Non abusivo il cash out per acquisire una quota di minoranza che non comporta il cambio del controllo
di Ennio VialSono frequenti i casi in cui un socio persona fisica, anche di minoranza, nell’intento di uscire del tutto dalla compagine societaria cede le proprie azioni o quote a una SPV costituita dai soci superstiti o da alcuni di essi previa rivalutazione a pagamento delle partecipazioni con il versamento della imposta sostitutiva del 18%. L’operazione di acquisto, spesso, viene finanziata da un istituto di credito e vede come step successivo la fusione inversa della SPV nella società target.
Ci si può chiedere se una simile operazione possa presentare profili di abuso.
La risposta non può che essere negativa e ciò a prescindere dal fatto che l’operazione dia luogo a un cambio di controllo o meno nella società target.
Il primo aspetto da valutare è se l’operazione possa essere considerata abusiva nella visione dell’Agenzia delle Entrate. Invero, non si rinvengono risposte a interpello a noi note che espressamente contestino l’abusività dell’operazione prospettata. Peraltro, nemmeno l’atto di indirizzo in tema di abuso del diritto dello scorso 27 febbraio 2025 contiene delle indicazioni che si pongono contro questa operazione.
In effetti, l’Agenzia delle Entrate ha confermato, nel citato atto di indirizzo, che la stessa è stata (e sarà) orientata a contestare le operazioni meramente circolari, ove per circolari si intendono solo le operazioni in cui la situazione ante e post operazione risulta essere la stessa o molto simile. Il caso classico di operazione circolare si ha quando un socio vende le partecipazioni previa rivalutazione a una holding o a una SPV nella quale questi rimane socio.
Diversamente, nel caso in cui il socio uscente ceda l’intera sua quota a una SPV costituita da alcuni dei vecchi soci non si può configurare una ipotesi di abuso, in quanto l’operazione risulta spesso necessitata. Il fatto che la provvista venga erogata dalla Banca, potrebbe portare i soci a valutare l’ipotesi del recesso tipico, ma solamente nel caso in cui la Banca sia disposta a finanziare la società operativa.
Ebbene, il recesso tipico non è generalmente implementabile anche per problemi di tipo contabile. Non entriamo, in questa sede, nel merito della contabilizzazione dell’operazione, ma appare evidente come il patrimonio contabile potrebbe risultare incapiente per liquidare il socio uscente.
Si potrebbe, allora, ipotizzare che la Banca finanzi il socio persona fisica, il quale, magari, darà in garanzia dei beni immobili appartenenti al proprio patrimonio personale, al fine di acquistare le quote del socio uscente.
Invero, si tratta di operazioni che le banche generalmente non finanziano, in considerazione del fatto che le stesse non fanno particolare affidamento sulla garanzia immobiliare, quanto sulla concreta possibilità che il debitore sia in grado di generare del cash flow utile a estinguere il finanziamento.
Nell’operazione prospettata, non rappresenta un elemento problematico, nemmeno la successiva fusione inversa della SPV nella società target. L’operazione, talora, viene imposta dallo stesso istituto di credito, in quanto questo teme che la SPV possa non deliberare la distribuzione dei dividendi della società target necessaria alla restituzione del finanziamento.
Ad ogni buon conto, si possono fare ulteriori riflessioni, entrando nel merito delle valide ragioni economiche extrafiscali dell’operazione di creazione della SPV. Basta ipotizzare un caso concreto per sciogliere ogni dubbio e avere una visione più chiara.
Supponiamo che una S.r.l. abbia 5 soci, di cui 4 al 23% e uno all’8%, che intende uscire cedendo la propria quota a 2 dei soci superstiti, in quanto gli altri 2 non sono interessati. Supponiamo che esca il socio Calpurnio e che le sue quote siano acquistate da Sempronio e da Mevio. Tizio e Caio non sono interessati.
La compagine societaria ante e post operazione è la seguente.
| socio | Quota ante | Quota post |
| Tizio | 23% | 23% |
| Caio | 23% | 23% |
| Sempronio | 23% | 27% |
| Mevio | 23% | 27% |
| Calpurnio | 8% | 0% |
Ipotizziamo che la Banca sia disponibile a finanziare Sempronio e Mevio come persone fisiche, una loro SPV o la società target.
Ammesso e non concesso che il recesso tipico sia contabilmente praticabile, il finanziamento, che è un’operazione che interessa Sempronio e Mevio, coinvolgerebbe anche Tizio e Caio, che magari sono nel CdA della società target e che dovrebbero scomodarsi per gestire un’operazione che non interessa la società, ma solo i soci Mevio e Sempronio. Inoltre, per la loro operazione, la società dovrebbe magari offrire dei beni in garanzia.
Tizio e Caio non vogliono essere disturbati. Allora, per paura di una contestazione di abuso, Sempronio e Mevio chiederanno il finanziamento a titolo personale, offrendo ciascuno un immobile in garanzia. Ci si chiede come si possano gestire i seguenti casi:
- non si riesce a estinguere il mutuo e la banca mette all’asta solo un immobile (ad esempio quello di Sempronio);
- uno dei 2 soci muore.
Appare di tutta evidenza come la soluzione naturale sia quella di far finanziare una SPV costituita da Mevio e Sempronio, che poi verrà incorporata dalla società target.


