuto riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura. Detti elementi devono risultare dalla documentazione interna conservata dal datore di lavoro.

Di contro, al fine di consentire l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente dell’indennità chilometrica, non è necessario che il datore di lavoro provveda al rilascio di una espressa autorizzazione scritta che contenga tutti i dati relativi alla percorrenza e al tipo di autovettura ammessa per il viaggio.

La risoluzione n. 92/E chiarisce, però, che l’esclusione opera nei limiti dell’importo del rimborso corrispondente alla distanza percorsa dal dipendente dalla sede di lavoro al luogo di trasferta; d’altronde non potrebbe essere altrimenti posto che, come detto, la trasferta è tale in relazione alla sede di lavoro effettiva del lavoratore.

Pertanto, qualora la località di partenza sia diversa dalla sede di lavoro è necessario verificare se ciò comporta un allungamento della tratta. Se così è, il surplus del rimborso corrispondente alla maggior distanza percorsa deve essere tassato in capo al dipendente.

In altre parole, emerge un reddito imponibile ogniqualvolta la tratta “sede di lavoro-località di trasferta” è più corta rispetto alla tratta “altra località di partenza-località di trasferta” effettivamente percorsa.

Ciò vale anche quando il luogo di partenza coincide con l’abitazione in cui risiede il lavoratore.

Alla luce di questo principio, l’Ufficio evidenzia le seguenti conclusioni:

  • laddove la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria residenza, la località di missione risulti inferiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che al lavoratore è riconosciuto, in base alle tabelle ACI, un rimborso chilometrico di minor importo, quest’ultimo è da considerare non imponibile ai sensi dell’articolo 51, comma 5, secondo periodo, del Tuir”;
  • nell’ipotesi in cui la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria residenza, la località di missione risulti maggiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che al lavoratore viene erogato, in base alle tabelle ACI, un rimborso chilometrico di importo maggiore rispetto a quello calcolato dalla sede di servizio, la differenza è da considerarsi reddito imponibile ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del Tuir”.