4 Dicembre 2025

Il calcolo del reddito in capo ai piloti di tratte internazionali

di Laura Mazzola
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La scheda di FISCOPRATICO

Con la risposta a istanza di consulenza giuridica n. 15/E/2025, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto un importante chiarimento sulla determinazione del reddito di lavoro dipendente percepito dal personale di volo non residente, operante su tratte internazionali che interessano il territorio italiano.

In particolare, il tema, rimasto a lungo privo di una prassi specifica, riguarda la corretta applicazione dell’art. 23, comma 1, lett. c), TUIR, che assoggetta a tassazione in Italia i redditi di lavoro dipendente «prestati nel territorio dello Stato».

Innanzitutto occorre evidenziare che l’Agenzia delle Entrate ha precisato come l’espressione «tratte internazionali che interessino parzialmente il territorio dello Stato italiano» vada intesa in senso atecnico, senza collegamenti con la definizione di “traffico internazionale” presente nei Trattati e nel Modello OCSE; pertanto, la risposta all’istanza di consulenza in commento ha riguardo esclusivamente all’applicazione delle norme interne, e non delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.

In tal senso, con il fine di stabilire quale parte della prestazione sia territorialmente riferibile all’Italia, l’Amministrazione finanziaria ha indicato di considerare la quota di attività effettivamente svolta nel territorio nazionale, compreso lo spazio aereo italiano.

Ne deriva che non rilevano solo i voli con partenza o arrivo in Italia, ma anche le tratte internazionali che transitano sopra il territorio italiano.

Nel dettaglio, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che la determinazione dell’imponibile deve avvenire attraverso un criterio proporzionale, basato sul rapporto tra:

  • le ore di lavoro prestate in Italia (incluso il volo nello spazio aereo nazionale);
  • e le ore complessive di lavoro annue del lavoratore.

Questo criterio, pur semplice, costituisce il primo riconoscimento ufficiale di un metodo di calcolo coerente e applicabile a tutte le situazioni operative del personale di volo.

Pertanto, tale impostazione comporta che:

  • rientrano nella territorialità italiana non solo i voli che atterrano o decollano da aeroporti nazionali (ad esempio Roma–New York);
  • ma rientrano anche i voli solo transitanti (ad esempio Dubai–Barcellona).

Vale a dire che il criterio da applicare non è la “tipologia del volo”, ma il luogo fisico in cui la prestazione è materialmente svolta, comprensivo dello spazio aereo italiano.

Il chiarimento, quindi, offre una soluzione applicabile anche ai “voli passanti”, ossia a quelli che attraversano lo spazio aereo italiano senza effettuare scali.

Infine, si rileva che il chiarimento ha possibili ricadute anche sulla disciplina dei lavoratori impatriati.

La circolare n. 33/E/2020 aveva affermato che, per il personale di bordo residente in Italia, la verifica della “prevalenza” dell’attività svolta nel territorio dello Stato avviene considerando:

  • il lavoro su tratte nazionali; e
  • l’attività svolta a terra negli aeroporti italiani,

non includendo il volo internazionale che si svolge parzialmente su territorio italiano.

La risposta a istanza di consulenza giuridica n. 15/E/2025, introducendo il criterio della proporzione anche per i non residenti, suggerisce una possibile revisione interpretativa: se una parte del volo internazionale è considerata “italiana” per i non residenti, potrebbe esserlo anche per la verifica della prevalenza ai fini del regime impatriati.

Si tratta di un tema che potrà necessitare di ulteriori interventi chiarificatori.