1 Settembre 2025

Ulteriori considerazioni sul D.L. n. 84/2025 in materia di perdite fiscali da conferimento di azienda

di Luciano SorgatoPaolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La recente modifica operata dall’art. 2, D.L. n. 84/2025, in tema di gestione delle perdite a seguito di conferimento di azienda, ha originato un dibattito interpretativo con soluzioni non univoche fornite dalla dottrina. Sul tema, siamo intervenuti su queste pagine lo scorso 27 giugno 2025, commentando “a caldo” le novità che sono state collocate nel nuovo comma 5-bis dell’art. 176, TUIR. Il giudizio di fondo sull’opportunità, o meglio sulla razionalità, della modifica normativa non cambia rispetto alla analisi condotta nel citato contributo del 27 giugno scorso. È un giudizio totalmente negativo, poiché qualunque commistione di poste del netto patrimoniale tra i 2 attori del conferimento d’azienda si scontra con un evidente dato di fatto: con il conferimento si effettua, dal punto di vista civilistico, una vendita; quindi, un atto realizzativo che nulla a che vedere con la peculiarità della scissione (cui il conferimento è in qualche modo paragonato dal D.L. n. 84/2025) che, invece, si qualifica come un atto di successione universale. E che vi sia una distanza giuridica notevole tra le 2 operazioni lo attesta anche il fatto che nell’incipit dell’art. 176, comma 1, TUIR, si statuisce che il subentro della conferitaria, rispetto alle poste della conferente, si limita a quelle dell’attivo e del passivo non interferendo su quelle del netto patrimoniale. E così non potrebbe che essere, considerando che il conferimento d’azienda è un’operazione che agisce su un oggetto (l’azienda), lasciando inalterato il soggetto (la società).

Ora, fatta questa premessa, resta il problema ermeneutico: cosa voleva dire, in sostanza, il Legislatore, quando afferma, con il nuovo comma 5-bis, «Alla società conferitaria si applicano le disposizioni di cui all’art. 173 comma 10, riferendosi alla stessa le disposizioni riguardanti la società beneficiaria della scissione e avendo riguardo all’ammontare del patrimonio netto quale risulta dall’ultimo bilancio chiuso anteriormente alla data di efficacia del conferimento».

Una prima chiave interpretativa può essere offerta, enfatizzando la citazione normativa dell’art. 173, comma 10, TUIR, che, coordinata con l’art. 2, D.L. n. 84/2025, stabilisce che alla conferitaria si applica la norma del TUIR da ultimo citata. Ebbene, quale è il contenuto di tale norma rivolta alla beneficiaria/conferitaria? Questa disposizione stabilisce che alle perdite fiscali della società che partecipano alla scissione (si badi bene all’utilizzo del termine “società” al plurale, quindi sia la dante causa che l’avente causa) si applicano le norme dell’art. 172, TUIR, con le quali si contrasta il commercio di bare fiscali. Quindi, in buona sostanza, si applicano alle perdite delle società che partecipano alla operazione i test di vitalità e di capienza del patrimonio netto. Alla luce di tale dato normativo, è lecito ipotizzare che il Legislatore abbia inteso generare un regime di trasferimento delle perdite fiscali della conferente alla conferitaria, similmente a quanto accade nella scissione. È chiaro che si tratterebbe di una scelta legislativa molto rilevante e molto poco convincente sul piano della razionalità, ma avrebbe un pregio (se così possiamo chiamarlo…) rappresentato da una certa linearità sistematica, nel senso che la conferitaria riceve un beneficio fiscale (parte delle perdite generate dalla conferente), applicando, però, a tale beneficio, i limiti e i parametri di regola utilizzati per il trasferimento delle perdite nelle operazioni di fusione e scissione. Poi, chiaramente, vi sarebbero molte incertezze da risolvere, una tra tutte l’individuazione del metodo da utilizzare per determinare la quota di perdita della conferente attribuibile alla conferitaria, ma almeno vi sarebbe un sistema di contrappesi equilibrato: fruizione della perdita in cambio della applicazione dei limiti rappresentati dal test di vitalità e patrimonio netto; test che chiaramente, per proseguire con il riferimento all’art. 173, comma 10, TUIR, riguarderebbe anche le perdite della conferitaria.

Una seconda lettura interpretativa, che, va dato atto, sembra emergere dalla lettura della Relazione illustrativa e dalla Relazione tecnica, porta invece a concentrarsi esclusivamente sulla conferitaria, o meglio sulle perdite di quest’ultima riportate a nuovo. La Relazione tecnica afferma, infatti: «In tal modo il conferimento di azienda, limitatamente alla società conferitaria è equiparato a tutti gli effetti, sotto tale profilo, alle operazioni straordinarie in neutralità fiscale …».

Quindi, proseguendo nel ragionamento, le uniche perdite a subire una eventuale falcidia sono quelle della conferitaria (rimanendo quelle della conferente ancorate a quest’ultima), le quali dovranno sottostare ai test dell’art. 172, commi 7 e 7-bis, TUIR. In modo particolare, il test del patrimonio netto, da calcolarsi sul patrimonio netto della società conferitaria, così come risulta dall’ultimo bilancio approvato. La Relazione tecnico/illustrativa motiva la novità legislativa citando il caso della conferitaria con perdite e scarsa redditività che riceve un conferimento di un’azienda con significativa redditività: ebbene, la compensazione di redditi con perdite è ritenuta abusiva e ha come contropartita la necessità di limitare il riporto a nuovo delle perdite della stessa conferitaria. Per dirla in altri termini, una esigenza di tutela da abuso del diritto genera una norma che verrà applicata anche ai casi in cui tale tutela sarebbe del tutto inutile. Pensiamo al caso in cui una conferitaria con buona redditività e perdite fiscali riportate a nuovo, poniamo di 1000 (con un patrimonio netto della stessa conferitaria di 500) riceva un apporto di piccola azienda con scarsa redditività: ebbene, la conferitaria si troverebbe a dover rinunziare a 500 delle proprie perdite, senza peraltro ricevere in cambio nessun vantaggio fiscale, posto che con tale lettura interpretativa le perdite della conferente restano ancorate a quest’ultima e che dal conferimento non otterrebbe alcun vantaggio in termini di compensazione gestione profittevole vs gestione non profittevole, posto che anche senza conferimento di azienda le perdite verrebbero compensate dalla gestione profittevole della conferitaria. Il conferimento, in questo caso, generebbe una iniqua penalizzazione.

Veramente sfugge il senso di tale modifica normativa, a maggior ragione se verrà avallata la seconda delle 2 interpretazioni sopra enunciate. Tanto più che si pone un problema di non facile coordinamento con il contenuto dell’art. 84, comma 3, TUIR, secondo il quale laddove si abbia un acquisizione di azienda (assimilata al cambiamento di attività) e un trasferimento di quote di maggioranza, le perdite della società (conferitaria in questo caso) vengono sottoposte ai test di vitalità e del patrimonio netto. Quindi, l’ambito applicativo del nuovo comma 5-bis sarebbe limitato al caso di conferimento di azienda con assegnazione di quote di minoranza, dato che nel caso contrario già opera l’art. 84, comma 3, TUIR.

Ma alla luce di questo ginepraio normativo non era forse preferibile agire con la norma anti abuso per contestare l’efficacia fiscale di un conferimento d’azienda eseguito senza motivi economici, piuttosto che creare una norma che, da una parte, genera un’impropria equivalenza tra conferimento d’azienda e scissione e, dall’altra, rischia di penalizzare senza alcun motivo logico conferimenti d’azienda che non attuano manovre abusive del diritto?

In ogni caso, ciò che emerge è, comunque, un intervento normativo di rilevante portata che, anche a non voler considerare tutte le perplessità sostanziali più volte da noi sottolineate, certamente poteva essere scritto in termini più chiari.